Valentina Lucchetti, a sinistra nella foto, ha promosso l’iniziativa virale contro la violenza alle donne, con un selfie su Facebook e due dita di ombretto viola sul viso
di Alessandro Trevisani
Valentina Lucchetti risponde alle critiche di Ninfa Contigiani, presidente della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Macerata, contro la campagna del selfie brutto (leggi l’articolo). È stata la giovane portorecanatese la prima a postare su Facebook, oltre 2 settimane fa, una sua foto truccata con ombretto viola, taggando le sue amiche per sfidarle a fare lo stesso e discutere insieme di violenza sulle donne, aggiungendo un link con informazioni utili per fare donazioni ai centri antiviolenza. Alla campagna hanno aderito diversi politici, tra cui il sindaco Sabrina Montali e l’assessore regionale alle Pari opportunità Paola Giorgi. Ma Contigiani ha obiettato che il selfie brutto “ridicolizza un tema assai delicato, lo rende un fenomeno da baraccone, offende”, con una fuga nel virtuale che lascia “intatta la realtà così com’è”. “Parlo io ma non solo per me stessa- replica Lucchetti – dato che la mia è solo una, anche se la prima, di una serie di foto. Il lancio del mio selfie sarebbe caduto nel nulla se non avesse scosso le coscienze. La maggior parte delle campagne pubblicitarie istituzionali riporta volti di modelle truccate come noi. Ma l’”occhio nero” di una sconosciuta non colpisce quanto quello di un’amica.
Una quantità di donne che ha partecipato alla campagna mi ha confessato il suo avvilimento dopo aver letto le parole di Contigiani, ed è più per loro che per me che rispondo alle sue accuse. Dietro alcune di quelle foto ci sono storie concluse magari a livello legale, ma che hanno lasciato una traccia profonda nelle donne che hanno sofferto violenza dai loro partner. Perciò mi dispiace molto che la signora Contigiani non mi abbia contattata, o comunque non si sia accertata prima del fatto che dietro alla campagna del selfie brutto non ci siano magari storie reali, quindi un’esperienza ‘sul campo’ e una conoscenza autentica delle dinamiche relazionali, malate e reiterate nel tempo, che portano la donna che ha subito violenze a non riuscire a distaccarsi dal maltrattante. I nostri selfie si moltiplicano perché non li facciamo per noi stesse, ma per un’amica, una sorella, una figlia. La campagna ha preso il volo proprio perché diverse donne che hanno subìto violenza dal compagno l’hanno rivista nel viso truccato delle persone cui vogliono bene. Lo sguardo muto delle amiche ha risvegliato il poco di amore per se stesse che rimane dentro di loro. E oggi una di queste donne mi ha detto: quando ho letto l’intervista alla Contigiani è stato come se mi picchiassero un’altra volta”. Continua Lucchetti: “Neanche io pensavo che la cosa avrebbe suscitato tanto clamore.
La copertina della pagina Bad selfie – La violenza non è un trucco, creata da Valentina Lucchetti, con il 1522, il numero di telefono che aiuta le donne vittime di violenze
Sono rimasta spiazzata dal fenomeno al punto che mi rimane difficile gestirlo. Se fossi esibizionista sarei già finita su alcuni rotocalchi rosa, invece ho deciso di selezionare le richieste di intervista da parte dei giornali, rifiutandole tutte, finora. Ho deciso di aprire una pagina Facebook ,‘Bad selfie – La violenza non è un trucco’, affinché l’attenzione non sia concentrata su di me ma sul problema. La pagina è rivolta alle donne che non riescono ad uscire dal proprio silenzio. Stiamo postando indirizzi e informazioni utili, la copertina stessa della pagina riporta in evidenza il numero verde del servizio nazionale antiviolenza (1522). In più mi confronto con un’amica laureanda in psicologia criminale per capire come gestire la cosa: nessuna pretesa né di capire né di risolvere questi problemi, al contrario mi rendo conto che la violenza domestica è un fenomeno estremamente complesso. Ci stiamo mettendo in movimento affinché tutte le scuole siano coinvolte in progetti specifici di educazione e prevenzione, con l’intervento di Cooperative Sociali e dei loro team di esperti. Infine con le ragazze di Over Time e le consigliere comunali che hanno fatto il selfie siamo entrate in contatto con tutti i centri antiviolenza delle Marche per coinvolgerli in una sorta di flash mob che, all’atto pratico, si rivelerà essere una raccolta fondi. L’evento si svolgerà domenica 28 settembre dalle ore 11 a Porto Recanati: azioni reali, concrete, sul campo, che non capisco come possano infastidire”.
