Orgoglio napoletano

La rivolta di Napoli del 1943 rivive al 43° Festival Macerata Teatro

- caricamento letture

morso-luna-nuova-1-300x243di Walter Cortella

Ancora una «carta vincente» al L. Rossi e questa volta a calarla è la Compagnia Luna Nova di Latina che mette in scena «Morso di luna nuova», racconto in tre stanze di Erri De Luca, per la regia di Roberto Becchimanzi. La pièce teatrale ci riporta indietro nel tempo, a Napoli, nel settembre 1943. Il secondo conflitto mondiale vive la sua fase finale. Da pochi giorni, firmando l’armistizio, l’Italia ha rotto il patto militare con la Germania di Hitler. La città è martoriata dai pesanti bombardamenti. La popolazione aspetta con ansia l’arrivo degli Alleati che sono sbarcati a Salerno. Intanto migliaia di bombe provocano numerose vittime. Napoli è irriconoscibile. Ovunque solo macerie, morte, fame e disperazione. La gente per sfuggire al pericolo di morire per strada cerca riparo nei rifugi sotterranei, allestiti per lo più negli scantinati degli edifici. In quegli angusti ambienti si forma spontaneamente un microcosmo che riflette l’umanità che vive in superficie. C’è don Gaetano (Roberto Becchimanzi), il portinaio, che  si dice che faccia mercato nero ed Emanuele, il venditore di baccalà. C’è un falegname (Clemente Napolitano), un generale fascista in pensione (Luciano Ferreri), la vedova Sofia (Marina Casaburi), due giovani (Roberto Calì e Cristian Mirante, il balbuziente), la moglie e la figlia del portinaio. morso-luna-nuova-2-300x243In quel ricovero ognuno mette a nudo il proprio temperamento, la propria natura. I giovani sperano che, finita la guerra, si possa tornare alla normalità, alla vita serena di sempre; gli adulti sono preoccupati, vedono un futuro nero, fatto di sofferenze, sacrifici e lutti. Il generale è fiducioso che il regime sappia venir fuori dalla drammatica situazione in cui versa il paese e perciò attende passivamente che gli eventi prendano una piega migliore. Malgrado il timore che quelli possano essere gli ultimi momenti di vita, i rifugiati trovano la forza di sorridere, anzi di ridere. È un espediente, un trucco per sdrammatizzare la morte incombente e ridare forza alla vita. E allora il falegname e il venditore di baccalà improvvisano un divertente duetto visto in teatro, una scenetta alla fratelli De Rege. E gli astanti ridono di gusto in barba alle paure, alle ansie, alla morte. Ma la situazione fuori è sempre più pesante. I tedeschi in ritirata rastrellano gli uomini validi e li deportano in Germania, fucilando senza pietà quelli che si rifiutano. La città è in fermento, i napoletani sono stanchi di subire violenze e rappresaglie feroci. Si scrollano di dosso l’atavica abulia e decidono di passare all’offensiva. Ognuno fa quello che può. Innalzano barricate improbabili, attaccano in tutti i modi i nazisti e li costringono ad accelerare la ritirata verso il nord, mentre si annuncia l’arrivo degli Alleati. Anche gli occupanti del rifugio partecipano alla insurrezione, capeggiati proprio dal portinaio e sostenuti dal generale, capace di riscattarsi in extremis. Napoli reagisce alla grande. In quattro giornate, passate alla storia, si libera del giogo tedesco e riconquista la sua libertà. Napoli è la prima città fra le grandi d’Europa a insorgere con successo contro l’occupazione nazista. Per questo il suo gonfalone è decorato di Medaglia d’oro al Valore Militare.  morso-luna-nuova-3-300x170Il testo di De Luca alterna momenti di grande drammaticità ad altri di genuina comicità venata da leggera amarezza, come la vicenda di Emanuele che sfugge alla spietata caccia all’ebreo grazie al padre non lo aveva fatto circoncidere da bambino. Ma c’è anche spazio per l’amore tra Elvira e Biagio (che pagherà con la vita il suo gesto coraggioso) e per la poesia: la canzone «Luna nuova» fa da colonna sonora e le parole di Salvatore Di Giacomo stemperano la drammaticità delle immagini di Napoli dilaniata dalle bombe. Che dire della Compagnia?  Sono stati tutti bravi, hanno interpretato i vari ruoli con la consueta naturalezza di chi ha il teatro nel sangue. La loro performance è di alto livello e lo confermano i dieci festival finora vinti con questo lavoro. Un elogio, infine, va al regista per aver saputo mettere in scena un testo privo di indicazioni di regia e di descrizioni sceniche. Interessante la sua lettura di due particolari apparentemente insignificanti. Le sedie. Inizialmente rappresentano la «roba», il proprio mondo da salvare, un po’ egoisticamente, ma quando Napoli insorge ciascuno si priva della sua e la mette a disposizione della collettività, in uno slancio di generosità. E la ragazza (Elvira). Parla sempre in italiano, ma nel momento catartico dell’insurrezione torna a parlare in dialetto, come a volersi riappropriare della propria vita, della propria napoletanità.



© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page

Quotidiano Online Cronache Maceratesi - P.I. 01760000438 - Registrazione al Tribunale di Macerata n. 575
Direttore Responsabile: Gianluca Ginella. Direttore editoriale: Matteo Zallocco
Responsabilità dei contenuti - Tutto il materiale è coperto da Licenza Creative Commons

Cambia impostazioni privacy

X