L’altopiano tremava, catastrofe senza fine
“Poi arrivò Giovanni Paolo II
e ci diede la forza di ripartire”

LA TESTIMONIANZA - Alla vigilia della canonizzazione di Papa Woityla, parla l'uomo simbolo della ricostruzione post sisma: Venanzo Ronchetti, ex sindaco di Serravalle, epicentro del tremendo terremoto del '97: "Fu lui a cambiare me e tutta quella gente che sembrava non dovesse avere più domani". E quella lettera a D'Alema per avere tremila miliardi in più
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Il Santo Padre acclamato dalla calorosa folla giunta dalle Marche e regioni vicine

Il Santo Padre acclamato dalla calorosa folla giunta dalle Marche e regioni vicine (Foto Guido Picchio)

di Maurizio Verdenelli

Miracolo sull’altipiano. Nella giornata più bella di un inverno che era stato precoce (ad ottobre la prima nevicata!) e terribile: l’inverno del terremoto umbro-marchigiano. Tutto in un giorno dove un sole incredibilmente caldo aveva sciolto la neve sul pianoro annunciando una primavera che non ci sarebbe stata. Sarebbe tornata la neve e il freddo dentro i container di lamiera nei villaggi spettrali sorti di qua e di là dal confine delle due regioni, dopo il settembre ’97.
Tuttavia quel giorno a Cesi, la catastrofe che pareva senza fine e che dovesse inghiottire i paesi tra Colfiorito e Serravalle, abituati a vivere di poco, la perenne miseria, le scosse infinite, tutto venne dimenticato.
Perché quella gente che sin dall’alba del 3 gennaio ’98, andava accalcandosi dietro le transenne (alla fine furono in settemila) e che veniva da Fabriano fino a Pesaro, aspettava qualcuno che avrebbe aperto il cuore alla speranza. Ancora di più delle pur generose promesse dei politici che facevano la spola tra Roma, Ancona e l’Altipiano.
E venne un uomo, vestito di bianco. “A bordo di macchinone blu, con circa mezz’ora di ritardo” ricorda Venanzo Ronchetti, allora sindaco di Serravalle di Chienti. Veniva da Annifo, frazione montana di Foligno, Giovanni Paolo II°. Poi sarebbe andato ad Assisi per stare tra la gente di Umbria e Marche, come 36 anni prima Giovanni XXIII° che uscendo per la prima volta dal Vaticano aveva visitato Loreto e quindi la città del Poverello. Roncalli e Woityla, insieme, domenica saliranno sugli altari.
Ricorda ancora Ronchetti, sindaco socialista dal 1992 al 2004: “L’avrei capito solo dopo, ma chiaramente che quel giorno era destinato a cambiarmi e a cambiare pure quella gente che sembrava non dovesse avere più domani. Non è forse l’origine dei miracoli nei cambiamenti?”

Foto di repertorio. L'abbraccio del Papa con il professor Giuseppe Giunchi, Sindaco di Serravalle per 16 anni che fu il medico curante del Santo Padre quando subì l'attentato

Foto di repertorio. L’abbraccio del Papa con il professor Giuseppe Giunchi, Sindaco di Serravalle per 16 anni che fu il medico curante del Santo Padre quando subì l’attentato

