Io solitamente a Pollenza non le avverto ma oggi ho avuto dieci minuti di paura,tutto ha vibrato anche la pesante stufa a pellett! peraltro ero da sola con due bimbi piccoli.. La mia speranza è che non accadda più nulla di grave.
È difficile giudicare dall'esterno una cosa così grave e complicata come la dipendenza dalla droga.
Ricordiamoci che dietro questa realtà ci sono delle persone e non bestie con cui fare selezione.
Io ho vissuto alla Pars per diversi anni,tossicodipendente,problematica e fragile.
Non mi sono trasformata ma sicuramente adesso sono in grado di vivere nella normalità.
E la mia normalità e quello che sono riuscita a costruire finora è anche grazie al lavoro che la Pars ha fatto con e per me.
Non spariamo sentenze e giudizi banali!andiamo a fondo entrandociin contatto con queste realtà, prima di poterne parlare!
Ci soni tanti centri di recupero sparsi in Italia,pensate sia anormale uscire da un percorso e ricadere?
Morire?
Il lavoro è personale,se voglio davvero cambiare lo decido io.
E posso fare e concludere qualsiasi percorso e non farcela, se non voglio veramente cambiare il mio modo di vedere le cose.
I ragazzi morti dopo i percorsi fatti,ahimè tra questi ne conosco parecchi,probabilmente non erano riusciti a fare questo passo.
Ora non voglio stare qui ad obiettare ogni singolo punto che è stato scritto ma sono pronta,per chi lo volesse, ad avere un dialogo. Magari sig. Sauro Micucci od altri se interessa tanto discutere della Pars,delle comunità , si potrebbe fare insieme visto che ci ho vissuto anni e conosco queste realtà nel profondo. Sarebbe un dialogo più equo piuttosto che fare i soliti leoni da tastiera senza alcuna prova alla mano.
Un caro saluto ad I.che conoscevo da anni e con il quale c'era un rapporto di amicizia. Era un uomo. Sensibile,fragile ma che si è dato da fare.La droga però è stata più forte di lui.
Maria Grossi
Ciro Esposito ma che ne sai? hai dati?carta?fatti?
io ci sono stata dentro e so come vengono usati i soldi, per nuovi progetti a favore di soggetti in difficoltà o altre necessità comunitarie.
E aggiungerei, coloro che hanno avuto forti ricadute fino alla morte, dopo la comunità sono sempre quelli che non hanno fatto il percorso con serietà e lealtà e voglia di cambiare. Percorsi interrotti per insistenza dell’utente o perché scaduti i termini di pagamento dal sert. Probabilmente.,nonostante il tempo a disposizione il ragazzo non avev fatto le cose seriamente. Sono dinamiche comuni in comunità. Lei lo sapeva? É stato in comunità? Sa cosa significa vivere in comunità?
Prima di tutto non si lavora come muli, ma chi dice queste baggianate? Qualcuno sa cosa significa lavorare? Come muli? 100 euro al giorno per mangiare cose scadute? Sono stata li anni non diciamo scemenze. E non giudichiamo dalle voci ma solo da fatto constatati. Grazie. Comunque gli ospiti delle tre comunitâ non arrivano a sessanta.
Le persone uscite dalla comunità che non ce l’hanno fatta,quelle che conosco, tutte, sono quelle che per diversi motivi non hanno conclusi bene il percorso o in definitiva non lo hanno fatto seriamente.
Una realtà come questa, i suoi meccanismi, si può comprendere se ci si é entrati in contatto comprendendone il significato.
Grazie del vostro augurio.
Io ce la farò;)
Ciao a tutti, mi chiamo Maria Grossi, vivo da due settimane in una casa a Macerata dopo essere uscita dalla comunità PARS da un percorso durato tre anni e mezzo. Sono entrata in questo centro perché in famiglia ne avevamo sentito parlare da amici e abbiamo voluto provarci,ci siamo affidati. Anche perché fino al giorno del mio ingresso in comunità ero stata in un'altra sede in Calabria . Un percorso durissimo durato due anni. Questo centro in calabria non è convenzionato ,funziona esattamente come il San Patrignano e mi permetto di dire ,anche per questo motivo, non funzionava in modo positivo. Quando una comunità è gestita solo dall'interno,come si fa a capire quello che accade?se ci stai dentro e sei tu che la mandi avanti, come fai a risolvere gli innumerevoli problemi che quotidianamente sorgono?
Senza figure esterne come punti di riferimento, indicazioni da esperti del mestiere medico-terapeutico, chi è in grado da solo di guidare tutte queste persone in difficoltà?
Dopo due anni ho scelto di andare via poiché proprio questo meccanismo di chiusura nei confronti del mondo esterno aveva innescato processi violenti e distruttivi all'interno del centro e tra tutti noi i ragazzi.
