di Maurizio Verdenelli
Su quella collinetta, il Montirozzo che domina alle spalle Collevario alto, in via Campanile, c’è un cippo tra le erbacce che risente degli ultimi 40 anni di pioggia, neve e sole. Segna, quel cippo marmoreo un po’ scolorito, un luogo importante della Resistenza maceratese, il punto in cui un bravo ufficiale, comandante provinciale dei carabinieri, venne falciato alle spalle da raffiche di mitra da ‘boia’ nazisti delle SS. I quali, poi, sorridenti si fecero una foto ‘celebrativa’. Il cadavere fu spogliato di tutto quello che di valore aveva addosso. Contemporaneamente nella casa che aveva lasciato, a Villa Potenza, dove fino a poco prima aveva vissuto giorni incerti con la moglie Maria e i tre figli, arrivarono altri militari tedeschi. “Sopraggiunti con un camion in compagnia di due losche femmine, trafugarono tutti i valori in oggetti e denari (oltre 40.000 lire) tutti indistintamente gli indumenti personali della vittima, suoi, della cognata, dei bimbi e financo l’intero corredino della piccola di appena 10 mesi” dice un rapporto di pochi mesi dopo quella tragedia. Fu l’ultima razzia degli occupanti tedeschi che sconfitti nella battaglia di Colbuccaro (che, chi scrive, fece emergere dal dimenticatoio della storia) abbandonarono Macerata il 30 giugno consentendo ai partigiani della banda Niccolò del comandante Pantanetti, d’issare il tricolore sulla città.
Una tragedia, quella del maggiore Pasquale Infelisi, praticamente dimenticata a Macerata se non fosse per la lapide che nessuno quasi legge all’ingresso della caserma maceratese, e dello ‘sfalcio’ annuale dell’erbaccia, a giugno, poco dopo la festa dell’Arma, in via Campanile. No, a Macerata nessuno quasi più ricorda il maggiore napoletano di 44 anni, trucidato su quella collinetta dopo essere stato preso in consegna dalle SS dall’ex Cras (il manicomio a Santa Croce) dopo essere stato arrestato dai fascisti per non aver aderito alla Repubblica di Salò. La più piccola dei suoi figli, Gabriella, era nata il 3 ottobre 1943, Silvana quattro anni prima, Giovanni, il maggiore, nel 1938.
Pasquale Infelisi
Fra qualche giorno, sabato 14 giugno alle 10, Giovanni Infelisi, con la sua famiglia, insieme con il vice comandante generale dell’Arma dei carabinieri, generale Tullio Del Sette (comandante del C.d.A Podgora e a capo dei carabinieri dell’Italia centrale) sarà al centro della cerimonia che a 70 anni di distanza ricorderà il sacrificio dell’eroico padre, medaglia di bronzo al valor militare, nel luogo in cui cadde colpito alle spalle.
Per giorni non si seppe nulla della fine dell’ufficiale dei carabinieri che le SS aveva detto, lasciando l’ex Cras, di voler imprigionare nel campo di Sforzacosta e che poi avevano fucilato sulla collinetta appena fuori Macerata. Nessuno si mosse per paura. Soltanto la fuga dei tedeschi diede animo e qualcuno cominciò a muoversi ad inizio estate, il primo luglio. Furono un cappellano militare del manicomio da cui era stato prelevato il maggiore e due partigiani, accompagnati da un contadino del luogo. E al Montirozzo alcuni segni sul terreno -anche e soprattutto un persistente un nugolo di insetti su terra smossa- fecero individuare la sepoltura di Infelisi. Nel 1975, il 30 giugno, essendo sindaco Giuseppe Sposetti, presente il colonnello Alfonso Vetrano (già collaboratore del comandante Infelisi) venne ‘scoperto’ il cippo poi ‘dimenticato’ nel verde e nella solitudine del ‘Montirozzo’ sul quale negli anni del boom si sarebbe allungata l’ombra dei nuovi palazzoni del quartiere-dormitorio di Collevario Alto.
Il tenente Andorfer (ultimo a destra), la bionda interprete e i due sottufficiali presunti autori della barbara uccisione del maggiore Pasquale Infelisi
“Che vengano pure, qui non entreranno, ci piglieranno tutti morti” aveva detto il maggiore Infelisi ai suoi Reali carabinieri del capoluogo e della provincia (dai quali era amatissimo) appena i tedeschi, il 16 settembre 1943 avevano preso il controllo dell’intero territorio. Il ‘contenzioso’ subito aperto con i gerarchi fascisti locali non aveva dato scampo al comandante provinciale dell’Arma costretto di lì a poco a congedarsi, pur di non aderire alla Repubblica di Salò. Poi un calvario senza fine, mentre da Villa Potenza Infelisi stava preparandosi a entrare nella lotta partigiana. L’arresto insieme con tutta la famiglia, la traduzione nei locali del manicomio, il generoso tentativo di liberarlo da parte dei carabinieri, frustrato in extremis da un secondino che poi lo avrebbe indicato ai suo ‘assassini’. Al processo l’agente si giustificò dicendo di aver così agito per timore che in caso contrario le SS gliela avrebbero fatta pagare: venne assolto. Queste le ultime tappe della via crucis dell’eroico maggiore, della cui fine Macerata fascista ha forti ombre sulla coscienza. Seppure ci siano stati, insieme con gli stessi carabinieri, due maceratesi, il direttore dell’ospedale prof. Baroni e il direttore del manicomio, dottor Balietti (tentò di celarlo agli aguzzini) che agirono con generosità.
L’ufficiale dei carabinieri non si sottrasse al suo destino. ‘Braccato’ dal secondino tornò fieramente sui suoi passi: “Sono io il maggiore Infelisi!”. Alla memoria gli è stata attribuita la medaglia di bronzo. Che non sia stata d’oro, molti si chiedono ancora il perché. Un altro schiaffo per il giovane uomo napoletano venuto a morire da eroe a Macerata.
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Non è stato l’unico Carabiniere a testimoniare l’attaccamento allo Stato unitario fino alla morte. Non ne sapevo nulla di questo Eroe. Il problema di dare una sistemata dignitosa dovrebbe essere compito dell’ANPI, insieme a quello di richiedere la medaglia d’oro al valor militare. Con i tempi che corrono, rimettere in evidenza i valori della Democrazia e la lotta che fu fatta per Essa è necessario per il nostro futuro.
Ringrazio dell’articolo Cronache Maceratesi e il nostro carissimo Maurizio Verdenelli.
Ma scherziamo? Medaglia d’oro SUBITO!! Ma chi è, oggi, querl’uomo che mette a rischio la propria vita per un ideale, pur avendo una famiglia e, quindi, tanto anzi, tantissimo da perdere? Ogni giorno bisogna ricordare le persone così, no leggere le storie di corruzione e peculato per 30 denari!