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Finché litigano tra di loro lasciatele stare…….
Beh, i motivi per cui la Signora Contigiani che di questi problemi se ne è occupata in varie occasioni istituzionali, ritiene sia giusto avocare a se e probabilmente ad altre persone sicuramente esperte in questo campo, mi sfuggono. Si sta parlando della specifica violenza sulle donne fuori o dentro le mura domestiche da parte dei loro compagni. E sono proprio le donne che hanno vissuto in prima persona o che potrebbero in futuro avere questo problema ad avere lo stesso diritto/dovere a parlarne cosi come le istituzioni. Sappiamo che le istituzioni trattano il problema ma è la voce delle donne in maniera anche molto forte che lo fa emergere nella dovuta rilevanza. Quindi ognuno faccia la sua parte: le donne a tenere alta l’attenzione e il Parlamento a emanare le giuste leggi che mi sembrano ancora poco protettive.
Prima eliminate le donne oggetto forse usate forse costrette forse coscienti, fino a quando poseranno e useranno il corpo per scopi diversi nulla cambi. Di violenza ce ne troppa quella vera e ci basta per finta a cosa serve se non a mettersi in mostra? Forse risolve il problema?
Javier,
ma tutte le campagne di sensibilizzazione, anche quelle istituzionali , in via generale si avvalgono di immagini artefatte, di soggetti altri, tranne Oliviero Toscani che riporto ancora ad esempio quanto a provocazione scioccante , il quale fotografa non modelli o modelle, ma persone realmente affette da malattie, disturbi diversi – che poi nel suo caso si tratta di pubblicità perchè commissionata da un’azienda privata , ma non da meno sortisce gli effetti voluti sul piano della comunicazione sociale- perchè prima di tutto, per stare sul pezzo, non è semplice trovare persone direttamente protagoniste di fatti di violenza che vogliano esporsi a livello mediatico, seconda cosa, perchè mostrare immagini di violenza vera, nuda e cruda, significa sbattere in faccia la realtà , ma di fronte alla realtà , come quella dei telegiornali, molti , compresi quelli cui il messaggio è principalmente indirizzato si voltano dall’altra parte , la ricacciano; è sempre difficile accettare la realtà e soprattutto certe realtà.
Senza contare, che l’esposizione ad immagini di violenza vera, non mediata da quella che qui è stata chiamata finzione, trucco, può provocare sdegno, disgusto, assuefazione, fino ad ottenere l’ effetto opposto desiderato . Per questo motivo esiste LA COMUNICAZIONE VISIVA, sia essa pubblicitaria, che di propaganda, che istituzionale. Il messaggio costruito filtra la realtà per catturare quella attenzione che non si avrebbe alla stessa maniera, perchè la realtà è per tutti ” quella che è” , quella che si conosce, quella che fa anche comodo ignorare. E questa è la funzione dell’arte in genere.
Dici, a che serve per finta se c’e n’è già tanta vera di violenza se non a mettersi in mostra? Magari , appunto, perchè LA FINZIONE SERVE A METTERE IN MOSTRA .
” Forse risolve il problema?” Certo che non è LA soluzione. Perchè però non parlarne quanto più possibile? Perchè non affrontare il problema con ogni mezzo disponibile ?
Perchè tu ,allora, fai arte ? Perchè non esponi sassi al posto delle tue sculture scavate sulla pietra ?