Cosa ha compreso?
“Il 25 maggio non sarò candidato sindaco del mio paese e quindi soltanto per questo motivo sono indotto a parlare e concedere quest’intervista. Se così fosse stato, sarei rimasto ancora nel silenzio. Tuttavia non posso più tacere alla vigilia della canonizzazione di papa Wojtyla. Un evento che mi commuove profondamente…”.
Un grande evento…
“Ancora di più per me. Sono passati sedici anni, le emozioni si stemperano ed emerge potente dentro e fuori di noi, la verità e la certezza di poter dire che quel giorno sull’altipiano accadde un miracolo”.
Cosa esattamente?
“Io ero stremato. Da tre mesi di continue emergenze, di riunioni fiume, di disastri, in definitiva del crollo della speranza perché sembrava che la situazione non si potesse sanare e fosse in dubbio la sopravvivenza stessa di Serravalle di Chienti, un paese ormai fantasma. Fisicamente ero distrutto: 90 giorni senza un vero riposo da quella notte del 26 settembre quando venni svegliato ed arrivai a Cesi distrutta. I bisogni della gente di 22 frazioni, disseminate su 97 km quadrati nell’epicentro del terremoto, erano infiniti. Poi c’era, fortissima, la necessità di affrontare la crisi pure sul piano dei rapporti con le istituzioni. Con Ancona, con Roma, occorreva cogliere al volo ogni possibilità, ogni risorsa anche a livello internazionale perché Serravalle, come Assisi era ormai al centro dell’attenzione mondiale. Occorreva, cioè, partecipare con autorevolezza a vertici con uomini non solo del calibro di Vito D’Ambrosio, presidente della Regione Marche (ricordo pure l’assessore Giulio Silenzi, sempre presente) e del capo della Protezione Civile, Franco Barberi, ma anche con protagonisti assoluti. Parlo di Romano Prodi, Massimo D’Alema, Giorgio Napolitano, allora ministro dell’Interno…”.

Ronchetti e il Papa - 1

L’allora sindaco Venanzo Ronchetti con Papa Giovanni Paolo II a Serravalle il 3 gennaio 1998

E lei?
“Io? Io ho avuto un negozio di parrucchiere e tuttora sono portalettere. Sono dovuto crescere in fretta, io. Dico sempre che sono nato adulto, per necessità… Ho lavorato sempre duro, senza fermarmi mai. Tuttavia quei 90 giorni ‘disperatissimi’ mi avevano lasciato il segno. Le forze erano sul punto di crollare, nonostante l’impegno e la voglia di tener duro. Era però chiaro: non ce l’avrei fatta”.
Allora?
“Avevo già preso la decisione di lasciare: un’altra settimana così non l’avrei sopportata. Rilasciai allora diverse interviste. Me ne sarei andato. Se non fosse giunta la notizia della visita papale, mi sarei dimesso entro l’anno. Tuttavia, come si faceva a rinunciare nell’accogliere Giovanni Paolo II°?”.
Cosa accadde perché lei cambiasse idea e diventasse il sindaco simbolo dell’intera ricostruzione post sisma di Marche ed Umbria?
“Il pontefice arrivò intorno alle 11. Lo accolsi con il presidente D’Ambrosio e con Barberi. Gli donai una targa in argento sbalzato che riproduceva la Madonna del Piano: la chiesa era stata rasa al suolo dal terremoto ed era diventata il simbolo della volontà di rinascita della gente. Il papa l’accarezzò a lungo con le dita, sembrò che silenziosamente pregasse. A Serravalle, lui donò la medaglia in argento del suo pontificato, allora il diciannovesimo”.
Dopo?
“Per questioni di sicurezza, assistemmo alla cerimonia molto distanziati dal papa. Che trascorse un’ora in mezzo ai terremotati: al centro dell’incontro ci fu come noto la visita ai coniugi Maria e Celestino Albani, nel container. Lo vidi, da lontano, anche avvicinarsi ad un gruppo di anziane e donare a tre di loro un rosario e ad una farle il segno della croce sulla fronte…”.
Ronchetti - Papa 7
Che accadde poi?
“Fu una mattinata indimenticabile. Il papa, già malato, era tuttavia stanchissimo. Si era concesso interamente all’abbraccio dei fedeli. Erano trascorse due ore dal suo arrivo. Non parlava mentre, accompagnato da noi, faticosamente faceva a piedi i cento metri che lo dividevano dall’auto blu per raggiungere l’elicottero ad Annifo. Ne approfittai per dirgli che a Serravalle per sedici anni, e fino ad un anno prima dell’attentato di Alì Agca (13 maggio 1981) era stato sindaco del paese, il professor Giuseppe Giunchi. Lui mi guardò intensamente con quei suoi occhi che spesso sostituivano in lui la parola. Ne sentii, dentro, l’immensa stanchezza, il dolore, la malattia. Ed insieme l’indomita volontà di non cedere. Di esserci sempre, per tutti. Mi prese la mano dicendo…’il professor Giunchi, il professor Giunchi…’ Wojtyla era profondamente commosso e toccato da quel ricordo. Era stato sempre grato al professore: era stato lui a salvarlo quando gli aveva fatto la diagnosi di infezione da citomegalovirus contratta per le trasfusioni di sangue cui era stato sottoposto dopo il ferimento. Senza quella diagnosi e le seguenti cure, il papa sarebbe morto. Il Vaticano, i cui medici brancolavano letteralmente nel buio, fece venire luminari anche dall’estero, ma Giunchi s’impose anche con rivoluzionarie che salvarono Giovanni Paolo II°. Quando ci lasciammo sull’altipiano pieno di sole, il papa mi guardò ancora con quegli occhi che mi scavarono l’anima. Allora capii… e divenni un altro uomo”.

