La Renault 4 dove fu trovato Moro,
presto in un museo

SERRAVALLE - Il proprietario, Filippo Bartoli, l'aveva ceduta alla polizia. Nei giorni scorsi il deputato Gero Grasso, che fa parte della Commissione che si occupa della vicenda del presidente della Dc ucciso nel 1978, ha presentato una interrogazione chiedendo venga esposta in una sala ad hoc

- caricamento letture
La R4 di Bartoli

La R4 di Bartoli

di Maurizio Verdenelli

(foto di Guido Picchio)

Quando quel giorno di maggio, subito dopo il delitto Moro in una Roma ancora avvolta dall’angoscia e dal lutto sul finire di quei 55 giorni ‘che cambiarono l’Italia’, Filippo Bartoli da Dignano (Serravalle di Chienti) si sentì dire da quei giovani in borghese che li avrebbe dovuto seguire alla ‘Centrale’, rispose da buon marchigiano, scherzando “Alla Centrale del Latte?”. Il lampo di quegli occhi non li avrebbe mai dimenticato: da quel momento si aprì infatti per lui, il proprietario della R4 rossa che sarebbe diventata la più famosa della storia del terrorismo, un lungo tunnel di ansia e paura.

Renault_4_Aldo_Moro (6)Bartoli, come ha rivelato chi scrive (leggi l’articolo), è morto poco prima del Natale scorso, undici mesi prima a Reggio Emilia (14 gennaio 2013) di Prospero Gallinari, il bierre che non voleva uccidere l’uomo della Dc. Gallinari, stroncato da infarto, è morto nell’auto contro un guard rail come dissero i testimoni? oppure nel suo garage, secondo la versione ufficiale? Anche questo giallo, fatto emergere ancora da chi scrive, rimane irrisolto. A ‘sopravvivere’ è rimasta quella che è ormai l’immagine, il ‘grafico’ che rimanderà per sempre nell’immaginario collettivo il ‘Caso Moro’, il mistero dei misteri dell’Italia degli Anni di Piombo. Aveva ben ragione Daniele Salvi, consigliere provinciale (Pd) a proporre -allorché ‘Cronache Maceratese’ lanciava l’esclusiva della morte di Bartoli- un museo a Serravalle di Chienti per la R4 rossa. A Serravalle, in quel paese cioè dove Moro e il maresciallo Oreste Leonardi (il caposcorta ucciso in via Fani con tutti i suoi uomini) erano stati ospiti del sindaco professor Giuseppe Giunchi, medico personale dello statista. Tuttavia sia Salvia sia l’onorevole Gero Grasso della commissione Moro – recentemente a Macerata, ospite del Circolo Aldo Moro – ignoravano che la famiglia Bartoli aveva già ceduto la Renault, dissequestrata, alla Polizia. Ma dov’era, dunque? Ed ora finalmente la ‘tragica auto’ è riapparsa, fatta scivolare una lugubre coperta grigia che la ricopriva, nel garage del Viminale dove sono le auto della Polizia. “Sul pianale di lamiera, in fondo a sinistra, c’è il segno indelebile lasciato da un proiettile. Uno di quelli che hanno ucciso Aldo Moro. Su un lembo di tappezzeria, sempre nella parte sinistra del bagagliaio, ci sono delle macchie scure. ‘Potrebbe essere il sangue dello statista’ ipotizza Nicola Moschella, dirigente dell’autocentro della polizia di Tor Sapienza’ scrive l’edizione online del ‘Corriere della sera’. Notizia poi ripresa dall’Ansa.

Renault_4_Aldo_Moro (5)Uno scoop si attribuisce il quotidiano milanese magari ignorando che quell’auto, con Bartoli che la mostrava, era stata già fotografata (in una grande esclusiva) dal fotoreporter maceratese Guido Picchio, a dieci anni esatti dalla morte di Aldo Moro: il 7 maggio 2008, sei anni e mezzo prima del ‘Corsera’. “Arrivai a Roma da Macerata – dice Guido – poi in taxi percorsi altri 50 chilometri per raggiungere casa Bartoli a ‘Casetta Mistica’ nella zona di Tor Spaccata: una zona con molti casali dell’ex tenuta ‘della Mistica’. Lui e la moglie Pasqualina avevano un terreno annesso dove curavano orto e piante, passione marchigiana (a Roma è rimasta la figlia Maria Pia, la seconda Anna Rita è a Dignano ndr). Un tassametro pazzesco, ma l’autista sapendo che avevo fotografato poi la R4 più triste conosciuta d’Italia mi applicò uno sconto. Filippo fu cortesissimo. Mi portò in un limoneto sotto al quale alla bell’e meglio, protetta dalle intemperie, stava l’auto ‘più famosa d’Italia’. Il clima della campagna aperta la stavano in realtà rovinando ed anche la copertura era precaria. Non c’erano più le ruote, conservate altrove e l’automobile si reggeva su ‘pile’ di laterizi, come di solito si usa per le vetture in via di demolizione. Ritornai a Macerata e lo scoop, firmato dal giornalista del ‘Resto del Carlino’, Giorgio Guidelli (autore di libri sulle BR) fece il giro del mondo”.

