Overdose, un’emergenza nazionale:
nel 2025 dieci morti nelle Marche.
Nel Maceratese boom del crack

L'INTERVENTO di Giuseppe Bommarito - L'ultima tragedia nell'Anconetano. Nel Maceratese c'è la fila per fare i depositari della droga (il caso più recente l'arresto di un uomo con 25 chili a Colbuccaro). Il problema dell'assenza della Dia in regione

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L’avvocato Giuseppe Bommarito

di Giuseppe Bommarito*

Nel dramma delle morti per overdose nell’Italia centrale (38 decessi su 86 nel 2025 secondo il sito GeoOverdose, quasi la metà del totale), spicca il dramma delle Marche, saldamente in testa alla tragica graduatoria nazionale del tasso di mortalità per droga. Ben 10 morti accertati solo nella nostra regione, l’ultimo nei bagni di un supermercato nell’anconetano, ai quali devono aggiungersi i decessi per cocaina non denunziati come tali e attribuiti a morte naturale (ictus e infarti) e, per rimanere solo alle ultime settimane, una donna salvata per un pelo nella pineta di Porto Recanati dopo un’assunzione di droga.

È un’ecatombe, un’emergenza nazionale, contro la quale, nel silenzio delle istituzioni, tutti le madri e tutti i padri dovrebbero insorgere con forza, e invece nessuno ne parla, nessuno solleva il problema, nessuno prova a ragionarci sopra per capire quale dinamica di traffico abbia portato ad un simile nefasto risultato.

Un’emergenza alla quale, tuttavia, le forze dell’ordine cercano di rispondere come possono con diverse operazioni, tra le quali, per la portata, va segnalato il recente rinvenimento a Colbuccaro di Corridonia, a casa di un romeno, di 25 chili di hashish, marijuana e cocaina. Droga sequestrata dopo un brillante intervento della Squadra Mobile di Macerata diretta dal commissario capo Anna Moffa. Si tratta, come è evidente, non di uno spacciatore, ma di un depositario, cioè di un soggetto pagato per tenere presso di sé quantitativi considerevoli di droga ai quali periodicamente attingono i vari spacciatori della zona. Nel caso specifico era uno straniero, tuttavia si segnalano molti casi di depositari italiani insospettabili, soprattutto pensionati ma anche gente che lavora e che vuole mettere le mani sulle forti ricompense elargite dai clan a chi accetta di tenere in casa i borsoni contenenti la droga: il depositario, infatti, rischia molto più di uno spacciatore, perché se venisse individuato non potrebbe certo nascondersi dietro la bella favoletta dell’uso personale e cavarsela con una pacca sulle spalle, come solitamente avviene per i pusher a seguito di una normativa molto indulgente verso lo spaccio di strada.

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Il sequestro di droga a Colbuccaro

Più in alto, nella filiera di quella specifica catena della droga di Colbuccaro, in questo caso come in tanti altri, non è stato possibile risalire, perché – la carenza è notoria e denunziata da anni dal sottoscritto – manca nelle Marche una sezione della Dia, la Direzione Investigativa Antimafia composta da elementi interforze altamente specializzati, in grado di condurre indagini strutturate nel tempo e nello spazio sul livello associativo dei sodalizi di criminalità organizzata italiani e stranieri, con il necessario impiego di intercettazioni telefoniche e ambientali, di pedinamenti, di fonti confidenziali ben inserite nei gruppi criminali. Indagini che sarebbero in grado di arrivare ai piani più alti di questi gruppi criminali, senza doversi fermare, per carenza di personale e di risorse, al livello infimo degli spacciatori e, quando c’è qualche buona soffiata, a qualche corriere o a qualche depositario.

E così la droga, specialmente cannabis e cocaina, in tutta la provincia seguita a scorrere a fiumi (gli spacciatori, i corrieri e i depositari, una volta fermati, vengono infatti sostituiti con estrema facilità, perché c’è un mare di persone che puntano ai soldi facili e che aspirano ad entrare nel giro della droga) e, se vogliamo parlare del gruppo albanese egemone a Macerata (di cui si conoscono perfettamente i principali esponenti, intorno ai quali si muovono, anche con ruoli di responsabilità, alcuni italiani, uomini e donne) al quale probabilmente faceva capo il depositario arrestato nei giorni scorsi, i colpi più forti gli sono arrivati addosso non dalle forze di polizia, ma dalle scissioni interne e dalla successiva importante attività concorrenziale.

In particolare, ha pesato su questo gruppo di etnia sinti il distacco di un elemento di rilievo, che ora si approvvigiona da trafficanti salentini strettamente legati alla ‘ndrangheta ed è in grado di proporre anche in zona e in tutte le Marche le principali sostanze a prezzi più convenienti e di qualità migliore.

Il gruppo albanese, colto di sorpresa da questa abile concorrenza del transfuga, ha cercato di reagire tentando inutilmente un accordo e anche spostandosi su Civitanova, dove però ha incontrato l’ostilità dei clan, anche albanesi, storicamente operanti sulla costa. È in leggera difficoltà e quindi il momento sarebbe opportuno per stroncarlo del tutto dopo che per circa venti anni, con la droga spacciata a Macerata e nell’interno, è stato fatto crescere impunemente e si è arricchito a livello di milioni di euro sulla pelle dei nostri ragazzi. Ma l’attività repressiva non arriva oltre il livello dei depositari e quindi intacca appena la solidità del gruppo, impegnato in questo momento storico soprattutto nello spaccio di crack.

Il crack è sostanzialmente cocaina cucinata e fumata attraverso una pipa o una bottiglietta, che costa pochissimo, viene venduta ormai pronta all’uso, crea dipendenza quasi subito, anche al primo tiro, e porta in tempi molto brevi al consumo compulsivo, alla smania di assunzione, alla paranoia, alle allucinazioni, all’autodistruzione.

Qualcuno faccia qualcosa, intervenga, perché la situazione droga dalle nostre parti sta sfuggendo completamente di mano.

* presidente associazione “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”

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