di Maurizio Verdenelli
All’alba del 31 ottobre di 15 anni fa vittima di un incidente stradale a Villa Potenza moriva Pietro Baldoni “il fotoreporter di Macerata”. Una potente auto lo dilaniò letteralmente quasi difronte alla chiesa parrocchiale e il conducente -pare non si fosse accorto di nulla al momento- proseguì salvo ritornare qualche ora dopo, quando a Macerata la notizia era intanto dilagata. Ultimo di una ‘stirpe’ nata con i Balelli -Carlo, fante al fronte, fu il grande ‘cronista per immagini’ della prima guerra mondiale- Pietro (ri)lanciò il ‘genere’ aprendo la strada con Alfonso ‘Fofo’ Gentili ad una pattuglia di bravissimi fotoreporters full time (macchina fotografica e cinepresa i loro strumenti) che si chiamano ora Carlo (figlio di Alfonso), Fabio, Pier Paolo, Lucrezia, Roberto, Gabriele e che ha in Guido Picchio -attualmente in Afghanistan-uno dei protagonisti più noti.
Giugno 1993. Papa Wojtyla in una bella immagine di Guido Picchio. Pietro, fotoreporter, è ritratto di spalle mentre si solleva alla sua maniera sulla folla per una ‘migliore inquadratura’
Pietro apparteneva tuttavia, per diritto di famiglia (il padre Mario, alias Fotocelere alias Briscolfoto) alla genealogia dei fotografi artisti nati e cresciuti a Macerata: dagli stessi Balelli a Ghergo, a Morichetti arrivando via via a Cherubini e Tabocchini. A quest’ultimo si deve il bel ‘ritratto’ dello stesso Briscoletta ‘in piena azione’, cappello con la visiera all’indietro. Una tale ‘fioritura’ meriterebbe di essere ricordata dall’ala culturale dell’amministrazione, non fosse altro che proprio 15 anni fa, alla morte di Pietro, il consiglio comunale all’unanimità deliberò di ricordare lui ‘and friends’ in una qualche maniera duratura. E qualcuno propose, un vicolo, un angolo, un giardino (da curare perfettamente tuttavia, perché Pietro non amava le erbacce che ‘il comune non ripulisce mai’) da intitolare a chi tramanda con il proprio lavoro la memoria, la gente e il territorio.
A Macerata all’inizio del ‘verbo fotografico’… fu la botteguccia ‘Fotocelere’ in piazza Mazzini, caratterizzata dalla minuscola porta-vetrina tempestata da una serie di foto-ricordo che a causa degli anni trascorsi non invano, avevano preso un floreale color seppia. Ricorda lo storico Libero Paci: “Il sor Mario trascinava i fotografandi nel retrostante Vicolo dello Sferisterio dove accanto all’edificio gratificato dal fascinoso cartello ‘Latrina pubblica’ faceva lampeggiare il magnesio sugli occhi attoniti dei clienti. Il figlio Pietro lasciata la ‘vuttichetta’ con la bella macchina fotografica acquistatagli dal padre dilagò all’aperto ed aumentò la leggenda dei Briscoletta”. Pietro lavorava, disdegnando i classici servizi per cerimonie, lavorava soltanto per i giornali: Il Resto del Carlino prima e per 30 anni fin quasi alla sua morte, Il Messaggero. Aveva deciso di vivere così: in modestia ma da uomo libero. Un cronista vero. Quanti potenti strappati dalle loro solenni liturgie, dal finto buonismo! “Bravissimo pure come autore della foto di sport. Uno dei pochi a cogliere l’attimo del gol senza fallire un colpo, avendo un rullino striminzitissimo a causa dei pochi soldi in tasca” ricorda Romolo Sardellini. Protagonista di ogni campo. Anche del calcio. Con Maradona, ad esempio, aveva avuto un clamoroso diverbio per una “posa” mancata al Comune di Macerata.
