Ho letto con attenzione e curiosità quanto scritto da Mauro Giustozzi (leggi l’articolo) circa la sua personale proposta di trovare una terza via nella concessione della cittadinanza agli immigrati, ma su questa soluzione vorrei tornare dopo avere provato a fare un minimo di chiarezza sulla proposta di legge che il Partito Democratico ha presentato onde evitare di sentire, come oramai siamo abituati da qualche anno, ricostruzioni fantasiose prive di fondamento, al solo scopo di creare caos nella popolazione, e acuire l’odio verso lo straniero. Il pronunciamento del ministro Kyenge a favore dello ius soli ha scatenato innumerevoli polemiche dettate, in molti casi, da una parziale comprensione della questione in gioco. A inizio legislatura, il 21 marzo 2013, viene depositata alla Camera una proposta di legge in tema di cittadinanza firmata dalla neo-eletta e futuro ministro insieme a Bersani, Chaouki e Speranza, del Pd. Negli stessi giorni diverse altre proposte vengono depositate. Le successive vicende politiche hanno poi visto la nascita del governo Letta, senza che tra le forze politiche coinvolte potesse essere discussa la questione e senza quindi alcun accordo di programma al proposito. Non sorprende quindi che saggiamente le dichiarazioni del ministro, pur ovviamente in favore del principio generale, non abbiano fatto specifico riferimento a una proposta di legge da lei presentata non in qualità di membro del governo Letta ma di parlamentare del Pd. Nonostante le proposte in campo siano numerose, conviene concentrarsi su quella sopra citata e su quella presentata da Scelta Civica. I due testi hanno molti punti in comune, non solo tra di loro ma anche con i numerosi progetti che li hanno preceduti in passato. Secondo lo ius soli il criterio per l’acquisizione della cittadinanza alla nascita è il luogo di nascita (chi nasce sul territorio nazionale di un certo paese è cittadino), mentre secondo lo ius sanguinis il criterio è la pura appartenenza genealogica (chi discende da cittadini di un certo paese è cittadino). Le fondamentali innovazioni proposte dai due progetti sono le seguenti: 1. Doppio ius soli: questo sistema, già vigente da tempo in Francia, permetterebbe l’acquisizione della cittadinanza ai figli nati in Italia da uno straniero a sua volta nato in Italia, ma solo qualora lo straniero sia legalmente residente da almeno un anno. Dato che l’Italia è un paese di immigrazione intensa ma recente, nell’immediato sarebbero pochi i bambini che potrebbero essere interessati da questa norma. 2. Ius soli per i figli nati in Italia da stranieri legalmente residenti da almeno cinque anni: questo sistema è stato per esempio introdotto in Germania fin dal 2001 ma con il vincolo più stringente di otto anni di residenza legale. E’ il canale che permetterebbe l’acquisizione della cittadinanza al numero considerevole di bambini che potrebbero nascere da stranieri nel prossimo futuro. 3. Ulteriori corsie di ingresso sono previste per chi, nato in Italia o immigrato in Italia da bambino, abbia frequentato un certo numero di anni di scuola in Italia. E’ prevedibile che anche queste corsie potrebbero interessare un numero rilevante di figli dello stock di recenti immigrati. Si tratta quindi certamente non di un’applicazione dello ius soli puro e incondizionato, tale da consentire l’acquisizione della cittadinanza per caso, o peggio da incoraggiare un “turismo” organizzato a questo fine. E in nessun modo le nuove regole inciderebbero sullo ius sanguinis, ovvero sul diritto di cittadinanza dei figli degli immigrati italiani nati all’estero, che resta immutato (così come era stato sancito ai tempi in cui il fenomeno aveva dimensioni di massa). Per dare anche un analisi completa del quadro europea c’è da dire che già nel 2001, in Europa per la maggioranza dei paesi l’acquisizione della cittadinanza alla nascita risulta regolata da regimi misti: dei 34 paesi rappresentati, solo uno (l’Irlanda) applica ancora lo ius soli incondizionato (abbandonato da tempo dal Regno Unito), mentre 14 applicano lo ius sanguinis e 19 hanno regimi misti. Nella maggioranza dei casi, si tratta però di regimi misti con elementi di ius soli molto tenui (come nel caso della legge italiana del 1992). Dal 2001 vengono introdotte in Europa tre riforme di rilievo. Da un lato l’Irlanda, con un referendum del 2004, abbandona lo ius soli incondizionato, proprio a causa del crescente manifestarsi di un “turismo” della cittadinanza (aggravato dal fatto che il paese era ormai il solo caso di ius soli rimasto all’interno dell’Unione Europea). Dal lato opposto, Portogallo (nel 2006) e Grecia (nel 2010) ampliano marcatamente gli elementi di ius soli introducendo una combinazione di doppio ius soli e di ius soli per i residenti, molto simile alla combinazione prevista dalle due proposte di legge sopra descritte. Riassumendo, attualmente sono pochi i paesi europei che contemplano questa combinazione: solo il Belgio aveva infatti preceduto Portogallo e Grecia in questo orientamento. Negli altri regimi misti viene applicato uno solo dei due principi: il doppio ius soli è adottato in Francia, Lussemburgo, Olanda e Spagna, mentre lo ius soli per residenti è previsto oltre che in Germania anche in Irlanda e Regno Unito. Per i restanti paesi europei, prevale ancora lo ius sanguinis. Se le innovazioni proposte venissero approvate, l’Italia si troverebbe quindi con una legislazione tra le più avanzate. Di per sé questo non dovrebbe però fare necessariamente pensare a un’accelerazione eccessiva, in quanto una caratteristica della legislazione in materia di cittadinanza è la sua relativa inerzia, che comporta riforme rare e di conseguenza spesso non incrementali. Inoltre, in Italia il doppio ius soli avrebbe un impatto molto limitato per almeno altri venti anni. Infine per rispondere alla terza via, proposta da Giustozzi, mi piacerebbe sapere se il “test di ammissione” è previsto anche per chi nasce in Italia da genitori italiani, oppure per i nostri connazionali “naturali” chiudiamo un occhio e accettiamo con serenità che forse i primi a non condividere cultura, costituzione, usi e costumi siamo proprio noi.
