Da destra: Luigi Nardi, Alessandro Maccioni e Nazzareno Marconi
«La morte nella nostra società è stata disinfettata». Queste le parole del vescovo di Macerata Nazzareno Marconi, questa mattina all’hospice “Il Glicine”, dove ha fatto visita ai residenti . Con lui il responsabile della struttura Luigi Nardi, il direttore dell’Area Vasta 3 Alessandro Maccioni e tutto il personale e i volontari che quotidianamente si occupano dei pazienti e dei loro familiari. «Nell’anno giubilare – ha detto Marconi – il lavoro di accompagnamento e cura che si svolge nell’hospice, stare vicino al malato e alla famiglia, è una vera opera di misericordia». Il vescovo ha dedicato una riflessione al retaggio culturale che la morte porta con sé, carico di paura e ansia: «Deve cambiare la mentalità di una generazione che rifugge la morte. È un problema che riguarda soprattutto i quarantenni. Dobbiamo essere pronti a rapportarci anche con le altre religioni».
Alcune volontarie dell’hospice insieme a don Jeorge
Un discorso che ha colpito e appassionato i volontari della struttura. Tra di loro Silvia Permarini, che racconta di come all’hospice di Macerata «si respira un clima di accompagnamento e condivisione con i pazienti. Sta cambiando la concezione dell’hospice, non è un reparto tradizionale, ma mantiene una continuità con la dimensione domestica. Anche se con maggiori attenzioni mediche e tecniche». Dalle riflessioni, i racconti e le testimonianze emerge come la morte, all’hospice di Macerata, che ha festeggiato a dicembre un anno dall’inaugurazione, ritrovi una sua dimensione naturale. Sofferente certo, ma non più relegata tra i tabu di cui non si può parlare apertamente. Dopo l’incontro con il personale Nazzareno Marconi ha visitato i pazienti ricoverati, accompagnato anche dal cappellano dell’ospedale, don Jorge Trinidad.
(Fe. Nar.)
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Poveri quarantenni, ora hanno pure il problema di rifuggire dalla morte.