Renault_4_Aldo_Moro (10)Ed ora si apprende che l’auto malconcia, che Salvi voleva in un museo a Serravalle (perché la Polizia non lo cede al comune che, uscito da un terremoto rovinoso, perde 100 abitanti ogni 5 anni ed avrebbe così un motivo d’attenzione importante?) è stata appena restaurata “e presto la vettura sarà esposta al pubblico. Ma c’e’ anche la possibilità che vengano recuperati anche altri veicoli coinvolti in attentati negli anni di piombo”. Scrive ancora l’edizione online del giornale di via Solferino: “Il Corriere è salito sull’utilitaria francese. L’odore dei sedili di stoffa e pelle sintetica, il cruscotto, la luce interna sopra le portiere di sinistra. Tutto è rimasto come allora. Anche i tagli sulla lamiera fatti dagli artificieri, subito dopo la telefonata anonima che segnalava la presenza del corpo di Moro, sono rimasti com’erano”.

Renault_4_Aldo_Moro (1)Anche l’onorevole Grasso si è recato nel maxigarage del Viminale. Il deputato della Commissione Moro aveva firmato un’interrogazione parlamentare per sapere dove fosse l’auto, in quali condizione si trovasse e se fosse stato possibile esporla in una sala ad hoc del museo della Polizia. ‘Cosa’ che di sciuro avverrà a meno che il sindaco di Serravalle di Chienti, Gabriele Santamarianova, non si muova con urgenza chiedendo il prezioso e storico reperto ‘in paese’ con fondatissime ragioni. Bartoli era soprattutto del luogo: la sua villa a Dignano era dirimpettaia a quella del prof. Giunchi tanto che nell’enfasi della ‘cronache’ di quei momenti si parlò di Serravalle di Chienti come di una nuova Gradoli. Avere la R4 che si stava distruggendo sotto la piantagione di limoni potrà senz’altro indurre molti a fermarsi nel paese, simbolo del terremoto del ’97, e ad uscire per una breve sosta dalla velocissima superstrada Valdichienti il cui tratto Bavareto-Colfiorito sarà inaugurato entro la fine dell’anno.

Ricorda Venanzo Ronchetti, ex sindaco (prossimo alle stampe un suo libro di memorie per l’editore Ilari): “Filippo che amava la sua terra e che vi era tornato perché qui voleva passare i suoi ultimi giorni raccontava spesso la vicenda che aveva sconvolto la propria esistenza e quella della famiglia. La paura era che lui, perfettamente estraneo a tutto e che vi era entrato da ‘vittima’ in quanto aveva subito il furto dell’auto (denunciato regolarmente) rimanesse invischiato per qualche perfida, eventuale, non escludibile ‘provocazione’, dati i tempi.

Renault_4_Aldo_Moro (7) Che qualcuno cioè, per convenienza, pensasse di scaricare su di lui responsabilità lontane da Filippo quanto Marte. L’ansia era quella. Così, quando un giorno nel carcere romano, dov’era per permettere lo svolgimento delle indagini, si sentì chiamare alle spalle: “Bartoli!” ebbe quasi un mancamento. ‘Ci siamo…’ ci confessò a noi amici del paese. Invece era il cuoco del carcere che aveva conosciuto da giovane nel periodo militare e che l’aveva ‘riconosciuto’: per un grande abbraccio liberatorio, per fortuna”.



© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page

Quotidiano Online Cronache Maceratesi - P.I. 01760000438 - Registrazione al Tribunale di Macerata n. 575
Direttore Responsabile: Gianluca Ginella. Direttore editoriale: Matteo Zallocco
Responsabilità dei contenuti - Tutto il materiale è coperto da Licenza Creative Commons

Cambia impostazioni privacy

X