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Quando Micol Fontana
a Sant’Angelo in Pontano
cucì l’abito della ‘sposa dell’anno’

La celebre stilista, nei giorni scorsi, al centro di una fiction tv ("L'atelier Fontana -Le sorelle della moda") riproposta con successo da Rai1. "Diede a tutti noi un'incredibile testimonianza di semplicità e grandezza" ricordano l'ex sindaco avv. Mario Martorelli e Luciana Compagnoni. Che furono i testimoni di nozze (il 6 maggio 1984) dell'ucraina Lida Titorenko, cugina della moglie di Gorbaciov, andata in sposa al marchigiano Primo Grasselli a 42 anni dal loro amore sbocciato in un campo di lavoro nazista a Lipsia. Una storia che commosse l'Italia intera

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La celebrazione del matrimonio dell’anno nella Collegiata di Sant’Angelo in Pontano

 

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Da sinistra, Lida Titorenko, Primo Grasselli e i testimoni Luciana Compagnoni e l’avvocato Mario Martorelli, allora sindaco di Sant’Angelo

 

di Maurizio Verdenelli

“Una grande donna”. “Una semplicità incredibile” ricorda Luciana Compagnoni. E Mario Martorelli, avvocato, in quegli anni 80 sindaco di Sant’Angelo in Pontano: “Commovente. Vedere lei lavorare come una sartina qualunque e con ago, filo e ditale cucire l’abito della sposa, fu commovente. E sopratutto una lezione per tutti”. I ricordi sono ancora vivi come le senzazioni e le emozioni. Anche se sono trascorsi esattamente tre decenni. Trent’anni, quasi una vita, da quel primo, glorioso week end di maggio dell’ 84 quando sul paese natale di San Nicola da Tolentino furono accesi riflettori, telecamere e l’attenzione nazionale sui due sposi dell’anno. Primo Grasselli, settantenne, muratore in pensione e Lida Titorenko, 65 anni, ucraina, cugina di Raissa Gorbaciova (moglie del presidente Mikhail, figlia di Maksimov Titorenko) realizzavano un sogno nato 42 anni prima in un campo di lavoro nazista a Lipsia. Quando si sposarono con rito cattolico-ortodosso nella chiesa collegiata del SS. Salvatore in quel pomeriggio assolato di domenica 6 maggio, lei, la stilista delle star internazionali, la ‘sarta’ venuta da Roma tre giorni prima per preparare l’abito della sposa, sedeva in prima fila.

