La Cassa di Risparmio di Loreto, controllata al 78% da Banca Marche e il resto dalla Fondazione di Loreto, potrebbe presto varare un aumento di capitale di cui non è nota con esattezza l’entità ma che potrebbe aggirarsi intorno ai 10-15 milioni di euro. L’ultimo Cda che si è tenuto in Carilo ha infatti rilasciato la bozza di bilancio 2013 che – principalmente a causa di accantonamenti sui crediti – si è chiuso in passivo, così come accaduto a molti istituti bancari. Di qui dunque la necessità di un aumento della patrimonializzazione dell’istituto, anche se lo stato degli impieghi di Carilo sarebbe ben diverso e migliore rispetto al portafoglio di Banca Marche la quale, in un anno e mezzo, ha effettuato rettifiche per oltre 1.2 miliardi di euro. Più di una voce ritiene infatti troppo severa per il piccolo istituto di credito di Loreto la rigida politica di accantonamenti imposta nel 2013 dal socio Banca Marche a Carilo, una politica che sarebbe simile a quella messa in atto per la capogruppo e dunque considerata eccessiva.
Se i pesanti accantonamenti e la successiva ricapitalizzazione di Carilo potrebbero rendere alla fine di tutto più solido l’istituto, tra i due soci non ci sarebbe identità di vedute su come procedere verso questo aumento di capitale. Da ambienti vicini a Banca Marche trapela infatti che la Fondazione Carilo preferirebbe un aumento che non contempli l’emissione di strumenti obbligazionari subordinati del tipo Upper/Lower Tier, obbligazioni che potrebbero essere emesse con tassi di interesse vicini al 15%. Rendimenti del genere, infatti, verrebbero valutati come possibile causa di un futuro appesantimento dei conti della controllata anche perché, da quanto trapela, Banca Marche potrebbe trovare le risorse necessarie alla sottoscrizione delle obbligazioni subordinate proprio da liquidità in qualche modo proveniente da Carilo stessa. Un’operazione quindi considerata vantaggiosa per la capogruppo ma svantaggiosa per l’istituto di Loreto e per il socio di minoranza.
Al di là degli aspetti tecnici ancora da definire, è da vari mesi che emerge una differenza di prospettive tra i due soci, con la Fondazione di Loreto più propensa ad una Carilo in grado di camminare con le proprie banche staccandosi – anche con l’intervento di nuovo partner e di un nuovo piano industriale – in qualche modo dal gruppo Banca Marche a cui si imputa poca chiarezza sulle strategie di rilancio per Carilo. In merito a possibili partner, ricordiamo come in passato vi furono diversi gli interessamenti per Carilo, a partire da quelli della Cassa di Risparmio di Fermo e di Fondazione Carima, per finire con quello della Popolare di Vicenza. Le trattative con la banca veneta – trattative che riguardavano anche una quarantina di sportelli di Banca Marche – si erano spinte fino all’apertura di una due-diligence ma, con il commissariamento, ogni ipotesi sarebbe congelata, presumibilmente per l’intenzione di Banca d’Italia di lasciare tutte le possibili opzioni sul riordino del gruppo nelle mani di chi interverrà nella ricapitalizzazione di Banca Marche.
A bilancio 2012, ricordiamo, il piccolo istituto aveva circa 630 milioni di impieghi con crediti deteriorati pari a poco meno dell’11 per cento, un capitale appena inferiore ai 60 milioni di euro e una buona liquidità dovuta all’ampia raccolta. E se una pecca della passate amministrazioni è stata quella di aver distribuito corposi dividendi ai soci piuttosto che ripatrimonializzare l’istituto – con i dividendi che in alcuni momenti sono arrivati a prendere anche il 70-75% dei ricavi, attestati in media tra i 6 e i 7 milioni di euro l’anno – dall’altro lato le erogazioni di Carilo nel settore edile risulterebbero quasi tutte inferiori a 1.5 milioni di euro. Una situazione dunque diversa da quella della capogruppo e da cui alcuni vorrebbero distinguersi. Altre frizioni, nel passato, si erano create poiché, durante le gestioni che hanno preceduto la direzione Goffi, parte della liquidità della Cassa di Risparmio di Loreto sarebbe finita alla capogruppo a tassi piuttosto bassi, forse inferiori a quelli di mercato.
