L’incendio alla Orim
Incendio alla Orim, dopo la sentenza di assoluzione al tribunale di Macerata (lo scorso 15 aprile) per il titolare Alfredo Mancini e la ditta e la condanna del dipendente Gazzani che nel manovrare un muletto aveva fatto cadere due fusti che avevano dato origini al rogo del 6 luglio 2018, sono state depositate dal giudice le motivazioni della sentenza. Il giudice ha dato atto delle corrette procedure seguite dall’azienda, della regolarità dei quantitativi di rifiuti che trovati nell’azienda così come della loro natura. Il titolare, Alfredo Mancini, ha commentato. «Gli incidenti posso accadere ovunque ma questa è una azienda che ha sempre adottato il massimo delle cautele possibili, a salvaguardia dell’ambiente e dei lavoratori».
Alfredo Mancini e Orim erano stati assolti dal giudice Andrea Belli dalle accuse di incendio colposo, inquinamento ambientale e violazioni in materia di ambiente e sicurezza sul lavoro.
Otto i capi di imputazione per i quali Mancini e la società erano stati rispettivamente rinviati a giudizio con le gravi accuse di aver provocato l’incendio del capannone industriale, nel 2018, a causa di gravi violazioni rispetto alle autorizzazioni concesse ed alla normativa in materia di incidenti rilevanti (“Seveso ter”).
Alfredo Mancini
L’azienda in una nota ricostruisce la sentenza depositata nei giorni scorsi: «Secondo la ricostruzione operata dai consulenti dell’accusa Sanna e D’Onofrio, il giorno dell’incendio alla Orim si sarebbero trovate sostanze pericolose infiammabili in quantitativi esorbitanti rispetto ai limiti di giacenza consentiti dalla normativa.
Questa violazione, collegata ad ulteriori difformità dell’impianto rispetto alle prescrizioni impartite dai Vigili del Fuoco nel Certificato di prevenzione incendi, avrebbe determinato – secondo l’accusa – un aggravamento delle conseguenze dell’incendio, pacificamente invece provocato da cause accidentali; conseguenze tali da cagionare un inquinamento alla falda acquifera sottostante l’impianto e, in via indiretta, una alterazione temporanea dei valori del fiume Chienti, in ragione del dilavamento delle acque utilizzate per lo spegnimento dai vigili del fuoco intervenuti per domare le fiamme, e confluite nell’alveo fluviale.
Nella articolata decisione il Giudice del Tribunale di Macerata, Andrea Belli, ha ritenuto che le accuse non abbiano trovato alcun riscontro nelle prove acquisite nel complesso dibattimento, alla luce degli elementi di segno opposto emersi dalla documentazione prodotta dalle difese e dalle osservazioni critiche svolte dai consulenti tecnici indicate dall’azienda.
Nella motivazione trovano secca smentita tutte le criticità ipotizzate dai consulenti della accusa e dai testi a carico nei confronti dell’azienda e del suo amministratore.
Documenti e testimonianza hanno infatti confermato, secondo il giudice, che i frequenti controlli dell’impianto avevano avuto esito positivo, attraverso verifiche infra annuali da parte degli enti preposti a questo scopo e da enti preposti alla certificazione di qualità, di cui Orim è dotata.
L’azienda era infatti caratterizzata – come ha riconosciuto il giudice richiamando le numerose prove acquisite -, dalla presenza di un efficace apparato organizzativo, ossia un gestionale automatizzato in grado di controllare costantemente i rifiuti in ingresso, attraverso meccanismi di “Alert”, in modo da conteggiare scrupolosamente e preventivamente i rifiuti da smaltire; sistema in grado di monitorare le quantità di sostanze in giacenza, per contenerlo entro i limiti quantitativi e qualitativi stabiliti dalla legge Seveso.
Anche le testimonianze rese da funzionari pubblici – si legge ancora nella motivazione – hanno confermato che Orim si è attenuta scrupolosamente, nella gestione dei rifiuti pericolosi ed infiammabili, ai vari provvedimenti amministrativi rilasciati alla Orim, primi fra tutti l’Aia e il Cpi, alle cui prescrizioni la società si è sempre adeguata; del resto i controlli e le ispezioni condotte negli anni dalle varie autorità competenti avevano sempre confermato la regolarità e correttezza nell’esercizio dell’attività svolta, tanto che di recente l’Aia è stata rinnovata.
La articolata struttura gestionale di Orim, quindi, verificata negli anni attraverso controlli adeguati, era in grado di coprire le aree di rischio di possibili violazioni, fonte di potenziali danni all’ambiente e non ha mostrato carenze neppure in riferimento al giorno dell’incendio ed alle cause di esso.
