di Maurizio Verdenelli
Mai due mondi hanno ruotato così temporalmente e logisticamente vicini a Macerata, ieri pomeriggio, come quelli della politica e della cultura.
Vis a vis lungo via Gramsci, l’uno al cineteatro Italia – già Rex – l’altro nella sede della società Filarmonico-Drammatica – già Casino dei Nobili. Storia e cronaca (politica) roventi mondi paralleli nello spazio di qualche oretta, entrambi sold out. Mondi chiusi l’uno con l’altro, si direbbero oggi ‘zippati’ anche se tutti a raccontare di Macerata: una città in lotta con la droga con l’onorevole Giorgia Meloni, e la città ‘granne’ di due secoli fa con la scrittrice Lucia Tancredi. Due donne e due mondi diversi che pure ieri, alle 5 circa della sera, si sono ignorati reciprocamente. Un contatto, per la verità, un casuale inquinamento acustico c’è stato quando l’oohh dell’agone politico è salito alto dalla via dedicata al ‘padre’ del Pci passando oltre le finestre ben chiuse del teatro ‘Filarmonico’. Invadendo platea e galleria affollate attorno al palco: sopra un pianoforte e due voci recitanti. «Due mondi che si sono tenuti separati (anche senza polizia e carabinieri, pure presenti in forza, ndr)”» dirà alla fine la vicesindaca Stefania Monteverde, rappresentando l’amministrazione comunale alla ‘prima’ de: “Lo Sferisterio a Macerata e l’avventura dei Cento Consorti” scritto e presentato da Lucia Tancredi, insieme con Pamela Olivieri e Fabio Capponi, al pianoforte.
Una cavalcata impetuosa lunga duecento anni dal 1819 ai giorni nostri, ricostruita con rigore filologico e ‘fatica’ certosina da Lucia scavando in anni difficili, quelli dell’incipit. «Difficilissimi, molto più di adesso. Crisi economica costante aggravata da epidemie altrettanti costanti come il tifo petecchiale che la medicina di allora non riusciva ad arginare, ventiduemila stranieri da Ungheria, Francia, Tirolo, da nord e da sud, da est e da Ovest, zero servizi sociali. Eppure una città generosa, non avida nè arida, che voleva fare ‘squadra’, cioè comunità nel nome dell’arte, della cultura e del bello” dice la scrittrice. Una comunità che non esita (quando ci vuole ci vuole in vista di un bene superiore) ad abbattere una parte delle sue mura cinquecentesche per far posto ad una struttura sportiva, lo Sferisterio che compete subito per bellezza e d’importanza con quello, ora distrutto di Perugia, dove il treiese Carlo Didimi è già un mito -nella Biblioteca Augusta del capoluogo umbro si conservava l’unico ritratto del campione, tuttavia scomparso! “Corre l’annus magnus del 1819. Cento Consorti – che non saranno cento, ma l’approssimazione è squisita- si determinano a fare qualcosa destinata a durare, come le stelle».
Una Macerata diversa, che getta il cuore oltre gli ostacoli. I mecenati non raggiungono il numero ideale di cento, ma non importa «perchè ecco Pantaleone Pantaleoni pronto a far fronte ai 16 carati mancanti. Una Macerata che non si divideva come attualmente sulle problematiche emergenti, e non ne faceva terreno di lotta politica per assumere il potere. Al contrario tentava nell’unione il loro superamento» incalza Lucia Tancredi all’indomani del lancio pieno di successo del libro commissionato dagli eredi dei Cento Consorti. Dove si fa menzione perfino degli acquisti (con precisione contabile in riferimento agli scudi necessari) delle aree ed edifici dove sarebbe sorto lo stadio per il giuoco della palla al bracciale. Una mirabile ellissi murata che avrebbe reso l’arena, una volta dismessa la vocazione sportiva, il teatro all’aperto più fascinoso del mondo, dotato di acustica ben superiore al modello veronese grazie alla grande ‘quinta’. Parete ideale per l’innalzamento di una celebre macchina teatrale: lo ‘specchio’ di Svoboda. Il celebre scenografo praghese, alla fine di una cena a Parigi consumata nel più imbarazzato silenzio, semplicemente ‘riflettendo’ un tovagliolo sulla lama di un coltello, mostrò ‘in nuce’ a Claudio Orazi ed Henning Brockaus la magia di un’invenzione straordinaria. E poi la ‘palla’ di Hugo De Ana, in Turandot. Un’altra mirabolante ‘invenzione’ quasi per necessità. Al centro una regina del melodramma da presentare alla maniera antica: ‘ex machina’.