Serravalle di Chienti - Visita dell'onorevole Aldo Moro. Da sinistra Danilo Carnevali, il maresciallo di scorta di Aldo Moro Oreste Leonardi, uccisio in Via Fani, la signora Giunchi, Aldo Moro, Giuseppe Giunchi, Alfredo Cro

Serravalle di Chienti – Visita dell’onorevole Aldo Moro. Da sinistra: Danilo Carnevali, il maresciallo di scorta di Aldo Moro Oreste Leonardi, uccisio in Via Fani, la signora Giunchi, Aldo Moro, Giuseppe Giunchi, Alfredo Crostella e Filippo Lucani

Cosa accadde poi?
“Ho i brividi mentre lo ricordo. Passarono giorni, settimane e pure anni. Quella stanchezza terribile eppure normalissima data la situazione, mi lasciò completamente. Ogni mattina, seppure dormisse non più di due o tre ore per notte, avevo forze ed energie freschissime. L’incontro con il papa, quello sguardo senza parole mi aveva trasmesso una forza impressionante. In me c’era ormai un altro Venanzo. Alle dimissioni da sindaco non pensai e mi gettai a capofitto nella ricostruzione dialogando a tu per tu con i Grandi. La situazione per tutti cambiò. Ciò che sembrava impossibile e destinato alla rovina si avviò a soluzione. Gradualmente l’altipiano tornò alla vita. Serravalle sembrava la piccola, grande capitale di quel ‘miracolo italiano’”
E’ vero che fece spendere a D’Alema tremila miliardi più del previsto per la ricostruzione di Umbria e Marche?
“Si, stando a quello che il premier disse e quello che  fece. L’episodio è noto. Davanti a tutti, in piena assemblea popolare D’Alema, rivolto a me, disse scherzando ma non troppo di temere una mia terza lettera. Con la prima gli avevo infatti …imposto la riconferma di Barberi a capo della Protezione Civile, con la seconda gli ero costato tremila miliardi di lire! Al Presidente del Consiglio avevo provato come fossero insufficienti i 5/6.000 miliardi stanziati per l’intera ricostruzione post terremoto nelle Marche ed in Umbria. Ce ne volevano almeno diecimila, secondo gli effettivi bisogni. E tremila miliardi in più furono trovati. Per la prima volta la provincia era ascoltata dalla Politica romana. Ho inoltre un grande ricordo di Napolitano che sarebbe venuto da Presidente della Repubblica a Colfiorito al decennale. Con lui ebbi diversi incontri decisivi per le risorse poi messe a disposizione. Apparivo spesso sui grandi giornali italiani ed una volta il TG2 aprii addirittura con una mia dichiarazione e il mio volto. Tuttavia quello che importava davvero era che tornava a rialzarsi un’intera popolazione colpita dal terremoto. E ci fu pure un concorso di generosità da parte di privati, gruppi, aziende editoriali, industriali (cito Diego Della Valle) che ci aiutarono a ricostruire il paese”.

