«Distrasse 3,5 milioni di crediti della ditta»
Imprenditore condannato a 4 anni

SENTENZA - La vicenda riguardava la Saipa spa di Tolentino, fallita nel 2020. Sotto accusa al tribunale di Macerata, per bancarotta, è finito l'amministratore di fatto dell'azienda. La difesa contesta le accuse ed è pronta a fare appello

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Il pm Claudio Rastrelli

di Gianluca Ginella

Bancarotta nel fallimento della Saipa spa di Tolentino, condannato a 4 anni l’amministratore di fatto, Paolo Vissani, tolentinate. La sentenza martedì al tribunale di Macerata. Secondo l’accusa l’imprenditore avrebbe distratto beni dell’azienda che era stata dichiarata fallita il 2 dicembre del 2020 e crediti del valore di 3,5 milioni. La difesa è pronta a fare appello, contestando la ricostruzione fatta dall’accusa (al processo è stata presentata documentazione in cui si ricostruisce la vicenda diversamente). Secondo l’accusa, sostenuta dal pm Claudio Rastrelli, che ha chiesto la condanna a 4 anni, Vissani avrebbe distratto beni aziendali (del valore di 250mila euro), oggetto di contratto di affitto di azienda con la Paolo Vissani srl, a fronte di un canone annuo pattuito che secondo l’accusa non sarebbe stato congruo a supportare un piano di rientro precludendo così la possibilità di liquidare il patrimonio, beni che poi avrebbe ceduto alla Immobiliare Vissani srl prima di risolvere il contratto nel febbraio del 2018 con atto di mutuo dissenso.

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L’avvocato Gabriele Cofanelli

Per la difesa (Vissani è assistito dagli avvocati Gabriele Cofanelli e Samuele Farroni) «ha compensato i 250mila euro con un controcredito» spiega l’avvocato Cofanelli. La contestazione più sostanziosa riguarda però l’aver distratto il credito di 3,5 milioni di euro circa, vantato nei confronti dell’azienda agricola Penta, legalmente amministrata da Paolo Vissani stesso, non richiedendolo né riscuotendolo ma compensandolo con il valore nominale dei debiti della ditta fallita, acquistata dalla Penta. Crediti che, dice l’accusa, Vissani avrebbe comprato dai creditori della Saipa per importi inferiori rispetto al valore nominale e beneficiando, dice l’accusa, della differenza dei valori.

«Il mio assistito ha assorbito la posizione di credito e corrisposto più dei 3,5 milioni, come abbiamo documentato al processo – dice l’avvocato Cofanelli -. Ha versato 4 milioni e 600mila euro, evidentemente il tribunale dà una interpretazione diversa alla vicenda e ritiene che l’importo sia stato distratto. Ma così non è. Ha pagato 1 milione 180mila euro di liquidazioni ai dipendenti, altri 800mila euro li ha persi nel default di Banca Marche e ha corrisposto un altro paio di milioni verso altri creditori che gravavano sulla Saipa». Al processo si è costituita parte civile la curatela, tutelata dall’avvocato Paolo Angelici.



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