Dalla nostra lettrice Anna Maria Tamburri riceviamo:
«Dopo questo inverno che non è stato inverno (e già questo dovrebbe farci riflettere su quale futuro ci stiamo preparando), si sta avvicinando una primavera che sarà meno profumata, colorata e gorgheggiante rispetto alle precedenti. E’ così da tempo, quasi un infausto presagio, ma il nostro sguardo che non si sofferma sulla natura e il nostro udito abituato ai rumori, non alle melodie, probabilmente non se ne sono accorti. Quando ho cominciato a insegnare, ancora fresca degli ideali pacifisti ed ecologisti sessantottini, lessi con i miei studenti un brano tratto da “Silent Spring” (Primavera silenziosa) di Rachel Carson sui primi effetti dell’abuso irrazionale della chimica nelle campagne americane, e fu amore (e dolore/terrore) a prima vista:
“C’era una volta una città nel cuore dell’America dove tutta la vita sembrava scorrere in armonia con il paesaggio circostante … d’improvviso un influsso maligno colpì l’intera zona, ed ogni cosa cominciò cambiare … dappertutto aleggiava l’ombra della morte … giunse per i meli la stagione della fioritura, ma le api non danzavano più fra le corolle; non vi fu quindi impollinazione e non si ebbero frutti … i bordi delle strade, prima tanto attraenti, erano adesso fiancheggiati da una vegetazione così brulla ed appassita che sembrava devastata da un incendio … nessuna magia, nessuna azione nemica aveva arrestato il risorgere di una nuova vita: gli abitanti stessi ne erano colpevoli…”.
Da allora molto tempo è passato e gli ammonimenti della Carson sono stati sempre più disattesi. Percorrendo le strade del nostro territorio, salta agli occhi il degrado di un paesaggio, che tanto affascina (o meglio affascinava) i forestieri : alberi malati, alberi tagliati, scarpate franose depauperate della loro vegetazione originaria così rigogliosa e profumata a primavera, fossi lungo le strade non puliti o addirittura inesistenti con conseguenti allagamenti, appena si ha una pioggia un po’ consistente.
La pulizia dei fossi e delle scarpate non viene fatta più come una volta accuratamente da contadini esperti e a sfalcio, ma sbrigativamente con mezzi meccanici distruttivi e col micidiale diserbo chimico; a volte poi la superficie dei campi arriva fino alla linea dell’asfalto, con ovvi straripamenti di fango e acqua. Scomparsi dalle scarpate biancospini, vitalbe, caprifogli, ginestre, robinie ecc… rifugio e alimento per tanti animali e per noi umani generosi donatori di bellezza e profumo (senza trascurare qualche prelibatezza come la frittata ai viticchi!). Gli alberi si possono ammalare, si sa, ma perché sempre più specie e sempre più frequentemente?
Prendiamo le querce, queste meravigliose regine del nostro paesaggio. Delle scampate alle stragi dei decenni passati, quelle lungo le strade come possono resistere all’asfalto che gli arriva al tronco e toglie alle radici sostanze minerali e acqua (alcune sono persino costrette dentro una limitata quanto ridicola aiola; forse chi l’ha fatta se n’è pure vantato!), a quei mezzi meccanici di cui parlavo sopra che non puliscono ma devastano (arrivando anche a strappare pezzi di corteccia), all’avvelenamento chimico?
Inoltre, con le altre sorelle che sopravvivono isolate nei campi o in rari filari lungo i fossati di confine o in qualche zona urbana sfuggita alla voracità dell’edilizia, sono soggette al soffocamento causato dall’espandersi dell’edera fino al culmine della chioma (che vi sparisce sotto lasciando solo qua e là qualche ramo defogliato, mani scheletriche che si levano verso il cielo a chiedere aiuto o vendetta); edera che incide nei tronchi solchi profondi, dolorosi solo a vedersi; edera che quasi nessuno, né privato né operaio (di amministrazioni, enti, consorzi e quant’altro), si preoccupa di togliere o controllare con una semplice operazione di seghetto. Di conseguenza, più la pianta è debole, meno resiste all’assalto di insetti nocivi.
Questione di competenze incompetenti o di incuria o di malinteso ambientalismo o di che? Queste a getto le mie supposizioni da “non addetta ai lavori”.
