E’ durata 10 ore l’autopsia sui corpi dei due operai kosovari Mustafà Nexhmedin, 38 anni, e Avdyli Valdet, 26, i due operai kosovari uccisi a colpi di pistola dal loro ex datore di lavoro, il costruttore Gianluca Ciferri. L’esame avrebbe confermato che la pistola di Ciferri ha sparato cinque volte. I rilievi, iniziati ieri mattina intorno alle 9, si sono svolti nell’obitorio di Fermo e sono stati eseguiti dal medico legale Mariano Cingolani, alla presenza dei consulenti nominati dalle famiglie delle due vittime e dall’imprenditore, accusato del duplice omicidio.
”Mi sono difeso da un’aggressione” aveva detto al Gip Gianluca Ciferri, accusato del duplice omicidio dei suoi ex dipendenti, che aspettavano da mesi il pagamento di circa 20 mila euro di stipendi arretrati. Dopo l’interrogatorio, durato due ore, il giudice si è riservato la decisione e Ciferri è stato riportato in carcere. L’imprenditore, ha riferito l’avv. Savino Piattoni, ”ha fornito un’ampia, dettagliata e sofferta ricostruzione dei fatti”, sostenendo di aver agito per legittima difesa, perchè i due lo avevano minacciato con un piccone.
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Si e’ difeso punto e basta !!! se non lo avesse fatto ora si troverebbe all’obitorio al posto loro , e loro a piede libero …..
questa dovrebbe essere la normalita . vieni a casa mia mi minacci io ti sparo.
esprimo tutta la mia solidarietà all’imprenditore!!ha fatto ciò che andava fatto. .
Giusto ha fatto bene, peccato che l’imprenditore è italiano quindi farà 25 anni di carcere, se era l’opposto già sarebbe stato rilasciato
Forse vi siete dimenticati che il pistolero aveva un debito, ma dove vivete, prima di scrivere ragionate, a volte e’ meglio non scrivere niente se si ragiona con il sedere. Sono un uomo di destra, credo che in italia ci siano troppi stranieri, ma credo anche che tanti italiani si approfittano di loro. Vergognatevi .
Allora quando vedrai qualcuno armato di qualsiasi oggetto dentro casa tua o ti raggiungono per parlarti vorrei vedere quello che sei capace di fare …..forse avrai “sedere” se riesci a fare un discorso con loro … poi ci racconterai
Simone vorrei vedere te se ti arrivano a casa tua armati di piccone
Simone quando arrivano nella nostra proprieta ‘ gia’ hanno violato la legge !!! come dicevano i romani “morte tua vita mia ” ..poi vai a dirgli qualcosa se fai ancora in tempo … Svegliati e non dire baggianate .
Credo che se il Pistolero avesse pagato regolarmente gli arretrati agli operai, nessuno si sarebbe presentato a casa sua a minacciarlo. Non diciamo fesserie, se aveva paura poteva chiamare le forze dell’ordine e non si faceva giustizia da solo.
simone tu continua a pensarla a modo tuo..ma come l’imprenditore poteva rivolgersi alle forze dell’ordine anche quei due tizi potevano procedere x vie legali!! dal momento che si sono presentati a casa sua con un piccone ha fatto cio che chiunque avrebbe fatto!! meglio un brutto processo che un bel funerale
Forse qualcuno sta omettendo che il pistolero dopo ripetute telefonare di richieste di denaro debitamente dovute e dopo ricorsi ai vari sindacati e di aver rifiutato un decreto ingiuntivo il pistolero per non aver più rotture di scatole da parte di costoro per una cifra che al giorno d’oggi 20 mila euro non sono bruscolette per telefono li avesse invitati a casa dicendogli che avrebbe saldato il suo debito i kosovari erano armati di picozza solo perché avevano paura di quello che poi è accaduto infatti se uno vanta dei crediti legalmente visto che sono stati messi in azione sindacati tribunali e quant’altro si telefona per farli venire a casa cercando di risolvere il tutto bonariamente e i kosovari come stipendio hanno trovato un revolver cosi si risolvono le questioni economiche in italia e per dirla tutta questo significa essere imprenditori detenere per scopi non leciti gli stipendi dei dipendenti per proprio comodi ma bravi continuate a dire se entri a casa mia ti sparo lo volete capire che l’omicidio era premeditato e intenzionale altrimenti perché doveva chiamarli al telefono ed invitarli a casa ?
Tra un delinquente morto e una persona per bene viva, io personalmente preferirei tutti e due vivi.
Io sono imprenditore dal 1994, ho una piccola azienda, come una maggior parte di imprenditori pago regolarmente le tasse, gli operai, i fornitori, a volte anche con grandi sacrifici, visto il momento storico che stiamo passando, la crisi si sente, ma credo che come la sento io, la sentono anche i miei dipendenti e i miei fornitori, quindi cerco di essere preciso nei pagamenti, grazie a tutto queste cose, quando sono a casa mia devo solo stare attento a difendermi dai ladri e per questi basta un allarme. Cerchiamo di essere realisti e di non andare fuori dal seminato, uccidere due persone e’ un reato grave e non ci sono attenuanti, non è stata legittima difesa, i due kossovari stavano in strada e non erano entrati in casa. Continuo a ribadire che non ci possiamo fare legge da soli.
Trovo preoccupante che alcune persone diano per scontata la versione dell’imprenditore, che coincidenza è anche l’unica persona rimasta invita. A parte che è stato appurato che la piccozza era di Ciferri, e quindi non è chiaro come possano averlo aggredito d’improvviso alle spalle (tra l’altro con un attrezzo che solitamente si usa per andare in montagna quando nevica, che forse però, coincidenza quel giorno era evidentemente in giardino a portata di mano). Ma anche se fossero stati armati, cosa deprecabile, vorrei comunque ricordare che i due avevano lavorato per lui e sapevano della quantità di armi presenti in quella casa: che sommate al rifiuto per pagare il debito per vie legali e ad un improvviso invito ad andare a prendere i soldi farebbe pensare chiunque alla possibilità… che succeda quello che poi è effettivamente accaduto. Infine vorrei ricordare che il lavoro va sempre pagato, e che qui, legittima difesa o meno, il primo ad essersi comportato in maniera criminale è stato l’imprenditore stesso, sfruttando i suoi dipendenti. Cosa che tra l’altro, a sentire i sindacati, era già successa in numerose altre occasioni.
@Pepito: i due kosovari sono andati per vie legali. A inizio estate si sono rivolti a un giudice. Sono passati anche attraverso i sindacati, aprendo un’ingiunzione in seguito rifiutata da Ciferri. Attendevano di essere pagati da circa 48 mesi. E il giorno in cui andarono a casa sua, lo fecero chiamati da lui.