Lucia Isolani
di Laura Boccanera
Infortuni sul lavoro, numeri in aumento durante l’estate. Il caldo complica le condizioni di lavoro, specie nelle ore di punta. Ma non si tratta solo di spossatezza, malori o mancanza di idratazione. Spesso, condizioni di lavoro non ottimali causano sviste e disattenzioni, che rappresentano le principali cause degli incidenti.
In particolare, la provincia di Macerata registra un dato preoccupante: è l’unica delle Marche a segnare un aumento delle denunce di infortunio, con un +2,22% a fronte di una diminuzione su scala regionale dello 0,59%.
Ma più che soffermarsi sulle cifre, «serve un cambio di prospettiva» avverte Lucia Isolani, dirigente del Servizio prevenzione e sicurezza dell’Ast di Macerata, che rilancia la necessità di investire su formazione, consapevolezza e ambienti adeguati. Soprattutto in estate, quando il caldo, in assenza di microclima controllato, «diventa un alleato pericoloso per l’infortunio».
Di infortuni sul lavoro si parla sempre quando finiscono sulle pagine di cronaca, quando l’episodio accade. Molto meno ci si sofferma su cause e prevenzione, legate spesso a una molteplicità di fattori.
La polizia nel punto in cui è morto Savino Lettini
Nelle ultime settimane si sono verificati numerosi episodi in provincia. I numeri parlano di una media tra i 4 e i 5 al giorno, considerando i giorni lavorativi. Complici involontari: l’estate e il caldo. Molto ha colpito la morte di Savino Lettini, lo scorso 5 luglio, mentre si trovava al lavoro lungo i binari della ferrovia a Sforzacosta di Macerata. L’uomo si trovava al lavoro poco prima delle 12, ha avuto un infarto e le indagini sulla vicenda sono in corso.
«Durante la stagione estiva si registra un aumento degli infortuni, da lievi a gravi – spiega Isolani -. Ovviamente il caldo non aiuta, specie nei settori in cui lo sforzo fisico è maggiore o dove si lavora all’aperto: penso all’agricoltura, all’edilizia, ma anche ai panificatori, che lavorano davanti ai forni. Tutte situazioni in cui è difficile creare un microclima che garantisca il benessere del lavoratore. Da qui una serie di valutazioni, come quelle che hanno portato all’ordinanza della Regione per limitare il lavoro all’aperto nelle ore più calde della giornata (dalle 12,30 alle 16 nei settori a rischio, ndr)».
Non si parla solo di «colpi di calore». La spossatezza può generare condizioni di disattenzione talvolta fatali.
«La maggior parte degli infortuni è legata alla necessità di velocizzare il lavoro o a sviste, alla mancanza di attenzione – prosegue -. Con il caldo i tempi di reazione si riducono, e questo incide sulla capacità di un lavoratore, specie se lavora con macchinari. Con il caldo poi possono verificarsi non solo cali pressori, quindi la classica caduta, ma anche disidratazione o cali glicemici. Tutto ciò riguarda una popolazione lavorativa spesso ultraquarantenne, quindi già più soggetta a scompensi di questo tipo».
L’unico strumento efficace resta la prevenzione, troppo spesso sacrificata sull’altare della produzione, del risparmio o della velocità. Un’urgenza sentita soprattutto in un territorio come il nostro, dove la ricostruzione impone tempistiche rigide.
«Se tolgo la protezione a un macchinario per andare più veloce, o se non seguo i protocolli di sicurezza perché non adeguatamente informato, o addirittura non informato affatto, è evidente che l’infortunio è dietro l’angolo – continua Isolani -. La prevenzione è un sistema, perché non dipende dalla valutazione del singolo. Nella nostra realtà, indipendentemente dai numeri, gli infortuni stanno assumendo una connotazione nuova per gravità e per i reati che ne sono alla base. La salute del lavoratore va affrontata allargando il cerchio al mondo del lavoro, alle tutele contrattuali e alla regolarità degli appalti».
Un capitolo a parte è quello delle malattie professionali, su cui secondo Isolani va giocata la vera partita della prevenzione: «Se l’infortunio dà un quadro immediato dell’episodio e del difetto sulla prevenzione, la malattia professionale necessita di tempi lunghi di analisi. In positivo, per interventi migliorativi, o in negativo, per effetti che si manifestano anche dopo anni. La provincia di Macerata spicca anche su questo fronte: la Regione Marche è terza in Italia per numero di denunce e Macerata è subito dopo Taranto. Un dato che riflette sì una maggiore sensibilità, ma che va gestito anche dal punto di vista della prevenzione. Le patologie più denunciate sono quelle muscoloscheletriche, il prezzo che un territorio ad altissima densità artigianale come il nostro paga».
Ma non tutto è perduto. Da alcuni anni si sta lavorando, silenziosamente ma con costanza, su formazione e sensibilizzazione delle categorie. Un lavoro che darà i suoi frutti tra qualche anno.
Tra le progettualità avviate ci sono anche i protocolli di sicurezza sottoscritti dall’Ast Spsal con le casse edili e dei geometri: «Si tratta di progetti che mettono la prevenzione al primo posto – spiega Isolani -. Facciamo formazione nelle scuole, siamo al lavoro con Inail, con le aziende e con i nostri consulenti per accrescere la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro. A dispetto dei numeri, la provincia di Macerata può diventare un laboratorio nazionale, facendo sperimentazione su protocolli all’avanguardia. Il nostro obiettivo, condiviso con tutti i partner, è mettere al bando le illegalità in un’ottica di prevenzione e tutela dei lavoratori».
È colpa della destra che governa, non riesce ad abbassare le temperature. Ho lavorato per diversi anni con temperature fino a 36 e più gradi davanti a macchine utensili, nessuno a suo tempo si è mai preoccupato per me, anche allora c'erano sindacalisti di sinistra, e noi eravamo loro tesserati.
Ultime generazioni da allevamento intensivo A 14 anni si andava all istituto professionale a 16 con il diploma si entrava in azienda come operaio specializzato Oggi tutti a scuola anche le fino a 30 anni Poi con la laurea vanno a fare l aperitivo
Sauro Morbidoni Il commento è impeccabile.
Si si come nose pensano solo alla produzione e non agli operai poi succede
Non ci sono CONTROLLI !!!
Forse se le aziende iniziassero a pensare veramente per i dipendenti (per la loro sicurezza) le cose andrebbero molto meglio.
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Nella ricostruzione e in tutti i lavori le parcelle dei progettisti sono arrivate a percentuali vergognose.
Le paghiamo tutti a discapito dei lavoratori che usano le mani..
Se un po’ di questi soldi siano veramente indirizzati a fare correre di meno le imprese penso che qualche infortunio in meno ci sia…