di Gabor Bonifazi
Si può leggere la nostra decadenza anche attraverso le iscrizioni delle lapidi commemorative affisse sulle pareti dei vari edifici del centro, un po’ come è già accaduto per le lapidi funerarie sempre più laiche che fanno bella mostra nei nostri cimiteri e in qualche maniera riportano con un certo pathos la vita di donne virtuose e di uomini probi, dettate da uomini colti ad abili marmisti o magister lapidum. Le lapidi consentono inoltre di leggere attraverso l’uso del materiale e soprattutto il tipo del carattere utilizzato lo sviluppo delle tecniche: dai caratteri incisi con lo scalpello, a quelli mobili in bronzo fino a quelli incisi con il laser. Finché la lastra di marmo non viene murata o meglio ingrappata con apposite grappe di bronzo sulla facciata di quelle case di via Crescimbeni dove vissero rispettivamente il mons. Giuseppe Jacoboni, il professor Giacomo Venezian e l’architetto Ireneo Aleandri.
Alla storia perpetua di questi personaggi rimarranno sintetiche notizie sulle opere e anche i promotori della lodevole iniziativa: “amici e estimatori” per Jacoboni, “la Società Dante Alighieri” per il Venezian e la città per l’Aleandri. Nel 2008 avevo suggerito “Una lapide per Pannaggi” : un’idea piccola piccola all’Amministrazione comunale di Macerata, ad enti, associazioni varie e compagnie di ventura, prima che esploda il “Centenario della nascita del Futurismo”. Una provocazione retorica che va al di là dei soliti eventi, mostre, convegni, cene futuriste e pubblicazioni patinate, con documenti e opere che ci auguriamo inediti. Ebbene l’idea è quella di apporre una lapide in memoria di Ivo Pannaggi nella parete della casa natale, dove ritornò dopo aver girovagato nell’Europa del nord, per trascorrere gli ultimi anni della sua frenetica esistenza, prima di ritirarsi alla Casa di Riposo “Villa Cozza”. Qui si spense serenamente nel 1981. La casa natale si trova al piano sopraelevato dell’edificio di via Crescimbeni n. 68. L’architetto Pannaggi era tanto felice di esserci ritornato, che amava dire agli amici: “abito al terzo piano ma per me è come se stessi al settimo cielo”. Per quanto riguarda l’epigrafe da apporre a pendant con la lapide dedicata a mons. Jacoboni, va bene quella che egli stesso ci ha lasciato con inguaribile spirito futurista:
IP: PANNAGGIMATERIAMORTA
PANNAGGIMATERIAVIVA
VIVAPANNAGGI!
(1901-1981)
Ebbene il Comune rispose a tambur battente positivamente alla mia provocazione retorica (leggi). Tuttavia la lapide non venne mai affissa e ritengo che la mia buffa idea contribuì in maniera determinante all’apposizione di quella in memoria di Ireneo Aleandri. Naturalmente date approssimative e verbi “virili” invitano ad un’attenta lettura dell’epigrafe dettata con una certa enfasi da un autore ignoto:
IN QUESTA CASA VISSE E OPERO’
PER OLTRE CINQUE LUSTRI
IRENEO ALEANDRI (1795 – 1885)
MEMBRO DEI CONSIGLI COMUNALE E PROVINCIALE
E DEPUTATO NELLA COMMISSIONE
DELL’ORNATO PUBBLICO DI MACERATA.
LA CITTA’ LO VOLLE RICORDARE NELL’ANNO 2009
CELEBRANDO IL CLXXX ANNIVERSARIO
DELL’INAUGRAZIONE DELLO SFERISTERIO
SUA PIU’ CELEBRE OPERA.
A volte mi domando come avrebbe commentato l’arguto sarto Domenico Caraceni, nell’apprendere che l’architetto settempedano aveva trascorso ben cinque lustri sopra la propria rinomata bottega. O quale significato darà il raro e distratto viandante al termine desueto “irredentista”. Mi chiedo infine come la gente collegherà il mons. Jacoboni con la chiesa impacchettata, è proprio il caso di dirlo alla Christo. Piccole citazioni didascaliche sempre meno utili ai vivi che le hanno concepite per l’eternità.
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