di Eno Santecchia
Tanti ne parlano, qualcuno la vorrebbe vedere restaurata. È la stazione di posta di Valcimarra, dove per secoli passarono i viaggiatori delle Marche diretti a Roma o dalla città eterna verso Ancona e il mar Adriatico.
L’on. Roberto Massi a pag. 38 del suo libretto “Leggende, uomini e streghe nella valle del Chienti” ne parla chiamandolo Albergo San Giorgio. Individua la rimessa, una volta utilizzata per il riparo delle carrozze. Le stalle per i cavalli sono al piano inferiore, non visibili dalla strada. Afferma giustamente che è triste vedere il sostegno vuoto dov’era appesa l’insegna mossa dal vento che indicava l’esercizio. Negli ultimi anni diverse persone si sono recate dal sig. Nazzareno Carloni, attuale proprietario, per chiedergli di mostrare l’insegna metallica raffigurante San Giorgio che uccide il drago.
Il prof. Evio Hermas Ercoli nel suo “Grand Tour. Il viaggio di formazione lungo la via Lauretana” del 2008 ricorda che lo scrittore e filosofo francese Michel De Montaigne nel suo reportage di viaggio (pubblicato nel 1774) narra di aver cenato nel villaggio di Valcimarra (aprile 1581), posto a otto miglia da Tolentino. Verso la fine di agosto 1743 vi pernottò anche il giovane Giacomo Casanova che, volendo risparmiare sul viaggio, la raggiunse a piedi da Tolentino dopo cinque ore di marcia, dimostrando di essere un pessimo camminatore.
Ricordiamo che nel Seicento furono istituite le prime linee regolari di corrieri postali che si avvalevano di organizzate stazioni di posta dove si trovava tutto il necessario: vitto e alloggio per i viaggiatori, biada e ricovero per i cavalli. Nei paraggi si doveva trovare anche il maniscalco in grado di sostituire i ferri ai cavalli e riparare piccoli guasti a diligenze e carrozze. Lungo la via della seta, le stazioni ben fortificate chiamate “caravanserragli” si trovavano alla distanza di 50 km perché cammelli e dromedari camminavano dieci ore al giorno alla media di 5 km all’ora.
Nel museo del Trotto di Civitanova Marche, realizzato dal capitano della Guardia di Finanza Ermanno Mori, esiste una piantina, dove risultano le 22 stazioni di posta lungo il percorso Ancona – Roma. Al museo civico “Raffaele Campelli” di Pievebovigliana si trova la “Nuova carta geografica dello Stato Pontificio” con le percorrenze di questo itinerario.
Questa “Casa di Posta” svolse un ruolo importante nelle comunicazioni dell’ultimo millennio, ancor più decisivo con l’avvento dei servizi postali. Questi furono introdotti in Europa e Italia del Nord nei primi decenni del Seicento per opera delle famiglie Tasso e Della Torre. In seguito furono rivendicati e gestiti direttamente dai vari governi europei e anche dallo Stato Pontificio.
Periodicamente, curiosi si recano in via Nazionale 53 di Valcimarra a vedere i resti di questa Casa di Posta – locanda, tra le meglio conservate del suo genere.
L’arch. Gabor Bonifazi nel suo libro “L’Osteria dei Pettorossi”, uscito nel settembre 2009, dedica a questo complesso storico un intero capitolo. Riporta anche la disavventura del furto del portafogli subito da Casanova a Tolentino. Nel 1600-1700 la sicurezza dei viaggiatori non era assolutamente tutelata; i Carabinieri Reali saranno istituiti nel 1814. A 400 metri dalla locanda c’era anche una vecchia caserma dell’Arma, demolita qualche anno fa.
Secondo i ricordi di Nazzareno, il fabbricato a due piani è stato acquistato dal suo bisnonno Roberto Carloni, forse nella prima metà dell’Ottocento, dalla contessa Cimarra. È probabile che “contessa” sia stato attribuito a una donna particolarmente altezzosa, ma senza origini nobili. L’esercizio cessò l’attività negli anni dal 1925 al 1929.
L’ingresso alla locanda, ora abitazione, è pregevolmente affrescato con alberi e paesaggi; essa aveva ampie scuderie con ingresso ad arco poste al piano seminterrato, di un forno e di una minuscola edicola votiva dedicata alla Madonna. Di fronte, in precarie condizioni, c’è un’altra scuderia, dove la presunta contessa teneva una coppia di cavalli; vi si conserva il giaciglio, dove riposava lo scudiero.
L’arch. Bonifazi in un recente articolo sul sito “Vivere Macerata” ha suggerito di apporre un’epigrafe sul muro dello stabile per ricordare il passaggio dell’illustre pensatore francese. In questa stazione di posta sono passati nei secoli numerosissimi viaggiatori illustri e non, la maggior parte non ne ha lasciato traccia nelle memorie scritte. Bisognerebbe fare qualcosa affinché più persone possano fruire di questo luogo storico dalla duplice valenza, sicuramente da tutelare e valorizzare. Al Comune di Caldarola e al locale Circolo Filatelico e Numismatico spetta il compito di raccogliere la sfida.
Nelle immagini: in alto una foto della stazione, in basso un’illustrazione di Claudio Ferracuti.
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