Non solo divinità del calcio e no, papi, presidenti della Repubblica, grandi scoop (fu lui a pubblicare in esclusiva la foto del piccolo Isidori la sera della sua scomparsa) fotografò Pietro in oltre mezzo secolo d’attività ma anche e sopratutto intere generazioni di concittadini avendo nel cuore sempre Macerata e il suo borgo, lo storico quartiere delle Casette, amatissimo pur nella sua leggendaria plautina facezia. Ha scritto Luciano Magnalbò: “Pietro il Grande, lo Zar delle Casette, è stato forse fatto morire come era conveniente morisse, vestito da cacciatore per andare a caccia, con il cane tra i piedi, la sigheretta in bocca alla spavalda e la luce dell’alba negli occhi”. Otto anni fa l’editore Pierino Bellesi gli dedicò un volumetto, ora introvabile “Pietro! Briscoletta & friends nella Macerata del dopoguerra”. Al quale collaborarono in molti. Tutti i suoi amici. Tra questi il poeta Mario Monachesi che gli ha dedicato questa volta un bellissimo collage -genere che ebbe in Briscoletta uno dei suoi ‘patres’ maceratesi- che pubblichiamo.
Per Pietro l’amicizia veniva per importanza prima dell’amore. E credeva all’assoluta fedeltà di questo sentimento. Ricambiato. Così accadde che l’amico di una vita, Cesarino Bellucci (detto ‘Il Toscano’ per discendenza paterna) mitica figura tra gli anni anni 50-60 a Macerata, gli avesse promesso, morendo prematuramente, che ‘si sarebbero rivisti’. Accadde così che un paio di settimane prima di essere travolto ed ucciso, Pietro a chi scrive raccontò di uno strano sogno fatto la notte prima: “Cesarino (che non aveva mai sognato nei 20 anni intercorsi dalla sua morte ndr) mi è venuto incontro facendomi un cenno: ora sarebbe toccato a me”. Con un po’ di timore per la ‘profezia’, Pietro aveva colto negli occhi dell’amico un lampo a lui ben noto: ironico ed affettuoso insieme. Comprese allora che il suo tempo era finito e che “tutti noi abbiamo un destino”.
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bell’articolo!
Bravo Maurizio.Hai tratteggiato perfettamente la figura di Briscoletta. Sei riuscito a risvegliare in me tanti ricordi. Di quando Pietro frequentava la redazone del “Carlino”(non rammento se in Via Don Minzoni o in Piazza della Libertà) in quei tempi remoti diretta da mio padre. Io, ai primi approcci con il giornalismo-probabilmente portavo ancora i pantaloni alla zuava-,ero affascnato dai suoi racconti e dalle sue mitiche barzellette. Allo stesso modo con cui tu mi hai affascinato con il tuo articolo.Grazie.Ciao
Bell’articolo, ha suscitato in me tanti ricordi di bambina…ricordo le poche volte che ho incontrato Briscoletta, anche se ero una ragazzina, una persona che suscitava subito simpatia e che è rimasta indelebile nella mia memoria.
In casa di nonno Peppone (Giuseppe Pierluigi, portiere della maceratese nel 1940-41, ndr) giravano parecchie foto scattate da lui ed erano tutte bellissime, sapeva cogliere l’attimo…non dimenticherò mai quando arrivò la lettera di Pietro con l’ultimo ritratto rubato a mio nonno: un vero capolavoro, così espressivo che non si riesce a smettere di guardarlo!
Io ero troppo giovane per sapere che la fotografia sarebbe stata la mia passione e troppo piccola per approfondire la conoscenza di Pietro, un vero peccato…spero che Macerata riesca a ricordare degnamente i suoi celebri fotografi, visiterei volentieri una mostra con gli scatti di Briscoletta & friends.
