Quindici anni fa, Briscoletta

Il 'primo fotoreporter' maceratese venne travolto ed ucciso da un'auto a Villa Potenza, all'alba del 31 ottobre 1998. Dopo di lui un grande gruppo di 'cronisti per immagini' che tramandano, come lui fece, la memoria di un territorio
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Briscoletta (2)

Pietro Baldoni con l’amico Jimmy Fontana ed Andrea Valentini allo stadio per seguire la Maceratese

 

di Maurizio Verdenelli

All’alba del 31 ottobre di 15 anni fa vittima di un incidente stradale a Villa Potenza moriva Pietro Baldoni “il fotoreporter di Macerata”. Una potente auto lo dilaniò letteralmente quasi difronte alla chiesa parrocchiale e il conducente -pare non si fosse accorto di nulla al momento- proseguì salvo ritornare qualche ora dopo, quando a Macerata la notizia era intanto dilagata.  Ultimo di una ‘stirpe’ nata con i Balelli -Carlo, fante al fronte, fu il grande ‘cronista per immagini’ della prima guerra mondiale- Pietro (ri)lanciò il ‘genere’ aprendo la strada con Alfonso ‘Fofo’ Gentili ad una pattuglia di bravissimi fotoreporters full time (macchina fotografica e cinepresa i loro strumenti) che si chiamano ora Carlo (figlio di Alfonso), Fabio, Pier Paolo, Lucrezia, Roberto, Gabriele e che ha in Guido Picchio -attualmente in Afghanistan-uno dei protagonisti più noti.

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Giugno 1993. Papa Wojtyla in una bella immagine di Guido Picchio. Pietro, fotoreporter, è ritratto di spalle mentre si solleva alla sua maniera sulla folla per una ‘migliore inquadratura’

Pietro apparteneva tuttavia, per diritto di famiglia (il padre Mario, alias Fotocelere alias Briscolfoto) alla genealogia dei fotografi artisti nati e cresciuti a Macerata: dagli stessi Balelli a Ghergo, a Morichetti arrivando via via a Cherubini e Tabocchini. A quest’ultimo si deve il bel ‘ritratto’ dello stesso Briscoletta ‘in piena azione’, cappello con la visiera all’indietro. Una tale ‘fioritura’ meriterebbe di essere ricordata dall’ala culturale dell’amministrazione, non fosse altro che proprio 15 anni fa, alla morte di Pietro, il consiglio comunale all’unanimità deliberò di ricordare lui ‘and friends’ in una qualche maniera duratura. E qualcuno propose, un vicolo, un angolo, un giardino (da curare perfettamente tuttavia, perché Pietro non amava le erbacce che ‘il comune non ripulisce mai’) da intitolare a chi tramanda con il proprio lavoro la memoria, la gente e il territorio.


A Macerata all’inizio del ‘verbo fotografico’… fu la botteguccia ‘Fotocelere’ in piazza Mazzini
, caratterizzata dalla minuscola porta-vetrina tempestata da una serie di foto-ricordo che a causa degli anni trascorsi non invano, avevano preso un floreale color seppia. Ricorda lo storico Libero Paci: “Il sor Mario trascinava i fotografandi nel retrostante Vicolo dello Sferisterio dove accanto all’edificio gratificato dal fascinoso cartello ‘Latrina pubblica’ faceva lampeggiare il magnesio sugli occhi attoniti dei clienti. Il figlio Pietro lasciata la ‘vuttichetta’ con la bella macchina fotografica acquistatagli dal padre dilagò all’aperto ed aumentò la leggenda dei Briscoletta”. Pietro lavorava, disdegnando i classici servizi per cerimonie, lavorava soltanto per i giornali: Il Resto del Carlino prima e per 30 anni fin quasi alla sua morte, Il Messaggero. Aveva deciso di vivere così: in modestia ma da uomo libero. Un cronista vero. Quanti potenti strappati dalle loro solenni liturgie, dal finto buonismo! “Bravissimo pure come autore della foto di sport. Uno dei pochi a cogliere l’attimo del gol senza fallire un colpo, avendo un rullino striminzitissimo a causa dei pochi soldi in tasca” ricorda Romolo Sardellini. Protagonista di ogni campo. Anche del calcio. Con Maradona, ad esempio, aveva avuto un clamoroso diverbio per una “posa” mancata al Comune di Macerata.
623_pietro_baldoni_briscoletta_1Non solo divinità del calcio e no, papi, presidenti della Repubblica, grandi scoop (fu lui a pubblicare in esclusiva la foto del piccolo Isidori la sera della sua scomparsa) fotografò Pietro in oltre mezzo secolo d’attività ma anche e sopratutto intere generazioni di concittadini avendo nel cuore sempre Macerata e il suo borgo, lo storico quartiere delle Casette, amatissimo pur nella sua leggendaria plautina facezia. Ha scritto Luciano Magnalbò: “Pietro il Grande, lo Zar delle Casette, è stato forse fatto morire come era conveniente morisse, vestito da cacciatore per andare a caccia, con il cane tra i piedi, la sigheretta in bocca alla spavalda e la luce dell’alba negli occhi”. Otto anni fa l’editore Pierino Bellesi gli dedicò un volumetto, ora introvabile “Pietro! Briscoletta & friends nella Macerata del dopoguerra”. Al quale collaborarono in molti. Tutti i suoi amici. Tra questi il poeta Mario Monachesi che gli ha dedicato questa volta un bellissimo collage -genere che ebbe in Briscoletta uno dei suoi ‘patres’ maceratesi- che pubblichiamo.

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Per Pietro l’amicizia veniva per importanza prima dell’amore. E credeva all’assoluta fedeltà di questo sentimento. Ricambiato. Così accadde che l’amico di una vita, Cesarino Bellucci (detto ‘Il Toscano’ per discendenza paterna) mitica figura tra gli anni anni 50-60 a Macerata, gli avesse promesso, morendo prematuramente, che ‘si sarebbero rivisti’. Accadde così che un paio di settimane prima di essere travolto ed ucciso, Pietro a chi scrive raccontò di uno strano sogno fatto la notte prima: “Cesarino (che non aveva mai sognato nei 20 anni intercorsi dalla sua morte ndr) mi è venuto incontro facendomi un cenno: ora sarebbe toccato a me”. Con un po’ di timore per la ‘profezia’, Pietro aveva colto negli occhi dell’amico un lampo a lui ben noto: ironico ed affettuoso insieme. Comprese allora che il suo tempo era finito e che “tutti noi abbiamo un destino”.



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