di Gabor Bonifazi
Sulla parete di un ufficio del Municipio di San Severino è attaccato un quadretto, inosservato dai più, ma che ha una sua lunga storia da raccontare. Venne dipinto nel 1884 dal giovane e promettente settempedano Amedeo Romagnoli, che era stato mandato a studiare a Roma dal sindaco Giuseppe Coletti a spese del Comune in quanto meritevole. Nel dipinto, di scarso valore artistico ma di grande valore documentario, è raffigurata una scena di vita nel giardino pubblico che porta ancora il nome del suo fondatore, appunto il sindaco Coletti. Non sappiamo che fine abbia fatto l’autore del dipinto, anche se riteniamo sia stato un modo come un altro per ringraziare il sindaco mecenate, mostrando i risultati fin lì ottenuti. Ebbene, nel giardino ripreso in un giorno di festa, si possono cogliere diversi elementi di costume: un Coffee – house o cafè haus (chiosco/bar) neogotico, un cameriere con tovagliolo sulla spalla, un bambino che gioca, gli uccelli, una coppia elegante seduta intorno ad un tavolino in ferro a tre piedi, bella gente che passeggia e le varie essenze arboree. Credo che questo sia un rarissimo documento di giardino pubblico, uno dei primi in Italia, che a sua volta riprendeva da quelli esclusivi delle ville, architettati ad immagine e somiglianza dell’Eden. Infatti il giardino all’italiana serviva a manifestare una volontà di ordinata bellezza e di regolata varietà, dentro una natura fatta obbediente e domestica e allineata in precisi disegni che dovevano stupire e far riflettere. Comunque il “Giardino Coletti” è ben conservato e nello stesso tempo poco valorizzato. E dire che una volta era una sorta di fiore all’occhiello per l’immagine di San Severino, tanto che è stato il soggetto preferito dai fotografi per tante cartoline, come ci dimostrala Fondazione Carima, che nel suo sito ne ha archiviate oltre quaranta (www.cartolinemacerata.it).
Ma questa è un’altra storia.
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L’atmosfera arcadica del “vivere in giardino” traspare anche da una relazione del 24 Ottobre 1841 fortunosamente ritrovata da Siriano Evangelisti, un collezionista maceratese. La relazione è stata scritta, come un copione per un grande quadro, nel giardino di Villa Collio di San Severino Marche. Un ritratto di famiglia in un esterno: “Si dovrà vedere il prospetto anteriore della casa posta entro la Villa Collio col sottoposto scalone con li due leoni dalle cui basi zampillano le acque che cadono sulle tazze. Dovrà pure vedersi il perterre ossia piazzale dopo l’ingresso alla Villa avente ai lati i giardini dei fiori racchiusi da griglie.
Nel perterra (Sic!) poi a mano sinistra di chi guarda questo quadro dovrà posare sopra doppio piedistallo un semibusto in marmo rappresentante il Cav. GioBatta Collio vestito della montura (abito da cerimonia; ndr) dell’ordine di S. Stefano, sul cui capo sta per collocare una corona di freschissimi fiori tutta snella nella persona la figlia maggiore Grizia (di anni 7) posando un piede a lato del piedistallo, e tenendo l’altro alzato, col corpo poi e col viso tutto rivolto innanzi al semibusto come per osservare se la ghirlanda sia bene adattata. Lì sotto dovrà vedersi la figlia più piccola Decia (di anni 4) che con ambo le braccia alzate presenta alla sorella un’altra più piccola ghirlanda formata di fiori consimili. Di faccia al semibusto alquanti passi lontano deve stare ritto in piedi il mezzano figlio Giannastolfo (di anni 4) con nella destra un mazzo di fiori, e colla sinistra posata sul fianco suo per osservare, e come per dar poi giudizio su quel che fanno le sorelle. Nell’opposto lato cioè a destra dell’osservatore deve effigiarsi il Cardinale Grimaldi (di Treia, ndr) che accarezza Peppino Collio venuto dal Collegio di Urbino (di anni 19) alla presenza della madre Contessa Teresa la quale tiene per il polso il più piccolo figlio Augusto (di mesi 14) che avendo fiori in ambo le manine sta tutto fuori di equilibrio slanciato verso le sorelle come per andare anch’egli ad offrire fiori al semibusto del Cav. Collio, mentre poi la madre intenta ai discorsi del Cardinale non cura la volontà del figlietto. Dovranno poi essere rappresentati su per lo scalone come ne avessero salito più della metà gli sposi Conte Gregorio e Marianna pel cui incontro il Conte Severino (Servanzi Collio il committente del quadro; ndr) ha già sceso alquanti scalini.
Poco sopra appoggiato ai fianchi o parapetti della stessa scala sta come seduto Mons. Gentili tutto intento a leggere un giornale. Sull’ultimo ripiano presso il Casino il Vescovo Grimaldi discorre con il Conte Raffaele. Questi quattordici soggetti tra grandi e piccoli debbono essere collocati o di faccia, o di profilo, ed in modo da potersi riconoscere per le fisionomie che debbono tutte ritrattarsi. Nel sito che più accomoderà al compositore si collocheranno cinque giovani del collegio di Urbino, due alti ed esili nelle persone uno di giusta statura, e due piccoli che giuocano alle bocce, e poco appresso un Padre Scolopio che li ha condotti e li sorveglia mostrando di avanzare verso di loro. La società che in quella mattina si trovava nella Villa Collio era composta di un’altra Dama (a capelli coll’ombrellino da sole chiuso) di altri quattro ecclesiastici (in abito aperto col bavagliolino) di un P. Barnabita, e di altri quattordici Secolari (tutti in calzone lungo e abito negro) che saranno distribuiti come più farà comodo al compositore di questo quadro”.