Il fatto è , che nella nostra società demandiamo tutto alle associazioni, alle istituzioni, agli enti, ai partiti , allo Stato, tutto, deresponsabilizzandoci in prima persona come uomini , come cittadini, come simili, come vicini, come parenti, come conoscenti.
Scommettiamo che se la stessa campagna di sensibilizzazione fosse stata promossa da chi ora critica, non avrebbe avuto tante reazioni negative e sarebbe stata meglio digerita da tutti perchè aveva una veste di ufficialità?
Fare arte …. io lavoro la pietra e fare una maschera carnevalescha usando il problema delle donne personalmente lo trovo di bassa qualità e offensivo per chi ha il problema, che di certo non lo risolve, sensibilizzare significa educare il popolo maschile a rispettare la donna anche se secondo me la donna non lo é piu il sesso debole, forse alcune li usano per un vantaggio quando esisterà la parità forse non ci sarà piú il problema ma siamo ancora troppo incivili.
e una volta che si fa un’iniziativa utile e senza costi…cercate di porre l’attenzione su altre questioni più sostanziali invece di fare una cagnara inutile
@ Tamara Moroni, ritorni all’indirizzo:
https://www.cronachemaceratesi.it/2014/09/16/selfie-brutto-ninfa-cortigiani-questa-campagna-ridicolizza-il-problema/572164/#comment-163432
Rilegga i miei post e quelli di risposta di Enrico Serra, dietro il cui nick si nasconde un noto esponente politico detto anche Gengis Kan. Non le sarà difficile riconoscerlo. Poi è libera di crederci ma non sono il solo a conoscenza delle doti nickcamaleontiche del soggetto.
Ciro
e va bèh, pazienza, se è così sarà un problema suo. Preferisco concentrarmi sulle parole di Valentina quando riferisce le varie reazioni delle donne , delle vittime, che l’hanno contattata.
Javier
Chi ha parlato di maschere di carnevale ? E comunque, qualsiasi finalità d’utilizzo di una maschera allora dovrebbe offendere sempre qualcuno in qualche modo. Sensibilizzare non vuol dire risolvere, non ha questa pretesa, e non serve solo come dici ad educare gli uomini a non usare violenza sulla donna, vuol dire anche raggiungere le vittime per aiutarle ad uscire da uno stato di isolamento, farle sentire parte di un fenomeno più ampio di quello che si consuma sulla propria pelle, tra le proprie mura domestiche .
Ma io ho fatto un discorso un pò più ampio e generale sull’arte , la comunicazione, la divisione di ruoli nella società. Chi vuol capire , capisca. Per me, e chiudo qui che ho detto ormai tutto quanto avevo da dire, l’intervento della Contigiani in qualità di Presidentessa della Commissione pari opportunità, in questo contesto rappresenta bene il quadro della situazione in cui le istituzioni mostrano tutta la loro arroganza , nel senso letterale del termine.
Tamara…………… Ho espresso il io personale pensiero, ma la cosa positiva e che ne parliamo e si discute ( A questo serve l’arte gli artisti sono solo un mezzo dell’arte oggi ci sono domani non si sa ) forse già è un buon risultato risolvere il problema e molto difficile perché è una cosa molto profonda e raccoglie molte sfaccettature difficili da giudicare e capire chi lo vive lo sa bene, ma dire quello che si pensa serve anche ad altri a dire la loro sono piccole gocce ma prima o poi il bicchiere si riempe e anche altri faranno uguale basta la piccola goccia di ognuno di noi, ecco il motivo di non fermarsi al di la degli errori che si fanno piano piano si cambia. Anche le ragazze potrebbero usare gli artisti per dare amplificazione al messaggio lo sai che per il sociale sono sempre pronto e sono a costo zero.
Con l’aggettivo in inglese anziché in italiano questo selfie scuote ancor più potentemente le coscienze, se poi si aggiungerà un flash mob le coscienze verranno addirittura terremotate.
Ma chiamare le cose con il proprio nome invece di “inglecisizzare” tutto no?
Vi fa schifo dire autoscatto?
Ve pare de esse più strutti ?!?