di Maurizio Verdenelli
Chi, martedì scorso, si fosse trovato intorno alle 20,30 nella storica trattoria “Da Ezio” in via Crescimbeni, 65, avrebbe potuto assistere a questa telefonata. “Pronto, Dante, sono io….Lauro”. “Ah, carissimo…”. “Sono tre giorni e tre notti che provo a chiamarti…”. “ Ho avuto un po’ daffare, come saprai…”. “Certo, certo e chi non lo sa? Il tuo trionfo… ma a chi devo inviare la gran massa di telegrammi che mi sono giunti in ufficio per te”. “Al solito indirizzo di Roma”. “Senti, Dante… sono qui ‘Da Ezio’ a Macerata, te la ricordi Mirella? Le sue tagliatelle fatte a mano? Siamo venuti qui con Pierluigi Pizzi qualche anno fa…ricordi?”. “Eccome! Allora ci regoliamo così: quando torno a Macerata, la prima cosa che facciamo è andare a mangiare le tagliatelle di Mirella. A presto, Lauro”.
C’è da giurarci: la promessa dell’uomo più ambito nella città, il finalmente profeta in patria (dopo 3 + 3 Oscar) non sarà da marinaio. Grazie ad una trattoria romana davanti a Cinecittà dove si cucina divinamente l’abbacchio alla romana, la coda alla vaccinara, la trippa (piatti amati da Leo Di Caprio, Cameron Diaz e Martin Scorsese) lui era infatti riuscito a strappare a Praga la location per un capolavoro della cinematografia come “Gangs of New York”. Lui, l’avrete a questo punto capito benissimo, è Dante Ferretti. Più difficile, lo comprendiamo, identificare l’interlocutore maceratese: Lauro è il marchese Costa, vicepresidente di Banca delle Marche che da presidente aveva promosso anni fa la nomination di Ferretti a socio della Fondazione dell’Istituto di credito.
‘Cose’ d’ordinaria amministrazione per la piccola ma suggestiva osteria maceratese, fondata da Ezio Natali perfetto ospitaliere scomparso da tempo, che nel corso di decenni e decenni ha ospitato gli ospiti più illustri di passaggio in città, ultimamente pronubo anche l’ex direttore artistico della stagione Lirica. Il maestro Pizzi, dello ‘storico’ locale (giustamente noto anche per la cena che ogni 24 dicembre offre ai poveri) aveva fatto un quartiere generale all’ora di pranzo e cena.
Un locale che trentanni fa ha visto pure un altro celebre avventore, che risiedeva dopo il ritorno nella ‘sua’ Macerata, quasi dirimpetto, al n. 68 della stessa via Crescimbeni. Parliamo del ‘padre’ del Futurismo, Ivo Pannaggi. Qualche settimana fa, è saltata fuori nell’abitazione soprastante alla trattoria, posseduta da Ezio, una gran valigia con foto e documenti di quella presenza. Il figlio di Mirella, Marco Montecchiari, gran ‘comunicatore’ dell’azienda familiare, ne fatto oggetto di laicissimo ‘culto’, incorniciando le immagini che ritraggono Pannaggi, all’ingresso della trattoria insieme con la torinese Mary, moglie di Ezio.
Fotografie che sono andate a far compagnia a bozzetti e disegni un po’ scoloriti (a causa della varechina versata improvvisamente da chi non sapeva di aver a che fare con opere d’autore!) che il Maestro e i suoi amici Futuristi realizzavano in attesa del gran minestrone di Ezio, o delle ‘mitiche’ tagliatelle. “Anch’io ho conosciuto molto bene Pannaggi –dice Mirella Armida Lambertucci in Montecchiari- una persona di gran cuore, attratto anche dalle mie forme prosperose. Era noto che al Maestro piacesse soprattutto il seno femminile…ma era un gran signore e tutto era mantenuto nella correttezza più assoluta. Più volte mi invitò nel suo atelier promettendomi una delle sue opere. Non ci andai ed ancora me ne pento. In ogni caso in questo locale manteniamo viva, a distanza di oltre 30 anni, la sua presenza. E quando lui se ne andò a vivere alla Casa di Riposo (dove morì l’11 maggio 1981 ndr) io e Mary andavamo spesso a trovarlo chiedendogli di cosa avesse bisogno. Era sempre contentissimo di vederci”.
Vicino all’abitazione del grande Ivo c’è casa Travaglini. Lui è Giancarlo, cappellaio di generazioni e generazioni, sposato a Sandra Franceschetti, altra famiglia di commercianti ‘nobili’ di Macerata. Anche da loro storie importanti ed inedite sul padre del Futurismo. Dice Travaglini: “Pannaggi, che veniva spesso nella mia cappelleria, stimava moltissimo un pittore bravo ma poverissimo: Vittorio Vittori.
E gli diede incarico di dipingere la propria casa di via Crescimbeni, e soprattutto i tetti. Lui, un po’ bizzarramente, fece un ottimo dipinto… ma dei tetti diametralmente opposti. Ivo non volle pagarlo: acquistai io il quadro visto che aveva dipinto proprio casa mia. Per scusarsi, il mite Vittori, realizzo un altro olio, questa volta ‘riprendendo’ esattamente casa Pannaggi, con lui addirittura sul terrazzo”. Nello storico negozio Travaglini, in via Lauri, Pannaggi veniva con il suo inseparabile amico Mario Buldorini, alias Ermete. Ricorda Giancarlo: “Facevano conversazione, ore ed ore, in compagnia di mio suocero Ludovico, detto Vico, Franceschetti, grande sarto e costumista principe della Compagnia di Angelo Perugini, suo amico”.
