Uno dei simboli del 2015 che abbiamo appena salutato, è stato senza dubbio l’orologio della “Torre dei tempi” in piazza della Libertà a Macerata. Dopo tanti commenti riceviamo anche una poesia dedicata al planetario, scritta dal nostro lettore Agostino Leonori:
All’interno di quella torre civica
che Macerata fiera ne va,
una macchina orologiaia
dentro quella torre se ne sta.
In quel lontano cinquecento
l’illuminata scienza,
una nuova tecnologia
a tutto il mondo mostrandosi va,
un mondo planetario
che all’interno di una macchina oraria
se ne sta,
il suo sistema solare ,
con i suoi quattro pianeti,
e segni zodiacali,
quella novità
ai viventi di allora tanto stupore fa.
Oggi nel lontano dei ricordi
quella grande macchina
all’interno di quella torre
i suoi vecchi ingranaggi
ricominciando a girare va,
la macchina dei tempi
che cosi si vuol chiamare
con la mano di illustri maestri
la sua rinascita ne fa.
nella parete di quella torre
come un quadro se ne sta,
Al rintocco di una piccola campana
suonata dal becco di un uccellino metallico,
le porte si aprono
al passaggio devoto dei re magi
preceduti dall’angelo annunciatore,
inchinandosi davanti alla
madonna con il bambino ,
al rinchiudersi di quelle porte
davanti a tanti occhi pieni di meraviglia,
la vecchia scienza e la religione
abbracciati dentro a quella torre se
ne stanno.
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L’orologio di Ken e Barbie…
D’in su la vetta della torre antica
sorge la patacca ch’a sol mirar si fa fatica.
Costruito ad arte disneyana
l’enorme swatch d’aria pacchiana,
sopra cui le madonne giran pronto
come quel dei maceratesi che pagaro il conto.
Del guidator che sua auto incauto lascia
per esser multato da figli di bagas….beeep.
Di chi una casa nel Comun possiede
e sol per essa estorta mercede diede.
Di chi camminar a lungo, ahilui, non puote più
e passa ore ad aspettare il bus.
Invero dell’orror van solo fieri
color dello zodiaco cavalieri!
Preferisco la poesia di Simone
Io una volta ho scritto una poesia per una lavatrice che anche se non era “planetare” un po’ all’orologio di Macerata c’assomigliava, se volete ve la mando.
La poesia è distacco, lontananza, assenza, separatezza, malattia, delirio, suono, e soprattutto, urgenza, vita, sofferenza. È l’abisso che scinde orale e scritto, orologio e lavatrice.
Sì Pavoni, il distacco è lungo, l’abisso è profondo, l’orologio sporca il tempo di sporco talvolta difficile ma la lavatrice poi lo lava senza lasciare aloni.
https://youtu.be/JwYX52BP2Sk
Tempo
Segnando i momenti
Che rendono una giornata triste
Sciupi e sprechi le ore
in una strada fuori mano
Gironzolando in una parte
della tua città
Aspettando che qualcuno o qualcosa
ti mostri la via
Stanco di sdraiarti alla luce del sole
Di restare a casa a guardare la pioggia
Sei giovane e la vita è lunga
E c’è tempo per ammazzare l’oggi
E poi un giorno ti ritrovi
10 anni sulle spalle
Nessuno ti ha detto quando correre,
Hai perso lo sparo della partenza
E tu corri e corri per raggiungere
il sole, ma sta tramontando
E sta correndo attorno
per spuntarti di nuovo alle spalle
Il sole è lo stesso, relativamente,
ma tu sei più vecchio
Col respiro più corto
e un giorno più vicino alla morte
Ogni anno si fa più breve,
sembra che non si trovi mai il tempo
Progetti che finiscono nel nulla
o in mezza pagina di righe scarabocchiate
Appesi ad una quieta disperazione
è tipicamente inglese
Il tempo se n’è andato,
la canzone è finita,
pensavo di aver ancora qualcosa da dire.
Riguardo l’orologio cmq Oscar Wilde docet ….. “Bene o male purché se ne parli”…
La macchina… non si sfugge mai dalla macchina perché si è un suo ingranaggio ogni meccanismo della macchina è ricreabile e ricreativo e così la macchina temporale e planetaria che inventa il pubblico che pure non esiste. Il pubblico è la scena la rappresentazione lo spettacolo e vi pone il proprio privato, per questo “si priva del privato” per questo motivo alcune cronache dicono come il pubblico alla fine del carillon rimanga attonito e non abbia neanche il coraggio d’applaudire perché “incantato dal miracolo” ed ecco l’essere cre.tini.
Be’ Pavoni, volendo ottenere anche il coraggioso applauso del pubblico in futuro si potrà forse aggiungere alle dotazioni della macchina un qualche rivoluzionario congegno esoscheletrico.
E’ di conforto nella piazza del Gobi
Udire vita nell’Orologio
Un breve sollievo sentire il vento
Venir su ardito e bussare
Diversione dal Tema del Gobi
Udire una lube giocare
Ma più ancora ingiustizia
Che quelli potessero vincere
E noi mai nemmeno partecipare.