La favola straordinaria della stagione lirica nell’ex stadio del ‘Bracciale’ è emersa dal racconto a due voci di Lucia e Pamela, scatenate nel ballo-scenario de ‘La Traviata’. Una Belle Epoque che fu di casa ad inizio secolo, in questa città ‘frigida’, quaresimale. A testimoniarlo ci sono il ‘Lauro Rossi’, le Terme e il suo teatro (dove passo’ Luigi Pirandello) ‘scoperti’ quest’ultimi, dalla Nuova Biblioteca Mozzi-Borgetti (leggi l’articolo). Un testimone d’antan e d’eccezione dei piaceri dei nostri avi libertini, fu addirittura Massimo d’Azeglio. Che in visita alla figlia sposa del marchese Ricci, scrive a Torino: “A Macerata ci si diverte più che in tutto il Piemonte”.
Un carousel immaginifico, quello scatenato da Lucia e Pamela, gli accordi al piano di Fabio a fare da scaletta irresistibile, con suggestioni e nomi di appena ieri ed oggi. Ed ecco Beniamino Gigli e il suo concerto sold out, e nei giorni nostri ecco Guido Calogero, la sua ‘idea’ vincente di Sferisterio lirico, e subito dopo Mario del Monaco che nella villa di Treviso consegna le ‘chiavi’ della Rolls al fidatissimo Gian Paolo Proietti per vedere di cosa si tratti veramente quello che al telefono gli ha proposto l’amico Carlo Perucci a Macerata. «Micio, e cioè Proietti, divenne amico di mio padre e a me, generoso com’era, regalò quattro bellissimi lp con le musiche di Chopin» ha ricordato Lucia a chi scrive. E dopo i ‘fondatori’, il rifondatore in salsa pop: Francesco Micheli e sulle sue orme l’attuale direttrice artistica, Barbara Michetti. Una corsa di 200 anni, ricordando pure e sopratutto la ‘scandalosa’ Boheme di Ken Russell e i visoni neri di Fendi indossati da statuarie modelle nella passerella finale intorno a Mimì/Cecilia Gasdia consumata non dalla tubercolosi ma dalla droga. Due anni pure all’insegna di un enfante prodige profeta in patria: l’attore/regista Raffaele Curi, impareggiabile intrattenitore in quelle stagioni in arena. Poi con la lirica, la musica leggera nel nome di Musicultura voluta da Piero Cesanelli con la sua schiera di ‘saranno famosi’ – alcuni lo son diventati davvero – e Fabrizio Frizzi grazie sopratutto al quale le telecamere del servizio televisivo di Stato si accendono finalmente sulle colonne neoclassiche dell’Arena, snobbate fino ad allora. ‘La lirica non fa audience’ aveva sentenziato ad Arcore a metà degli anni ’80 Silvio Berlusconi togliendo ogni speranza al socialista Perucci e al democristiano Calise: vecchio assunto su cui la Rai era stata sin da sempre d’accordo.
‘Microstorie’ (il sottotitolo del libro) mai ha fatto tanto rima con macrostorie, perchè quella dello Sferisterio che quest’anno spegne 200 candeline è una ‘The Neverending Story’. Una Storia Infinita che sull’apparir dell’estate si rinnova, sciogliendo miracolosamente ‘insuperabili’ nodi tecnici e sopratutto economici come il sangue di San Gennaro, ogni volta, a Napoli. «Preziose le fonti utilizzate. Un tributo di riconoscenza lo devo all’amica Emanuela Balelli che ha messo a disposizione il fondo privato del suo grande genitore Carlo e dunque la sua irripetibile storia per immagini dell’Arena. Sull’Aleandri, il mirabile architetto dello Sferisterio (l’Innocenzi, ‘che teneva famiglia’ svolse un ruolo di coordinatore) devo tanto all’arch. Luca Maria Cristini. E dico grazie a Cm, il giornale dei maceratesi, che di tante stagioni liriche ha salvaguardato la memoria attraverso documentati articoli»: il grazie dell’autrice si è snodato in un lungo elenco sul finire dell’incontro.
