Scuola agraria e razza bovina marchigiana,
storia a doppio filo da oltre 150 anni

MACERATA - L'istituto è uno tra i più antichi d'Italia e un libro di Claudio Caproli ne racconta la storia. Di grande importanza la selezione per migliorare lo sviluppo degli animali, ci sono state ricerche su suini e ovini. Importante a livello nazionale il Centro tori per la fecondazione artificiale e per diversi anni, fino al 2021, sono stati allevati asini

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Veduta aerea dell’istituto agrario di Macerata

di Ugo Bellesi

Le origini dell’Istituto tecnico agrario di Macerata (uno dei più antichi d’Italia) risalgono al 1868 quando fu autorizzata la creazione di una Colonia agraria provinciale con l’apertura delle iscrizioni degli alunni. Il sito era stato individuato in contrada Ornano di Macerata su un fondo di 76 ettari già di proprietà del Seminario vescovile. Sono queste le prime notizie con cui si apre il volume del professor Claudio Caproli intitolato “Il contesto zootecnico all’Istituto agrario di Macerata” con il quale si ripercorre la storia dell’Istituto che si intreccia a filo doppio con lo sviluppo della razza bovina marchigiana.
E chi meglio del professor Caproli avrebbe potuto affrontare questa complessa ricerca storica, dal momento che dal 1985 è stato docente di ruolo proprio in Scienze delle produzioni animali in questo Istituto? Oltre ad aver organizzato ricerche, convegni e corsi di specializzazione egli, già nel 2011, aveva pubblicato il volume “L’allevamento bovino all’Istituto tecnico agrario: evoluzione e controlli”, che costituisce quasi una premessa al presente libro.
Si tratta non di un racconto, ovviamente, ma di una ricerca condotta con rigore scientifico, supportata da statistiche, raffronti, immagini, documenti. Si parte con l’avvio della selezione per la caratterizzazione della razza bovina marchigiana dal momento che fino ad allora esistevano soltanto dei “bovini rustici marchigiani”. Quindi si iniziò nel 1885 con l’impiegare tori di razza romagnola per l’incrocio con le “chianino-podoliche”. Altri incroci sperimentati successivamente non dettero i risultati sperati. Cosicchè nel 1928 si decise di puntare decisamente a creare “un bovino con fisionomia tutta propria che lo distinguesse dalle altre popolazioni bovine del versante adriatico”.
Conseguiti questi risultati bisognava ottenere un bovino da carne e da lavoro, tale da poter essere impiegato anche per trainare l’aratro. Ma ormai la meccanizzazione agricola stava imponendosi per cui ben presto si decise di destinare la selezione dei bovini soprattutto per avere un tipo marchigiano da carne.

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Il libro del professor Caproli

Fin dalla sua inaugurazione la Scuola era orientata a garantire la migliore formazione tecnica professionale degli studenti sperimentando sementi, studiando viticoltura e apicoltura, la cura degli oliveti e degli alberi da frutto, la sistemazione idraulica agraria, la sperimentazione di nuovi attrezzi agricoli e l’agricoltura biologica. Preziosa fu la collaborazione con il genetista camerte Nazareno Strampelli che durò per quasi un trentennio.
Ovviamente la preparazione degli studenti dell’Istituto agrario non si limitava alla specializzazione nell’allevamento dei bovini ma si estendeva anche ad altri altri animali. E questo a cominciare dai suini, concentrando le competenze in particolare per le razze Yorkshire, Berkshire e Casentinese. La razza Yorkshire venne poi selezionata in Large White Italiana nel 1873 con ottimi risultati. Tale allevamento è cessato negli anni ’50.
Si tentò anche di introdurre gli ovini da carne e da lana ma fu interrotta alla fine degli anni ’20. Si trattava di ovini merinizzati e quindi quasi certamente erano di razza sopravissana ma c’erano pure le piccole pecore Vissane destinate ai pascoli alti e difficili. La scuola aveva in dotazione anche una carrozza “cacciatora” trainata da cavalli di razza locale. Fino al 1927 c’erano quattro cavalli di cui due stalloni. Nell’azienda condotta in economia si allevavano anche polli, faraone, anatre, oche e colombi, conigli, bachi da seta, api e qualche pavone.
L’allevamento delle api, avviato fin dall’inizio della scuola, non è stato mai interrotto. Negli anni ’60 fu creato il caseificio per le esercitazioni degli allievi del corso di specializzazione in zootecnia e caseificio. Nel 1965 la Provincia di Macerata fece costruire il Centro tori per la fecondazione artificiale. Il Centro si specializzò nella produzione di seme ad alta qualità proveniente da tori di razza marchigiana, affermandosi a livello nazionale e internazionale. Nel 2016, dopo ben 48 anni di preziosa attività, cessò la sua attività. Frattanto nell’anno scolastico 1990/1991 la gestione tecnica e didattica dell’allevamento fu affidata al prof. Caproli, docente di zootecnia e quindi all’autore del volume di cui stiamo parlando.

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L’istituto agrario di Macerata

E’ da ricordare che sul finire degli anni ’90 il preside Rinaldi propose di realizzare un piccolo allevamento di asini, da inserire nei progetti dell’Istituto in favore dei ragazzi diversamente abili. Si iniziò con uno stallone e una fattrice iscritti al Registro anagrafico. Poi se ne aggiunsero altri quattro e nel 2010 si giunse a 10 capi. Purtroppo nel 2021 il piccolo allevamento è stato chiuso.
Nel 2011 l’Istituto ha aderito al progetto “Zoone” dell’Assessorato regionale dell’agricoltura delle Marche riguardante lo “Scambio di informazioni e pratiche zootecniche per un’innovazione sostenibile nell’Euroregione Adriatica” comprendente Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia e Albania.
Questa interessante “galoppata” nella storia dell’Istituto agrario “Garibaldi” di Macerata ha offerto l’occasione al professor Caproli per dimostrare che le iniziative, le innovazioni, i cambiamenti frequenti di indirizzo, come le interruzioni di certi progetti, sono serviti esclusivamente a far sì che gli studenti fossero sempre più preparati e aggiornati con le profonde innovazioni e le nuove conoscenze scientifiche che sono avvenute in oltre un secolo e mezzo nel mondo dell’agricoltura.



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