Razziavano le chiese di Verona
Presa coppia di ladri

La donna, Ombretta Cancelmo di 39 anni, è originaria di Civitanova

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Li chiamavano Bonnie e Clyde, come la famosa coppia di criminali dell’America rurale degli anni Trenta. Ma loro invece di grandi furti, avevano scelto di prendere di mira le chiese parrocchiali. Sono Ombretta Cancelmo, 39 anni, e Fabrizio Di Bonaventura, 43 anni, e i loro colpi li facevano a Verona e dintorni.

Ora hanno deciso di confessare le loro colpe. E per farlo non hanno scelto un prete, magari una delle vittime delle loro rapine, ma un magistrato. Hanno ammesso ogni loro responsabilità davanti al giudice per le indagini preliminari Guido Taramelli. La loro è stata una vera e propria “confessione piena”, come si dice nel gergo. Nell’interrogatorio di garanzia hanno parlato diffusamente di tutto, quasi liberandosi delle loro colpe.

Gli inquirenti li hanno etichettati come “Bonnie e Clyde delle chiese”. Infatti i luoghi rapinati dalla coppia erano tutti edifici culto. Chiese, abbazie e strutture sacre in genere. I colpi contestati a Di Bonaventura e compagna sono almeno cinque.

L’ultima chiesa in ordine di tempo a subire l’azione dei Bonnie and Clyde “de noantri” è stata quella di Lazise. Ed è proprio in quell’occasione che i due sono finiti in manette. Dalla chiesa parrocchiale di Lazise avevano già portato via un pezzo dalla statua della Madonna della Cintura. Avevano sfilato un prezioso braccialetto dalle mani del bambino Gesù. Poi hanno tentato di trafugare l’angelo dorato. Ma il parroco Don Bocci li ha scoperti e li ha fatti arrestare.

Anche le chiese parrocchiali di Garda, Calmasino e San Michele sono statebrazziate da loro. Ma gli inquirenti stanno continuando le indagini per capire se i due hanno colpito anche altrove. La lista dei furti “sacrileghi” potrebbe allungarsi ancora.

I due sono una coppia nella vita e risiedono da parecchi anni a Verona, anche se Di Bonaventura è originario di San Benedetto e la Cancelmo di Civitanova. Dopo l’udienza in tribunale il giudice ha deciso di non convalidare il doppio provvedimento di firma e ha concesso la libertà ai due indagati sottoponendoli però alla misura cautelare dell’obbligo di firma. Nel frattempo contineranno le indagini.

Il pm aveva chiesto la custodia cautelare in cella, ma la confessione dei due accusati è stata decisiva per la scarcerazione. Magari, dopo la confessione, si sentiranno anche con la coscienza più leggera. Ma per espiare le proprie colpe dovranno ancora aspettare. (affaritaliani.it)

 



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