Le conclusioni dei consulenti della difesa, cui il Tribunale ha dichiarato di aderire in toto, hanno demolito, per utilizzare le espressioni della decisione del giudice, su basi scientifiche e con riscontri fattuali e documentali, tutte le accuse, fondate principalmente sull’erroneo presupposto dell’applicabilità al caso in essa della normativa “Seveso”.
Il superamento delle soglie, previste da questa legge che mira a prevenire il rischio di incidenti rilevanti, su cui l’accusa è stata fondata, è stato frutto di un errore metodologico da parte dei consulenti Sanna e Fascina; una impropria applicazione di criteri di calcolo che li aveva portati a ritenere, in modo erroneo, superate le soglie per all’assoggettabilità dell’impianto alla normativa Seveso, e per questo motivo, non adeguato da un punto di vista della sicurezza.
L’avvocato Paolo Giustozzi
Evidentemente frutto di ulteriore errore, prosegue il Tribunale, anche l’eccedenza di materiale infiammabile rispetto ai limiti previsti dal certificato di prevenzione incendi ipotizzato dai vigili del fuoco; accusa derivante, in questo caso, da una erronea valutazione dei soli quantitativi di infiammabili, ossia un parametro non sufficiente a definire il valore di rischio, laddove non venga preso in esame, secondo un corretto uso dei principi in materia, il potere calorifico di ciascun materiale presente nel compartimento.
Del resto, è altresì emerso un ulteriore elemento di prova, a parere del Giudice, ossia che Orim redigesse scrupolosamente i registri di lavorazione da cui poter desumere e definire il tipo e di rifiuti presenti nello stabilimento, concernenti le entrate le uscite e le lavorazioni.
Sul versante inquinamento, non sono state ravvisate compromissione e deterioramento della matrice ambientale ed ecosistema addebitabili ad Orim.
L’avvocato Donatello Prete
Significativa, si legge sempre nella articolata sentenza, l’incidenza di fattori esterni imprevedibili, quali l’utilizzo di quantità elevatissime di acqua gettata direttamente sui materiali infiammabili, la mancata rimozione dei liquami per molti mesi, l’omessa predisposizione di cautele in grado di contenere l’arrivo in fogna delle acque di spegnimento, o addirittura la presenza di fattori inquinanti anteriori rispetto all’incendio del 6 luglio 2018, per la presenza di un inquinamento situato da molti anni a monte di Orim, e quindi del tutto indipendente dalla gestione dell’impianto e dagli effetti indiretti dell’incendio.
L’assoluzione, quindi, per tutti i capi di imputazione, è intervenuta con la formula totalmente liberatoria».
Soddisfazione da parte del titolare, Alfredo Mancini, e dal suo difensore, l’avvocato Paolo Giustozzi, che con i colleghi Donatello Prete (per Gazzani) e Nicola Perfetti, sin dalle prime batture aveva eccepito la insussistenza di colpe di alcun genere alla società ed al suo amministratore.
L’avvocato Nicola Perfetti
«E’ motivo di soddisfazione – dice l’avvocato Paolo Giustozzi – leggere che tutte le accuse sono risultate infondate sulla base di prove incontestabili, che il giudice, con evidente sforzo, ha ritenuto di approfondire e valutare nonostante il tecnicismo elevato che contraddistingue la materia ambientale e la gestione dei rifiuti in particolare, senza fermarsi di fronte alla pur evidente contraddittorietà delle opinioni offerte dai consulenti tecnici delle parti. Questo riconoscimento sarà da stimolo per proseguire sulla strada intrapresa, restituendo ad Orim quel ruolo di eccellenza nel panorama europeo fra le aziende che gestiscono rifiuti adoperando tecnologie di avanguardia.»
«Gli incidenti possono accadere ovunque – ha commentato Mancini -, ma Orim ha sempre adottato il massimo delle cautele possibili, a salvaguardia dell’ambiente e dei lavoratori. Non è stato certamente facile difendersi da simili accuse, ma oggi non posso che ritenermi soddisfatto per avere ottenuto, ancora una volta, una pubblica attestazione di regolarità, che conferma la fiducia espressa da parte di enti, che hanno rinnovato le autorizzazioni e mai hanno rilevato irregolarità nella gestione dell’impianto».
Maxi rogo alla Orim, assolti Alfredo Mancini e l’azienda. Condannato a 18 mesi il dipendente
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