Giorgio Cancellieri
di Pietro Pistelli e Maurizio Verdenelli
C’è una storia incredibile ed importante che lega l’entroterra maceratese ai vertici nazionali dei Carabinieri ai suoi primi 200 anni di vita. Fu un sanginesino, il conte Bruto Bruti, il primo tenente generale dell’Arma nello Stato unitario – di lui parleremo diffusamente in seguito. Non finisce qui: è di Pievetorina il vice comandante generale in pensione, Giorgio Cancellieri la cui candidatura a sindaco, alle ultime elezioni, era volata alta sul cielo della cittadina maceratese. Per inciso Cancellieri sostituì nell’alto incarico il generale Giuseppe Bario (deceduto nel 2010) l’ufficiale che nel maggio 1977 pistola in pugno arrestò Carlo Alè, il capo del clan dei catanesi che nella notte precedente aveva ucciso il brigadiere Dario Beni di Fiuminata (il ministro Alfano ha intitolato a lui la caserma di Cingoli, di recente) e il maresciallo Sergio Piermanni di Civitanova. Bario, come comandante regionale nell’88, aveva coordinato poi le indagini seguite alla strage di Portaiano di Camerino: tre morti, con Carlo Ceresani le sue due vittime i carabinieri Donato Chiarelli e Giovanni Corinto.
Il generale Tullio del Sette
Quanti crocevia dunque in questo entroterra e a Camerino dove a Natalesi è appresa con soddisfazione la nomina a comandante generale dell’Arma del generale Tullio Del Sette. Andato sposo nella Città ducale alla camerinese Alessandra Marchetti, il generale Del Sette è un laureato Unicam. Il nuovo comandante dell’Arma ha infatti conseguito la laurea in Giurisprudenza e Scienze Politiche proprio all’Università camerinese. A Marzo il nuovo comandante generale aveva visitato la Compagnia di Camerino in occasione della commemorazione dei due carabinieri uccisi a Portaiano il 28 marzo 1988. E il 14 giugno scorso, ancora in qualità di vice comandante generale, Del Sette aveva presieduto ad un’altra importante commemorazione. A Macerata ricordando l’eroico maggiore Pasquale Infelisi, giustiziato a Collevario dalle SS ‘reo’ di non aver aderito alla Repubblica sociale italiana. In quell’occasione il nostro giornale aveva contribuito insieme con lo storico vicentino, Roberto Fontana, ad identificare per la prima volta i volti del ‘Kommando Andorfer’ e il suo comandante, SS-obersturmfuhrer (tenente) Herbert Andorfer che, lasciata Macerata, più tardi avrebbero sovrinteso ai rastrellamenti e alle feroci esecuzioni di Bassano del Grappa (leggi l’articolo)
Ed ora, con un gran salto indietro nel tempo, torniamo al primo comandante della Benemerita nella storia dell’Unità d’Italia. Dal 1887 al ’95 quell’altissimo incarico fu del conte Bruto Bruti, nato a San Ginesio nel 1835 da Raffaele (San Ginesio 1807 – Signa 1874). Del padre abbracciò la causa dei patrioti carbonari in giovane età e con il quale affrontò le peripezie delle guerre d’indipendenza, alla luce dell’esempio e dell’amicizia del generale Giuseppe Garibaldi, visse per molti anni nella villa di Pedaso, morì a Montefiore dell’Aso nel 1918. Con il padre fu costretto a fuggire da San Ginesio per evitare, dopo la fine dei moti rivoluzionari del 1848, la sorveglianza del ristabilito governo di Roma. Fu quindi educato a Firenze negli ambienti intellettuali più vivi dell’Italia di allora. Essendo di idee innovatrici ma di formazione aristocratica il padre, Raffale Bruti, a dimostrazione della sua lungimiranza, volle che il figlio avesse un’educazione classica e, com’era di usanza nella buona nobiltà del tempo, affidò la giovane mente di Bruto ad un precettore, anch’egli di nobili origini, Concetto Focacetti, destinato a diventare vescovo. Giovanissimo, Bruto Bruti, entrò a far parte, come volontario nell’artiglieria da campo, dell’esercito toscano e, all’età di quattordici anni, entrò nel liceo militare di Firenze da cui uscì all’età di ventun’anni con il grado di Sottotenente e laurea in matematica. Si sposò con la contessina Maria Virginia Marini Porti, nobile casato di Fermo, con la quale condivise il matrimonio fino alla scomparsa di lei, nel 1896.
Seguendo la gloriosa via scelta del padre Raffaele, Bruto continuò la carriera militare divenendo presto Luogotenente del battaglione dei volontari piemontesi, con il quale prese parte alla Seconda Guerra d’Indipendenza. Della sua carriera militare sappiamo inoltre che, promosso Capitano passò nel corpo dei Bersaglieri con il quale combatté contro i briganti (nel 1896) che impedivano la rinascita del mezzogiorno, ottenendo la Medaglia d’Argento al Valore.
La Battaglia di Custoza
I suoi successi militari si susseguirono senza soste, dato il coraggio innato del suo sangue e le necessità belliche di un’Italia ancora da costruire, e gli valsero un ulteriore Medaglia Bronzea al Valore durante la Battaglia di Custoza nel 1866 cui ne seguì una d’argento per benemeriti conseguiti grazie alla profonda e sincera umanità, dimostrata nel soccorrere le popolazione di Casamicciola, colpite dal terremoto nel 1883, e gli infetti dal colera in Sicilia nel 1885. Nel decennio fa il 1887 ed il 1897 si susseguirono, per il conte Bruto Bruti, le più alte onorificenze militari, che lo condussero ad ottenere il grado di Tenente Generale, e poi comandante, della divisione militare del Chienti nel 1894. Dal luglio 1887, raggiunto l’apice della carriera, fu Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, un onore soprattutto dal punto di vista militare e che ottenne per la sua grande affidabilità di patriota oltre alla caratura della famiglia del padre Raffaele,seguace di Garibaldi e tra le figure più fulgide del Risorgimento. Il più alto comando dei Carabinieri Regi, Bruto Bruti lo assolse con grandi capacità militari ed umane, sino al febbraio 1895.
In seguito intraprese una breve carriera politica che suscitò date le grandi capacità la gelosia di alcuni politici di lungo corso del maceratese, tanto che alcuni di loro cercarono di contestarne l’elezione, senza peraltro riuscirvi, a Consigliere provinciale per il Mandato di San Ginesio (come testimonia la breve lettera al Consiglio Provinciale inviata da Antenore Bernardi e Giulio Luciani, conservata negli archivi della biblioteca di Civitanova).
A dimostrazione dell’apprezzamento che i suoi concittadini avevano per lui sta la mole di voti a favore, più del doppio di quelli per il suo avversario, usciti dagli scrutini. A dispetto delle autorità che avevano costretto all’esilio il glorioso padre, i cittadini di San Ginesio sono sempre rimasti vicini alla famiglia dei conti Bruti e agli ideali ch’essa difendeva.
Bibliografia:
AAVV, Il conte Raffale Bruti, Archivio del Comune di San Ginesio.
Generale Adriano Angerilli, Schede su illustri personaggi ginesini, Biblioteca Comunale di San Ginesio.
Antenore Bernardi e Giulio Luciani, Elezione contestata del Tenete Generale Bruto Bruti, Tip. Mancini, Macerata 1901.
Pietro Pistelli e Mauro Severini, L’alba della democrazia, Affinità Elettive, Ancona 2004.
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