Sono scappata senza avvertire perché se l'avessi fatto probabilmente la responsabile mi avrebbe fermata con violenza e sarebbe iniziata un periodo di ossessione violenta nei miei riguardi. Avevo paura. Con me ed altre ragazze era stata violenta.
Comunque decido di andare via ma di rientrare subito in un'altra sede,non mi sentivo ancora pronta per riprendere in mano la mia vita.
5 Dicembre 2010 faccio il colloquio alla PARS e in un mese riesco ad entrare, il tempo per il SERT (Servizio Tossicodipendenze), di completare l' ITER medico-terapeutico e burocratico.
Dal gennaio successivo inizia il mio percorso. Ero sconvolta,confusa,piena di paranoie. Mi sentivo a disagio e sola. L'equipé della comunità aveva però deciso per tutti noi utenti,un preciso percorso fatto di obiettivi da raggiungere e superare.
Un gruppo di esperti composto da psichiatra psicoterapeuti educatori ed altre figure professionali. Una volta alla settimana,sempre, riuniti per noi. Per trovare le soluzioni migliori per farci stare meglio(inclusi i medicinali psichiatrici che vengono scelti dal medico psichiatra con il quale ogni utente manterrà un legame di monitoraggio per tutto il percorso terapeutico), metodi e approcci differenti in base al carattere della persona ed alla sua storia.
L'obiettivo è RICOMINCIARE A VIVERE.
Noi ragazzi lavoriamo si, alle volte capita di lavorare qualche ora in più in occasione di feste o di grandi raccolte di frutta. Ma ognuno di noi impara qualcosa e ci si impegna per realizzare i progetti che portano apertura alla comunità e perché no anche profitti. Ma non è male, sapete quanti centri esistono della PARS?L'ultimo aperto due anni fa,proprio al Villaggio San Michele di Corridonia, adesso ospita una comunità per minori. Non è una meraviglia?Questi sono gli obiettivi.
Ma non tutti riescono a raggiungerlo poiché non basta solo tutto l'impegno e le capacità dei nostri operatori..o terapeuti.. Serve la paura di ricadere, la voglia di cambiare. Il terrore di tornare come prima..quando tutto era sfocato,malato,morto. Io ero morta. e ho visto la morte davanti di quelli amici che come me non sono stati fortunati e la droga se li è portati via. Un ricordo a Pier morto l'8 dicembre 2008 a Roma, a casa mia, un ricordo a Mats morto lo scorso 4 gennaio nella sua casa di Tolentino.
Fin quando non si ha la consapevolezza di ciò che significa la droga e di ciò che può provocare ,può rimanere l'illusione di un mondo figo, senza regole, fatto di tante persone intorno senza nemmeno un amico,di musica alta o senza rumori. Un mondo ovattato, morbidoso, pieno di emozioni istantanee, spericolato, sfacciato..per questo attraente.
Le persone che restano legate a quest'idea di droga non riescono ad uscirne, neanche stando in comunità. Per questo i risultati dopo i percorsi comunitari, non sono sempre positivi. Non tutti fanno il percorso in maniera chiara, con la voglia di cambiare davvero.
Per questo aggiungo, stando questi tre anni e mezzo alla PARS di polemiche ne ho sentite. Ragazzi che non si fidano ne affidano, che portano all'interno del gruppo in comunità, atteggiamenti "da piazza" prendendosela con operatori,comunità.Anche i compagni che invece cercano di fare bene vengono criticati e allontanati perché per questo tipo di persone l'importante è portare avanti e mantenere la propria vita da tossico falso, senza "attributi" e tenere lontano chi cerca di rompere questo loro schema.
Per me è stata una lotta continua con i compagni perché gli sono sempre andata contro.
Ma per vivere ci vuole forza e coraggio.
Chi non vuole vivere ha poche vie d'uscita..: il carcere, il cimitero. chi vuole vivere ha la comunità.
A me la PARS mi ha salvata, ripescata dall'oblio di una vita dura,confusa,dalle conseguenze psicofisiche che le droghe mi hanno lasciato,una vita oltre il confine.
Amo tutte le persone che sono lì. Tutti a combattere per aiutarci.
E invito chi è scettico e polemico ad andare di persona a visitare i centri, a vedere con i propri occhi cosa significa stare li. La comunità è aperta oltre che spesso si fanno feste aperte a tutti con ottimi pranzi e qualche attività. Un modo per conoscere da vicino questa realtà così tanto dibattuta!
E vi accorgerete che l'aria lì è diversa. C'è un occhio di riguardo per tutti, tutti si impegnano a Vivere e il clima positivo colpisce a attrae (certo da chi ha occhi e cuore aperti per vedere).
Grazie per la pazienza perché mi sono dilungata.
Maria Grossi ex utente della PARS, di Roma e trasferita a Macerata, vivo con il mio fidanzato e sono serena.
Maria Grossi
Utente dal
19/6/2014
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