di Maurizio Verdenelli
«Quella era una balla così colossale da diventare alla fine quasi vera a forza di raccontarla, un mito nato in quegli anni indimenticabili di ‘Briscoletta and friends’. Figurarsi, diceva mio padre, ‘neppure con una mazza spaccapietre’ puoi rompere la mascella ad un cavallo! Poi lui… che amava tantissimo gli animali. In ogni caso mi raccontò più volte di quella ‘balla’ che Pietro amava dire su di lui, per esemplificarne la grande forza fisica». Così Mauro Perugini parla di suo padre Carlo deceduto qualche settimana fa (oggi avrebbe compiuto 86 anni) a distanza di tre lustri dalla scomparsa dell’amico di una vita: Pietro Baldoni, alias Briscoletta, che chi scrive ha ricordato su Cronache Maceratesi nei giorni scorsi (leggi l’articolo).
Il cavallo, Perugini, in realtà ce l’aveva avuto per anni nella sua proprietà di campagna insieme con i cani tutti allevati con amore e feeling. «La foto che ha scelto lui stesso da mettere sulla lapide lo ritrae con un cagnolino in braccio, l’ultimo. Aveva avuto anche una volpe, allevata da cucciola e buona come un cagnolino, ma sopratutto per i canarini aveva una vera passione portata avanti sino a poco tempo fa. Con il pittore Paolo Magri Tilli, amico di sempre, condivideva un locale in vicolo Cassini dove ‘incrociavano’ centinaia di canarini. Alcune foto a casa di mia madre raccontano anche di premi a mostre nazionali” ricorda ancora Mauro Perugini. Carlo si era fidanzato a 22 anni e l’anno dopo era sposato dicendo addio ad una vita di gruppo che fece la storia degli anni 50 di una città uscita dalla guerra. Erano tutti ventenni (ed anche meno) lui, Briscoletta, Cesarino ‘and friends’ ed amavano stare assieme e divertirsi senza tirarsi indietro se ci scappava qualche scazzottata, in particolare contro i militari polacchi che andavano a ballare e gli ‘fregavano’ le ragazze. Da quell’eterno conflitto tra i ‘maceratesi’ della via Paal e i nuovi ‘conquistatori’ (alcuni dei quali misero su famiglia nel capoluogo) nacque la leggenda di ‘Carlo mattu’. Teatro del laicissimo e turbolento ‘battesimo’ fu al solito la ‘piazza’: il centralissimo vicolo Ferrari. Dove alcuni polacchi stavano picchiando un anziano che aveva venduto loro un barattolo di sigarette risultate -ahinoi!- ‘tagliate. Il malcapitato mariuolo ‘vendeva’ le ‘cicche’ in una scatola metallica tonda che spesso era riempita per metà di sigarette e per l’altra di segatura. “Mio padre abitava in un appartamento all’ultimo piano del vicolo e vedendo la scena intimò senza paura al gruppo di lasciare stare l’anziano. Il quale veniva picchiato selvaggiamente pure dopo che era finito a terra per la violenza dei colpi.
Al pestaggio assistevano altri maceratesi che si guardavano bene dall’intervenire. Ed allora lui saltò addirittura dalla finestra: atteggiamento da ‘Rambo’ si direbbe oggi. Alla ‘maceratese’ si disse invece: ‘da mattu’” ricorda ancora il figlio. Tuttavia Carlo dopo quel salto dall’ultimo piano, finito in mezzo al gruppetto dei picchiatori, li mise letteralmente in fuga a suon di pugni. Non aveva ancora 18 anni, il giovane Perugini: fu una giornata leggendaria per lui. La fama (per averle date a quei ‘liberatori’ visti con un po’ di livore per l’eccesso di successo con le ‘ragazze’ e talvolta per la supponenza) e il conseguente nomignolo ‘mattu’ non l’avrebbero più lasciato!
Quell’irascibile ‘Bracciodiferro’ maceratese era anche tenerissimo, abbiamo visto. Una sensibilità d’animo che non era testimoniata soltanto per l’amore verso gli animali ma anche per la musica, amatissima. Del gruppo di quei simpaticissimi ‘rissosi’ dal cuore buono, terrore di ogni locale della provincia maceratese e dintorni, ‘Carlo mattu’ era il ‘musicista’. Suonava la chitarra, le ‘voci’ erano quelle di Cesarino ‘Il Toscano’ e di ‘Briscoletta’. Avevano buona fama tanto da essere chiamati a cantare serenate. ‘In memoria di tale passato non c’era compleanno di mio padre che Pietro non si presentasse, in mano la bottiglia di Vernaccia. E dopo pranzo, ecco il momento fatidico ed atteso del concerto” dice Mauro Perugini. Nume musicale tutelare, Luciano Tajoli che Carlo adorava tanto da riuscire ad ospitarlo a casa sua in campagna. Numerose foto immortalano la sera indimenticabile cui Pietro non riuscì ad intervenire per un impegno, come si direbbe ancora oggi, improrogabile. Di quella assenza di rammaricherà per anni. In ogni caso i ‘concertini’ tra gli amici di un tempo, rimasero. Come testimonia la foto a corredo di questo articolo: Pietro ispiratissimo e Carlo ‘mattu’, più scanzonato e professionale, alla chitarra. Cesarino? Non c’era più da tempo avendo preceduto come faceva, sempre vinto dall’irrequietezza, il gruppo degli amici, ‘al solito posto’: quello dell’anima e di una giovinezza ‘scandalosa’ ed irripetibile.
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eravamo seduti fuori casa nel quartiere case popolari, tutta l’estate, lui si avvicinava, portandosi dietro la sedia, e ci raccontava la sua storia di pugile, e tante altre cose, cio’ che mi ha sempre colpito in carlo e’ la sua unamita’, il suo senso di dare ad altri un po’ di allegria, il voler stare in compagnia, sicuramente vi erano i segni dell’eta’ ma era simpatico e socievole. due mani che raccontavano solo guardandole una storia, passata ma non dimenticata. ciao Carletto io ti ricordo cosi’ un gentiluomo. ciao carletto