Al momento la situazione in Carilo sarebbe comunque ancora fluida, con i prossimi giorni che diranno ciò che avverà.
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Non vi preoccupate a voi ci penza gazzani a sistemarvi!!!!
Ahahahahah
@regionemarche: si scrive Gazzani si legge Sabbatini. Non si confonda la lana con la seta…anche se la % di contaminazione è alta.
Da quanto si sa la Cassa di Loreto e’ sempre servita alla banca delle marche per approvviggionarsi utilizzando la raccolta che veniva fatta sul territorio, spendendo meno di quello che avrebbero speso se avessero dovuto rivolgersi al mercato interbancario. Il tutto a spese della minoranza, cioe’ a danno della Fondazione , allora la domanda e’ d’obbligo : MA I CONSIGLIERI DELLA FONDAZIONE DI LORETO PRESENTI NEL CONSIGLIO DELLA BANCA PERCHE’ NON HANNO TUTELATO GLI INTERESSI DEL LORO ENTE CHE LI AVEVA NOMINATI????
Bisogna tornare indietro, al completo e totale controllo statale delle attività delle banche ed alla specializzazione, perché così non funziona proprio!
http://www.scribd.com/doc/204361296/Legge-Bancaria-del-1936-1938-1940
http://www.scribd.com/doc/180620172/Regio-Decreto-Legge-22-dicembre-1927-VI-n-2574
http://www.scribd.com/doc/212600879/Regio-Decreto-11-giugno-1936-XIV-n-1067
http://www.scribd.com/doc/180620177/Legge-7-marzo-1938-XVI-n-141
http://www.scribd.com/doc/204360080/Legge-7-Aprile-1938-XVI-n-636
http://www.scribd.com/doc/180620166/Regio-Decreto-Legge-8-dicembre-1938-XVII-n-2152
http://www.scribd.com/doc/204397348/Legge-10-giugno-1940-XVIII-n-933
http://www.scribd.com/doc/204398077/Legge-3-Dicembre-1942-XXI-n-1752
La crisi economica internazionale degli anni ’30 si ripercosse anche sul sistema economico italiano determinando l’esigenza di una riforma integrale dell’attività bancaria.
Fu questo clima politico–economico che condusse all’emanazione del Regio Decreto Legge 12 marzo 1936–XIV, n. 375 (convertito con Legge 7 marzo 1938–XVI, n. 141), meglio noto come seconda legge bancaria, le cui principali novità erano:
— distinzione tra «enti raccoglitori di risparmio a breve termine» (detti anche aziende di credito) ed «enti raccoglitori di risparmio a medio e lungo termine» (o istituti di credito), cui corrispondeva una diversa disciplina;
— attribuzione del controllo sull’attività bancaria ad un Comitato di ministri, alle cui dipendenze venne posto un organo burocratico denominato «Ispettorato per la difesa del risparmio e per l’esercizio del credito», a capo del quale era il Governatore della Banca d’Italia, con poteri ampiamente discrezionali;
— riconoscimento alla Banca d’Italia della natura di ente pubblico.In tal modo si realizzava un sistema che consentiva al Governo interventi di politica economica attraverso la manovra del credito.
La caduta del regime fascista non condusse ad una radicale modificazione del sistema bancario italiano. Gli interventi legislativi si limitarono ad una redistribuzione dei poteri di controllo sull’attività bancaria tra gli organi di governo.
L’entrata in vigore della Costituzione repubblicana non determinò un mutamento d’indirizzo nella politica legislativa in materia bancaria. Infatti, negli anni ’50 e ’60 l’ordinamento bancario continuò a svilupparsi secondo le linee tracciate dalla legislazione dell’immediato dopoguerra: estrema specializzazione, assenza d’intermediari finanziari diversi dalle banche e rigorosa protezione nei confronti del mercato internazionale.