Briscoletta era un fotografo “con il manico”
Mica come adesso, che le macchine elettroniche supertecnologiche fanno tutto (e di più) ed anche il più imbranato rischia di scattare (per sbaglio) fotografie belle
No, Briscoletta sapeva cogliere l’attimo.
Senza che un sensore eletronico riducesse la sovraesposizione di luce, eliminasse gli occhi rossi, scattasse in mezzo secondo 10 foto e scegliesse l’inquadratura migliore…
Son già passati 15 anni?
Sembra ieri che lo incontravi alle Poste Centrali (il cane lasciato legato fuori), sempre pronto ad un saluto, ad una battura, ad un commento.
Credo che, ovunque sia adesso, se la rida sottoi baffi…
Un capostipite!
Le avventure di Briscoletta con il suo amico “toscano” potrebbero essere oggetto di un libro esilarante. Credo che chi ha conosciuto Briscoletta come me, conoscerà diversi episodi che la coppia era solita raccontare.
Per me qualla notte è una data importante e difficilmente dimenticabile perchè poche ore prima che Briscoletta avesse l’incidente a Sforzacosta mio padre lasciava la vita terrena presso la Clinica Marchetti.
Andavo a farmi le foto tessera nella sua bottega negli anni 50…
Una sera, nel cinema con lo schermo a 360° realizzato nel complesso di Italia 61 a Torino, stavo guardando le evoluzioni dei G91 fiat, quando sentii una signorina esclamare: che bel cappello che hai! e la risposta: si vidissi la cappella… riconobbi la voce di Briscoletta e lo vidi li, in piedi, scanzonato con il suo solito cappello…
Pochi giorni prima del 31 ottobre, quando 15 anni fa a Villa Potenza travolto da un’auto moriva il compagno di una vita di cui lui conservava un affettuosissimo e sempre presente ricordo, anche Carlo Perugini ha lasciato questa terra. Erano, come canta Gino Paoli, ‘quattro amici al bar’ (da Sesto, per l’esattezza davanti allo Sferisterio): lui, ‘Carlo Matto’, Briscoletta, Cesarino e di volta in volta qualche altro mitico ‘friend’ di quei mitici anni 50/60, tra i quali voglio annoverare qui ‘Cisirino’. ‘Carlo Matto’, già…laddove la follia era unicamente rappresentata dall’esplosività ed imprevedibilità di una forza leggendaria di cui lui era stato da madre Natura, dotato. “Quando c’era Carlo Matto -mi raccontava Pietro- andavamo sicuri. Avremmo sopportato l’urto, l’assalto di una decina di persone…lui li stendeva tutti”. I teatri di queste mitologiche risse erano bar ed osterie di tutta la provincia dove ‘gli amici maceratesi’ erano accolti peraltro con rispetto e… timore. Bastavano tuttavia le ‘candide’ provocazioni de ‘Lu Toscanu’ per offuscare l’aria. Cesarino si impaurì una volta sola: quando non sapendo con chi aveva a che fare, aveva affrontato con la sua ironia dissacrante un giovane che era un campione di boxe, pesi massimi. E al suo fianco non c’era Carlo Perugini. ‘Una volta -mi ricordava ancora con ammirazione, Pietro- Carlo con un pugno ben assestato frantumò la mascella ad un cavallo!”. Naturalmente il signor Perugini era anche e sopratutto un padre e marito ed un lavoratore ammirato per l’ assennatezza e il culto della famiglia . Una volta chiesi tuttavia a Mauro Perugini, mio carissimo amico e figlio di Carlo se davvero suo padre era così forte, un bracciodiferro invincibile senza bisogno di ingurgitare spinaci di volta in volta…”Era? Lo è, lo è pure adesso. L’altro giorno, non apprezzando particolarmente una mia risposta mi ha fatto volare in aria…”. E Mauro mimando il volo, mi fece un eloquente gesto con le mani..
Carlo, Cesarino, Pietro, mi raccomando ora in Paradiso….