“Quando andava a trovare Ermete, che aveva il negozio lungo corso della Repubblica- dice Sandra Franceschetti- il maestro mi faceva sempre visita. Avevo una vetrina in via De Vico, a due passi dall’alimentari di Buldorini. Ivo aveva sempre una parola cortese. Mi invitò più volte nel suo studio perché scegliessi un’opera. Non lo feci, peccato. Il maestro amava le forme giunoniche (tuttora ne sono dotata) e non ne faceva mistero, ma i suoi modi erano sempre improntati a signorilità ed eleganza”.
Prima ancora che le antologiche estive di palazzo Ricci, by Fondazione Carima, lo celebrassero ancora una volta come pittore, nel 1991, a dieci anni dalla scomparsa del maestro, l’Ordine degli Architetti insieme con il Comune (sindaco Ballesi, assessore Mandrelli) “organizzò una mostra omaggio al Pannaggi architetto che ebbe un’eco nazionale ed internazionale, davvero al di là di ogni più rosea previsioni” ricorda l’allora presidente, Silvano Iommi. C’è da accennare al fatto che Iommi, nel 1997, fece parte con Ferretti della giunta Menghi cui si deve l’importante e strategico recupero dell’ex asilo Ricci: una delle più importanti operazioni culturali e strutturali del dopoguerra da parte di un’amministrazione municipale. “La mostra fu realizzata alla San Paolo con il contributo determinante di sponsors come Maurizi Arredamenti e Guzzini, che realizzò in plexiglass una sedia disegnata da Pannaggi, Ma tutta la città dell’intellighentia, dell’arte e della scuola collaborò all’evento, davvero epocale. Tanto che si dovette prorogare di molto la mostra ‘Pannaggi su Pannaggi’ (questo il titolo) la cui apertura era stata prevista con molta modestia per 20 giorni al massimo” dice Iommi. Al catalogo, ora pressocchè introvabile, parteciparono con propri scritti personalità come Bruno Zevi, Mario Verdone, Enrico Crispolti, Claudio Angelucci, Giuseppe Galli. Un grande evento sottolineato e ‘comunicato’ con una delle opere più provocatorie del maestro (un fallo stilizzato) all’ingresso della sede della mostra, piazzato e ‘sparato’ contro il dirimpettaio palazzo comunale. Il maestro avrebbe gradito. La foto (di Pietro ‘Briscoletta’ Baldoni) che apre il catalogo, ritrae infatti il grande Ivo, in camicia, su una panchina del parco della Casa di Riposo a mani alzate come per un addio senza malinconia, gioioso. Nei suoi occhi, il lampo che i suoi amici maceratesi conoscevano bene: irridente.
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Ho un ottimo ricordo della mostra. E’ possibile trovare una copia del catalogo?
@LUCIO
La biblioteca comunale ha alcune copie.
Nella mostra era esposta anche una magnifica scultura in legno di Pannocchia che riproduceva (al vero)un personaggio per il “ballo meccanico” tratto da uno schizzo di Pannaggi. Dove è finita?
Caro Maurizio Verdenelli,
dopo aver letto il suo articolo dedicato agli artisti di Macerata tra cui menziona mio padre, ringraziandoLa per questo escursus variopinto, noto con rammarico una lunga parola usata quale aggettivo prima del nome di mio padre, appunto: “poverissimo”.
Con rammarico mio, quale unica figlia di Vittorio, di suo nipote e di tutti i parenti di mio papà,
trovo che un termine del genere usato in questo contesto provinciale seppur prima culturale, quale quello di Macerata che non è la mia città di residenza, sì, ma dove sono nata, non sia assolutamente “proprio” e “consono” al contesto tanto più che limitare la descrizione di una persona al suo presunto o meno conto bancario e ridurre un’ immagine di una persona scomparsa ad una quantizzazione prosaica mi fa pensare che l’acquisto che Lei fece del quadro sui “tetti” di mio padre fosse stato, prima che un gesto di ammirazione, un’azione di calcolo.
Forse ha solamente sbagliato aggettivo come si è dimenticato pure in seguito di un accento!
La informo che mio padre frequentò per cinque anni l’Accademia di Belle arti di Perugia dove studiò e si innamorò appunto di mia madre; credo che all’epoca Lei, Sig. Maurizio, di questo non fosse a conoscenza, forse perché occupato in qualche attività lavorativa o meno ma senz’altro di pregio.
Vorrei infine farLe cortesemente notare che si è dimenticato, prima di occupare quasi tutto lo spazio con quell’ingombrantissimo “…issimo” di cui abbiamo discusso già, di ricordare la retrospettiva dedicata dal Comune di Macerata e Confcommercio a mio padre, nell’agosto 2005 di cui serbo un belllissimo ricordo insieme a tutti i parenti e per la quale colgo l’occasione appunto qui, per ringraziare di cuore la città di Macerata e gli organizzatori, in cui ho potuto ammirare le opere di cui non ero nemmeno a conoscenza.
Spero che quando di nuovo scriverà un ricordo in memoria di una qualche persona da Lei stimata, cercherà di apporci un aggettivo migliore!
Buona giornata. C.Vittori