Ma, informandomi su documenti di autorevoli “addetti ai lavori”, mi accorgo che in pentola bolle ben altro. Vi invito ad andare su Google e digitare: Piero Bevilacqua Bandiamo i diserbanti – Fabio Taffetani Ma quali dolci colline e Primavera silenziosa (sono vari articoli con foto brutali quanto brutale è l’azione dell’uomo; si parla del territorio di Ancona, ma mi conferma il prof. Taffetani che in quello di Macerata c’è la stessa situazione). Da questi poi il percorso è lungo; qualcuno ribatterà che sono datati, ma, come dicevo all’inizio, niente è cambiato. Infine, una rivista online da consultare per le tematiche e le proposte interessanti è “ Labsus – laboratorio per la sussidiarietà”.
In conclusione, la crisi dell’Italia non è solo economica, è soprattutto crisi della Bellezza e del Bene (individuale e comune), dell’amore per il prossimo e per la natura, della responsabilità, della giustizia ma soprattutto della misericordia (verso noi stessi e tutti i viventi). Argomenti che riempiono i discorsi di Papa Francesco: ma non c’è mai stato un uomo tanto osannato quanto inascoltato, a parte Gesù! Di una crisi del genere, come dice la Carson, “gli abitanti stessi ne erano colpevoli”.
Ripropongo quindi l’appello del prof. Taffetani: “Chiedo ardentemente a politici, amministratori, responsabili di uffici territoriali ambiente, agricoltura, turismo, sanità, personale dei parchi, attivisti delle associazioni naturalistiche, ambientali e culturali e cittadini tutti, che sono sensibili al problema, di intervenire personalmente (anche con una semplice nota di protesta indirizzata ai rappresentanti della Provincia e della Regione) affinché questo processo di autodistruzione venga quanto prima interrotto e vengano evitati ulteriori danni.”
E per cominciare, muniamoci di un seghetto e salviamo le querce».
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Complimenti vivissimi per l’appassionata difesa della natura.Grazie!
Grazie Anna Maria per la tua sensibilità. Anche io sono anni che osservo il progressivo degrado del nostro patrimonio arboreo e paesistico. A preoccupare in particolare è appunto la situazione delle querce, questa splendida specie che, da sottolineare, caratterizza il nostro bel paesaggio marchigiano. Agire subito attraverso semplici norme regionali, coinvolgendo corpo forestale e proprietari dei fondi. La quercia non rappresenta solo una specie vegetale, ma la storia stessa dell’ambiente in cui è collocata. Fare in fretta, facciamo adottare una quercia ad ogni classe scolastica, nel proprio territorio di competenza.
Robinie scomparse dalle scarpate? Magari. A me sembra che ormai la Robinia e l’Ailanto la facciano da padroni. Ah, signori ambientalisti, la superficie italiana è per più di 1/3 coperta da superficie boscata. Sono d’accordo a salvaguardare la Roverella, ma dovremmo anche imparare a sfruttare meglio il nostro patrimonio boschivo. Purtroppo i nostri prof. alle elementari e varie campagne di pseudo-sensibilizzazione ci hanno insegnato che taglio del bosco = disboscamento. Una puttanata colossale.
Il nostro paesaggio è apprezzato dai visitatori di tutto il mondo e c’è chi lo ha definito, non a torto, ancora più bello di quello, celebratissimo, della Toscana. Potrebbe essere fonte di occupazione per le future generazioni e invece c’è chi, stoltamente, ce la mette tutta per distruggerlo. Gli alberi si abbattono per fare posto a strade e inutili capannoni. Le colline si stanno spogliando della vegetazione che contribuiva ad evitare frane e smottamenti; le pianure vengono coperte di cemento poi, quando la Natura cerca di riappropriarsi del proprio corso, si invoca la “calamità naturale” che di naturale non ha proprio nulla essendo le cause solo umane. Per tornare al caso specifico delle querce abbiamo visto che gli Enti pubblici in primis (Comuni, Provincia) sono quelli che più si sono messi d’impegno a distruggere questo patrimonio arboreo che abbiamo ricevuto in eredità dai nostri avi ma che non siamo stati in grado di trasmetterlo alle generazioni future. Solo per fare un esempio la Provincia ne abbattè una decina, in una volta solo, lungo la Macerata-Piediripa. Spero che l’accorato appello della signora Tamburrini venga accolto in pieno e si possa avere un’inversione di quella insana tendenza che siccome la quarcia è un essere “ingombrante”, è meglio toglierlo di torno o tagliandolo alla radice o lasciarlo soffocare dall’incuria.