Prima, sulla destra, Micol Fontana

Prima, sulla destra, Micol Fontana

Micol Fontana, 100 anni, la matriarca dell’alta moda con le sorelle Giovanna e Zoe, fondatrici del celebre atelier romano, cui Rai1 ha dedicato una splendida fiction andata per la seconda volta in onda nei giorni scorsi (“L’atelier Fontana – Le sorelle della moda”) con grande successo di audience, confessò allora di avere trovato nel paesino marchigiano molto della sua nativa Traversetolo, nel parmense, dov’è nata l’8 novembre 1913. E dove la madre Amabile l’aveva avviata con le sorelle al mestiere di sarta. La celebre stilista, le cui creazione erano utilizzate negli anni 50, 60 e 70 dalle dive internazionali e dai set cinematografici di Hollywood, s’immerse trentanni fa nella quiete dei dolci colli dell’entroterra maceratesi lavorando intensamente alla preparazione, alla prova, all’aggiustamento e sopratutto alla cucitura (di cui lei è da sempre maestra riconosciuta) dell’abito della sposa. “Era meraviglioso vedere lei, la ‘madre’ di tutti gli stilisti italiani, alla macchina da cucire a fianco della sarta del paese, Lavinia Ricci ora quasi novantenne” ricorda l’avv. Martorelli. L’ex sindaco fu il testimone dello sposo – vestito da Castellani di Macerata –  insieme con la stessa Luciana Compagnoni, mentre per la sposa  il primo ballerino del Bolscioi, Derivienko e Paola Belli, etoile dell’Opera di Roma. A donare le fedi nuziali e pure l’aperitivo in piazza del Loggiato, cui partecipò una grande folla, lo stesso consiglio comunale mentre il ministero degli esteri di Malta offrì il viaggio di nozze a Latacena. Alla cerimonia parteciparono il console sovietico German Dorokin e il vice Alexander Cepil. “Si precipitarono da Roma appena feci sapere all’ambasciatore che se avesse fatto orecchie da mercante (la caduta del Muro di Berlino sarebbe avvenuta cinque anni dopo e non era ancora vista di buon occhio l’unione tra un italiano ed un’ucraina ndr) sarei andato al campo profughi di Latina per invitare uno di loro! E l’ambasciatore, sapendo quale attenzione ci fosse intorno a quella vicenda, inviò console e vice” rammenta l’ex sindaco Martorelli.
fontana 2Micol Fontana invece non si fece pregare. Donò l’abito da sposa confezionato con le sue mani: una vera opera d’arte. Si trattò di un tailleur corto di crepe in seta, blù ardesia con stampati ‘i non ti scordar di me’. Stesso tema floreale nel ‘triangolo’ per il capo, tipico per le spose ucraine. In mano, Lida aveva un mazzolino del fiore che nel nome celebrava una storia d’amore, nata quattro decenni prima, durata tre anni e mai morta nei cuori di Primo (vedovo) e di lei che aveva rifiutato tutte le proposte di matrimonio. Una love story che appassionò l’Italia. Subito dopo il doppio ‘si’, Pippo Baudo da ‘Domenica in’ intervistò i freschissimi sposi. Mentre un popolare tabloid settimanale si riservò l’esclusiva delle nozze.
Micol Fontana arrivò in perfetto anonimato a Sant’Angelo in Pontano. “E non fu per nulla contenta della foto scattata mentre cuciva l’abito di Lida” ricorda la Compagnoni. La Mecenate teneva a restare nell’ombra: quale lezione per i giorni nostri dove ogni sponsorizzazione viene comunicata ed enfatizzata -perfino sulle rotatorie! La Fontana, allora settantenne, a Sant’Angelo come tanti anni prima a Traversetolo era tornata ad essere la giovane sarta a fianco della madre Amabile e delle sorelle nel laboratorio di famiglia lasciato per Roma. A casa di Lavinia Ricci per le ‘imbastiture’ ed il giorno dopo per le prove ed aggiustamenti con la stessa Lida, in casa di Luciana ed Ino Compagnoni sulla strada per Gualdo: “La mia abitazione era stata scelta dall’amico sindaco per ‘depistare’ il nugolo di giornalisti piombati in paese a ‘caccia’ degli sposi più famosi d’Italia. Lavoravo allora all’ufficio postale e che buffo sentirli chiedere dove mai potessero essere Primo e Lida, che dopo essere stati segnalati a San’Angelo in Pontano sembravano essersi volatilizzati. Lida era a casa mia, dunque e, presente la sposa, per un intero pomeriggio Micol Fontana provò, riprovò l’abito. La foto che la ritrae mentre cuce venne realizzata nell’improvvisato atelier di una stanza. Fu incredibile stare a tu per tu con quell’inimitabile talento che traeva dalla laboriosità, dall’umiltà e dalla semplicità la propria grandezza. Rivedendola in tv per due volte (Micol Fontana, in un cammeo, all’inizio della fiction interpreta se stessa) mi sono commossa ancora”.
La signora Luciana ripercorre le tappe di una storia d’amore che commosse ma che durò poco e chi scrive rivelò sulla prima del ‘Messaggero’. Si trattò di un clamoroso scoop come la notizia dell’incidente in cui, a Pieve di Cadore, in viaggio verso l’Ucraina, l’anziano ex muratore rischiò la vita finendo fuori strada. “Primo non aveva mai dimenticato la bella ucraina ventitreenne che aveva conosciuto nella fabbrica di vernici, a Lipsia dov’erano entrambi deportati. Il loro amore era durato tre anni ma non aveva mai dimenticato l’indirizzo di lei. Vedovo, finita una sua seconda convivenza, Grtasselli scrisse alla fine a Lida. Che rispose. Così pensò ad un viaggio senza però rivelare a nessuno di noi, le finalità. Fu mio marito Ino di concerto con la C.E.M viaggi di Macerata ad organizzarlo. Grasselli andò poi dal meccanico che sbiancò quando gli rivelò che quella vecchia 126 avrebbe dovuto sopportare un itinerario dall’Italia, alla Germania all’Ucraina”.
Quando arrivò la lettera a casa sua, un paese di campagna a 200 km da Kiev, Lida pianse per giorni. Di felicità. Passato l’inverno, quella favola bella – che pareva anticipare ‘Uomini e donne’ di Maria De Filippi- si realizzò. Ospiti d’onore al Festival di San Remo, nei contenitori tv più popolari, nei programmi di prima serata, e negli alberghi più famosi. La signora Compagnoni rivela: “Ma, c’era un ma: Lida aveva sempre nel cuore i nipoti. Dopo un anno tornò a Kiev in compagnia di Primo. Era felice, voleva imparare bene l’italiano e la nostra cucina. Ripartirono una seconda volta in Ucraina a metà anno. Lo sposo quella volta, tuttavia, tornò da solo. La moglie era voluta restare a casa sua. Era finita. Lui, amareggiatissimo, non riusciva a capire perché. Poi andò a Roma in casa della figlia. Morì qualche anno dopo. Di Lida non si seppe più nulla. Di lì a poco, non arrivarono più infatti i suoi puntuali auguri per Natale e Pasqua per i nipoti del marito, a Sant’Angelo”.
La ‘nostalghia’ aveva prevalso nel cuore della Titorenko. Nostalgia dei nipoti, del suo paese molto meno ‘nevrotico’ del pur tranquillo paesino marchigiano. Non aveva dimenticato, Lida, gli anni della prigionia. Ad una cena con i giornalisti la vide rifiutare un piatto di spinaci ché le ricordavano la dura mensa di Lipsia, nel ’42. E degli italiani cosa pensava la cugina della moglie di Gorbaciov? “Non sono così allegri come i russi che magari bevono troppa vodka tra un piatto e l’altro, ma non fumano a tavola”. Sopratutto: “Gli italiani hanno troppe cose superflue ma non riescono a capirlo”.



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