Ieri, alla ‘Filarmonica’ non c’erano politici, nè prefetto nè questore (impegnati nel servizio d’ordine pubblico nella ribollente via Gramsci) ma trecento/quattrocento persone, anche giovani, categoria un pò desaperecida nei convegni cittadini. Insomma, in buona misura, la società civile. «C’erano i clubs che hanno fatto la storia della città: Cento Consorti, Accademia dei Catenati, Società Filarmonico-Drammatica che insieme con il Comune hanno curato l’evento» sottolinea l’autrice del libro. Mancava il presidente della Società Civile dello Sferisterio, Eredi dei Cento Consorti cui si deve il monumento per cui Macerata è famosa fino in Australia: Walfrido Cicconi. A rappresentarlo Luigi Ricci e Riccardo Sinigallia. La generosità dei ‘padri’ è stata quella dei discendenti: da loro, negli anni scorsi, l’atto di donazione alla città di un tale ‘legato’. Un atto d’amore che si è ripetuto, perfezionato, a distanza di due secoli. Degno, questo, d’essere menzionato (così come effettivamente) sul frontale dello storico edificio. Un ‘regalo’ non da nulla che, equivocando vistosamente, ha fatto dire qualche tempo fa ad Enrico Ruggeri dal palco maceratese: «Questo magnifico teatro all’aperto è stato donato da cento consorti?! E pensare che la mia consorte neppure una cravatta mi hai mai regalato!». Ma questa microstoria, Lucia Tancredi non l’ha mica riportata…
Lucia Tancredi, Lo Sferisterio a Macerata e l’avventura dei Cento Consorti – microstorie (221 pagine, 18 euro. Ev Casa editrice, Società Civile dello Sferisterio – Eredi dei Cento Consorti. Foto di Carlo Balelli, Fondo Privato Balelli. grafica di Domenico Valori)
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Una città “frigida” come può sposarsi con il melodramma? Se a primavera ci sarà una svolta politica, bisognerà occuparsene… La lirica è “pop” di suo e se non va imbalsamata, non va neppure considerata un modo diverso per fare teatro (sia benedetto il teatro!), essendo già a suo modo teatro o una materia nobile per esperimenti di spettacolo e di regia o una ciliegina su una torta di convegnistica colta e di caciara festaiola… Senza demonizzazioni, rotture o liquidazioni, occorre dunque ragionare se il modello che abbiamo visto in questi anni dentro e fuori l’Arena sia solo da migliorare e non anche da ripensare.
…”Si converrebbe però, che dopo ultimata la costruzione, una chiara Epigrafe, facendo ammenda alle enunciative ascose sotterra, delle quali ha l’esito dimostrata la fallacia, ripartisse con giustizia gli encomi, e sarebbe questo il jus suum cuique tribuere (la giustizia consiste nella costante e perpetua volontà di attribuire a ciascuno il suo diritto)”.
E’ con queste parole che l’Avv. Pietro Castellano, membro corrispondente della Imperiale e Regia Accademia de’ Georgofili di Firenze, dell’Accademia Valdernese del Poggio e della Società Georgica di Treia, conclude l’11° capitolo dedicato allo Sferisterio di Macerata, pubblicato nel VI volume dello Specchio Geografico – Storico – Politico edito a Roma nel 1835.
Dunque, ieri sera ho potuto godere di uno spettacolo stupendo, unico nel suo genere, coinvolgente e affascinante, ma non ho sentito (e letto) nulla che abbia a che vedere con l’aggiornamento storiografico, soprattutto per quanto riguarda la complessa vicenda progettuale e costruttiva del “Circo” che si è svolta nell’arco del decennio 1819-1829 (dalla costituzione della Società alla Inaugurazione dell’Edificio non ancora terminato)…