Anche quelle che girano l’Italia in 500 e fondano i CLOB? ah scusate avevo letto CERQUE.
E’ tutto tristemente vero quello che scrive la signora Tamburri, però credo che debbano essere fatte altre considerazioni in merito all’argomento della tutela della specie arborea della quercia. Purtroppo in passato si è lasciata gestire la legislazione in materia di tutela delle specie arboree dai soliti “ambientalisti della domenica” esasperando la norma nel senso del divieto di qualsivoglia intervento. Le querce non dovevano in nessun modo essere toccate, nemmeno per interventi di potatura e normale manutenzione a tutela delle stesse. Il fatto di rendere intoccabili queste piante ha fatto si che si insinuasse nella mente degli operatori un pensiero malsano per cui non era assolutamente consigliabile piantare o allevare una pianta di quercia tanto da annientare ogni nuovo germoglio delle stesse. Quindi tutela assoluta di piante vecchie e destinate presto alla fine (data anche l’impossibilità di interventi manutentivi) e nessun incentivo al rinnovo della specie. Sono poi dell’avviso che non si può fermare il progresso o deviarne maldestramente il percorso per salvare una pianta. Ciò non significa abbattere indistintamente tutto quello che si incontra sul nostro cammino, ma nel caso in cui ce ne sia il bisogno rimuovere quello che impedisce di realizzare il bene comune. Quello che purtroppo non si fa ed invece sarebbe fondamentale realizzare è invece obbligare gli interessati all’abbattimento di una pianta al reimpianto ed alla cura di almeno altre 10 della stessa specie, questo sicuramente consentirebbe di avere specie arboree rinnovate, sane e non di ostacolo ad uno sviluppo sostenibile.
ma non sono protete da alcuni decenni ste querce?nn mi risulta sia indolore tagliare una quercia.le pene sono pesanti già!!
Cara Anna Maria, lascia un recapito, creiamo un comitato per la difesa della quercia.
Il mio indirizzo di posta elettronica è questo: [email protected]
Invito tutte le scuole maceratesi ad adottare la quercia secolare che si trova dietro la nuova caserma della Polizia. Vicino all’albero c’è un cartello interessantissimo.
Mi rivolgo con grande stima ed affetto al mitico maestro Pippo ed alla stimatissima prof. Tamburri. Due insegnanti di cui oggi sfrutto ancora i loro insegnamenti e porterò nel cuore a vita. . .un unico dispiacere e rammarico mi vien da esprimere; quando noi nipoti e figli di contadini raccontavamo come i nostri nonni ci insegnavano a difendevano l ambiente, tenendo puliti i fossi tagliando roghi, provenendo le frane nei campi facendo solchi trasversali etc etc. . . Voi ci rispondevate che ne avremmo pagate le conseguenze essendo manutenzioni errate ed esagerate. . . Ed ora?!?! Troppo tardi forse? Speriamo di no!!! Un abbraccio a due cari maestri di vita seppur un po troppo filosofici e meno pratici!!
Una fonte inesauribile di lavoro/reddito potrebbe essere rappresentata dal turismo.
In tutta Italia (ed anche specificatamente nelle Marche) ci sono tanti luoghi da visitare, tanti castelli da vedere, tante feste (sagre, ricorrenze, ecc.) a cui partecipare, tanti locali carateristicdi in cui mangiare bene, tanti paesaggi che sdembrano usciti da una fiaba, ecc. ecc. ecc….
Tra l’altro la popolazione è ancora, complessivamente, molto amichevole.
…
…
Anche il più cretino degli amministratori, del più disgraziato Stato, comprenderebbe le enormi possibilità derivanti dal flusso (monetario) che può portare il turismo.
Quindi il più cretino degli amministratori tutelerebbe il paesaggio, stimolerebbe l’iniziativa privata (hotel, residence, guide, percorsi naturalistici, bici, ecc. ecc. ecc.) salvaguarderebbe ogni più piccolo pezzetto di territorio (i fotovoltaici o li piazzi sui tetti dei capannoni o nulla, il biogas speculativo te lo dico io in che posto te lo devi mettere.. e sono disposto ancvhe a spingertelo dentro gratis), si preoccuperebbe di “tenere in ordine” i fiumi, i laghi, le infrastrutture (strade, ponti, ecc.).