Ronchetti e D'Alema

Venanzo Ronchetti con Massimo D’Alema (Foto Guido Picchio)

Il Santo Padre esce dal container dopo aver fatto visita ai due anziani Maria e Celestino Albani

Il Santo Padre esce dal container dopo aver fatto visita ai due anziani Maria e Celestino Albani (Foto Guido Picchio)

Qualche altro ricordo?
“Certo. Il segno che qualcosa di inspiegabilmente grande era avvenuto quel giorno a Cesi me lo diede mia madre Brandina, deceduta un anno fa a 99 anni. Finita la cerimonia, cui era stata accompagnata dai figli Giuseppina, Daniela e Giovanni, mi disse che il papa le aveva regalato un rosario segnandola con la croce. Pensai quasi ad un …attacco di Alzahmeir, da parte sua, non credendola. Ma le mie sorelle mi dissero che era andata proprio così. Quell’anziana che avevo visto da troppo lontano perché la riconoscessi era proprio lei! Un caso – il papa non sapeva che quella che benediceva era la madre del sindaco di Serravalle cui aveva stretto la mano poco prima – destinato anche a questo a toccarmi profondamente”.
E Giunchi?
“Il professore era morto nel 1987, avendo sempre nel cuore la natia Recanati e Serravalle di Chienti di cui dal 1964 all’80 era stato appassionato primo cittadino prima di essere battuto alle elezioni dalla lista di centrosinistra del socialista Arnaldo Quadrani. L’uomo che ha curato Capi di Stato (da Segni conosciuto a Sassari, a Saragat e Leone), statisti (Moro e Fanfani), papi (da Paolo VI a Giovanni Paolo II°) e scienziati (l’arch. Pier Luigi Nervi ha disegnato il palazzo comunale di Serravalle) è ‘tornato’ lo scorso anno nell’amata Dignano, il paese di sua moglie Amelia accanto alla quale ora riposa nella cappella di famiglia. Ricordo un giorno di sole, anche quello, in piazza, con Aldo Moro venuto ad inaugurare il monumento dei caduti e il sindaco Giunchi. Con Moro anche il suo capo scorta, il maresciallo Oreste Leonardi….”
Qualche anno più tardi nel marzo 78, sette mesi prima dell’elezione di Giovanni Paolo II°, Leonardi sarebbe stato il primo a cadere nell’agguato di via Fani mentre il corpo dello statista sarebbe stato rinvenuto 55 giorni più tardi in una R4 rossa. Quella di Filippo Bartoli, anche lui di Dignano. Le tragedie del mondo tornavano ad incontrarsi a Serravalle, lungo la tortuosa erta che porta all’altipiano di Colfiorito, antico crocevia del mondo.

***

LE CELEBRAZIONI – A Loreto una nuova statua di Giovanni Paolo II (leggi l’articolo).

In attesa dell'arrivo del Santo Padre, con il sottosegretario alla Protezione Civile Franco Barberi e con l'allora Presidente della Regione Marche Vito D'Ambrosio

In attesa dell’arrivo del Santo Padre, con il sottosegretario
alla Protezione Civile Franco Barberi e con l’allora Presidente della Regione
Marche Vito D’Ambrosio

 

Scambio dei doni con il Santo Padre. Da parte mia una riproduzione della Chiesa della Madonna del Piano completamente distrutta dal terremoto. Da >parte Sua una medaglia che ricorda i suoi venticinque anni di pontificato

Scambio dei doni con il Santo Padre. Da parte mia una riproduzione della Chiesa della Madonna del Piano completamente distrutta dal terremoto.
Da >parte Sua una medaglia che ricorda i suoi venticinque anni di pontificato

Ronchetti - Papa 6

Ronchetti - Papa 8

 

 



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