di Maurizio Verdenelli
Quando Cossiga arrivò a Recanati, accadde quello che capitava tutte le volte che un Capo dello Stato metteva piede nel Maceratese. L’arresto o meglio, il ‘fermo’ (molto temporaneo) del fotoreporter del Messaggero. Pietro Briscoletta Baldoni aveva infatti un rifiuto netto, istintivo ed oligarchico (noblesse obblige) per qualsiasi forma esteriore di riconoscimento, tessera o badge, anche se quest’ultimo termine in quegli anni era completamente sconosciuto. “Io sono Baldoni del Messaggero, tutti mi conoscono e non c’è bisogno che mi presenti!”. Era verissimo, tuttavia disgraziatamente non valeva per le scorte presidenziali che venivano da Roma. Così ogni volta Pietro veniva prelevato e dopo un rituale di fiere proteste da parte sua e successive caute scuse da parte degli 007 allorchè lui si decideva a mostrare la tessera/badge bene occultata, Baldoni veniva rilasciato. Era accaduto in occasione della visita di Sandro Pertini, sarebbe accaduto con Scalfaro, papa Wojtyla, Gorbaciov, Ciampi e via elencando.
Ed accadde anche quella volta appena il fotoreporter del Messaggero fece il suo ingresso in piazza G.Leopardi -che mostrava un ardito allestimento dello scultore Valeriano Trubbiani- per immortalare il Presidente Cossiga intervenuto con il massimo poeta italiano Mario Luzi alle solenni celebrazioni per il 150. anniversario dalla morte di Giacomo Ledopardi. Era il 14 giugno 1987. Vidi Pietro improvvisamente scomparire nel nulla, alle mie spalle -seppi solo più tardi che silenziosamente era stato tradotto nel vicino ufficio della Polizia municipale per ‘accertamenti’. Ogni ricerca risultò inutile: mi rassegnai così a seguire il corteo presidenziale nel percorso recanatese senza poter contare su quell’infallibile clic.
Un percorso che vide Francesco Cossiga ospite per un tè (sua richiesta espressa) a palazzo Leopardi e che si rivelò per il Presidente non privo di crucci, tanto che a causa di una fastidiosa indisposizione fu egli costretto più e più volte a ricorrere alla toilette.
Fortunatamente Pietro, dopo le scuse della scorta, si fece trovare al posto giusto al momento giusto: nell’Aula Magna in municipio per la lectio leopardiana di Mario Luzi. Fu lì, seppure fossi in fondo tra la folla degli invitati, che ne sentii il caratteristico urlaccio, ineluttabile quando doveva fronteggiare la concorrenza temendo contemporaneamente di perdere l’attimo fuggente, quello che conta. Tutto accadde dopo la relazione di Luzi. Il cerimoniere aveva invitato il sindaco Mario Orazio Simonacci alla cerimonia di consegna nelle mani di Cossiga di una copia dello zecchino coniato nel ‘500 dalla potente comunità recanatese. Il primo cittadino scese dal tavolo presidenziale e si avvicinò al Capo dello Stato che sedeva avendo al suo fianco la contessa Anna Leopardi. E così procedendo ossequioso, Simonacci mostrava inesorabilmente le terga al gruppo di fotografi bloccati a fianco dello stesso tavolo. Fu allora che Baldoni urlò, temendo di perdere l’inquadratura giusta: “Simonacci!!!”. L’anziano sindaco ebbe un sobbalzo, quasi di paura, voltandosi d’istinto. E lanciando in alto, inconsapevolmente, la moneta d’oro che volteggiò graziosamente nell’aria, “fulminata” dal flash implacabile dei fotoreporter di mezz’Italia. I quali per l’occasione ripresero anche il presidente Cossiga che si teneva la pancia. Ma stavolta dal ridere. Sorrideva divertita anche la contessa. Conservo ancora negli occhi quella foto, di una collezione formidabile e purtroppo colpevolmente dispersa.
Era in quegli anni difficile coglie il Presidente fuori dai paludamenti ufficiali e dalle inquadrature di rito. Erano i primi tempi, quelli del Presidente-notaio. Così quando ansiosamente chiesi allo staff se Cossiga sarebbe intervenuto concludendo personalmente la manifestazione (perché a quel punto non avrei potuto darne il resoconto a causa degli stretti orari del Messaggero) ebbi una risposta rassicurante: “Se non è espressamente previsto, Lui non parla. Stai sicuro, non è Pertini!”.
Così avvenne. Ma fu una delle ultime volte. Perché il “Picconatore” sarebbe ‘nato’ di lì a poco, dopo il grande anniversario leopardiano a Recanati.
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Lui non parla. Stai sicuro, (((PURTROPPO))) non è Pertini!”
Bellissimo articolo.