{{{{e, già che ci siamo, controllerebbe i soliti furbetti che, alla vista del turista straniero, moltiplicano i prezzi, abbassano la qualità del servizio, dimenticano di fare la fattura con la conseguenza che il turista raggirato farà cattiva pubblicità una volta tornato a casa..}}}}
…
…
Risulta quindi, evidente, che i nostri amministratori dovrebbero andare ad imparare il mestiere da quell’ipotetico imbecille di amministratore (dello Stato estero) che, con la metà di quello che abbiamo noi (storia, cultura, alimentazione, ecc.) produce una ricchezza di 5 o 6 volte superiore alla nostra…
Per Aladino De Valleverde: ringrazio di cuore per la stima e il ricordo, la ricompensa migliore per chi insegna. Mi piacerebbe sapere chi sei; se sei disposto a rivelarti, Cronache Maceratesi ha il mio email. L’inganno del nome di omerica memoria a volte può far comodo a volte si frappone a un libero scambio di idee. Io sono della vecchia scuola ante-internet. Sinceramente non ricordo questa mia avversione alle tradizioni agricole di cui parli, ma ammetto che mentre gli anni aumentano, la memoria diminuisce! L’importante comunque è mai arroccarsi sulle proprie posizioni, ma essere sempre curiosi e disposti ad imparare; dicono anche che così si invecchia di meno. Certo la mia visione del mondo può apparire “filosofica” o, aggiungerei, poetica; ma, come diceva Paolo VI, “Vi sono epoche in cui l’unico realismo è quello dell’utopia”. Una è certo l’attuale e, come sostengono uomini di ingegno ben più alto del mio, attualmente il mondo, ridotto all’estremo dagli “uomini grigi” di Ende o dal “Magisterium” di Pullman (o da….di scrittori/profeti ce ne sono tanti!), ha più che mai bisogno di sognatori. Ricambio l’abbraccio, chiunque tu sia
Cara Anna Maria,
mi fornisca il suo indirizzo di posta elettronica che le debbo comunicare una cosa.
Il mio è questo: [email protected]
Mi permetto di suggerire anche il “Guerrilla Tree Seeding”: se vi capita di trovare delle ghiande (ma funziona anche con le ippocastagne) raccoglietele e spargetele negli spazi verdi/incolti !
Se invece volete piantare alberi senza raccogliere “roba” in giro, si può fare facilmente coi semi degli agrumi che avete in casa.
Cara prof sono uno dei motivi di alcuni suoi capelli bianchi, questa è la certezza che le posso dare!!! Cercherò di mettermi in contatto con lei quanto prima!!! A presto!!!
Le Marche sono state tra le prime regioni italiane a dotarsi di leggi sulla protezione del patrimonio verde, floristico, e vegetazionale.
Nel lontano 1973 uscì la L.R. 22 febbraio 1973, n. 6 “Prime disposizioni per la salvaguardia della flora marchigiana”, con un primo elenco delle specie arboree protette
L’anno dopo, usci la legge L.R. 30 dicembre 1974, n. 52 “Provvedimenti per la tutela degli ambienti naturali” con l’istituzione delle Aree Floristiche Protette (che tutt’ora esistono e che sono abbastanza rispettate anche normativamente parlando).
Passarono gli anni, e tra modifiche e successioni arrivarono negli anni 80,
L.R. 13 marzo 1985, n. 7 Disposizioni per la salvaguardia della flora marchigiana (Con elenco aggiornato degli alberi protetti.); modificata, l’anno dopo L.R. 10 gennaio 1987, n. 8 Modificazioni alla L.R. 13 marzo 1985, n. 7 riguardante: “Disposizioni per la salvaguardia della flora marchigiana”.
Oggi si fa riferimento alla L R. 23 febbraio 2005 n .6, la Legge Forestale regionale, facilmente reperibile anche on line. Ci sono utili informazioni aggiornate sulle piante protette, sanzioni, compensazioni ecc ecc che forse i nostri amministratori locali e non, dovrebbero maggiormente considerare. A vantaggio del nostro patrimonio verde inteso nella sua totalità, querce comprese. Una quercia secolare per me ha lo stesso valore della Gioconda.
Sono anni che cerco di sensibilizzare le persone su questo argomento, devo dire che burocraticamente sono tutti in regola cioè a non toccare la quercia, mi chiamano “la donna della quercia”
Vorrei tanto fare qualcosa per rivedere queste grandiose piante senza il peso di questa edera che ha un effetto di soffocare la pianta, ogni volta che ne libero una sembra che la pianta mi ringrazi.