Maurizio Saiu, membro del Direttivo del Partito Democratico di Macerata
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…in tutta europa il multiculti e’ fallito e tutti i paesi stanno riconsiderando le loro decisioni in merito …..in Francia e’ un disastro…
Queste sarebbero le priorità del Pd in materia sociale?
Qualcuno potrebe spiegarmi perchè, come scritto nell’articolo, se passasse la proposta saremmo un Paese con legislazione più avanzata?
Che significa???
Perchè nell’articolo la tesi portata avanti sembrerebbe essere più avanzata = migliore
mentre altri potrebbero leggere più avanzata = più recente (più recente rispetto ad atri Paesi Europei, ma “più recente” non significa automaticamente “migliore”, anzi spesso in Italia è il contrario)
….il test di “ammissione” dovrebbe farlo il P D al proprio interno cosi eviterebbe quei 101 voti che hanno umiliato e fatto inc****re i vostri elettori ….
I soliti parolai (oltretutto in politichese) per confondere le persone e portare avanti i propri interessi (voti=poltrone).
Nella maggior parte del mondo vige lo ius sanguinis (basta vedere su wiki).
Questo qui inoltre ci dice pure che il pd, con questa proposta di legge, ci fa anche il “favore” di mantenerci la cittadinanza, anche per i nostri figli… che sfacciati!
Pecccato non stare al nord dove la lega sta raccogliendo firme contro questa sciagura: bravi, venite anche quaggiù.
Vista nella sua reale complessità, la questione dei modi di acquisizione della cittadinanza appare ancor più prioritaria e diventa ancor più appassionante che nelle semplificazioni (divisive o antidivisive che esse siano) venute in auge ultimamente.
Finalmente (grazie al governo di larghe intese) si stanno imboccando tutte le strade giuste: io me la vedo già l’Italia che rinasce grazie (anche) ad un ben dosato mix di ius soli e di ius sanguinis, sapientemente preparato dagli esperti; ovviamente trascinando, nella scia d’un luminoso esempio, l’Europa tutta e l’intero creato, che infine canterà – unito e pacificato – le lodi del PD, il nostro glorioso Partito Dirottato (su Arcore).
http://www.italianiliberi.it/Edito13/il-punto-della-situazione.html
Chiacchiere politiche a parte, io non mi sento rappresentato dal ministro Kyenge, messo lì dalla demagogia di un Partito cosiddetto progressista che, proprio per le demenziali posizioni di multiculturalismo, mondialismo, globalità hanno portato alla proposta di legge in tema di cittadinanza, firmata dalla stessa Kyenge (purassà-parola del dialetto maceratese), da un certo Chaouki, dal ben noto Bersani (un fallito politico!) e da Speranza.
Cosa abbia da spartire culturalmente e, quindi, socialmente e politicamente questa Kyenge con la nostra Italia non lo so. Non parlo del colore della pelle (sono per la mescolanza delle razze, poiché il meticciato diventa una razza più forte fisicamente), nè dei diritti umani: parlo della Cultura e della Storia. Come noi non dovremmo andare nel Terzo Mondo a portare la nostra Civiltà consumistica e sfruttatrice, e le nostre armi di sterminio, cosa che è avvenuta ed avviene con tremendi danni per le popolazioni povere, così nessuno del Terzo Mondo dovrebbe venire in Italia a dirci cosa dovremmo fare. In particolare, il Congo, dilaniato dall’anno 1960, anno dell’indipendenza, dallo scontro tra l’Occidente, le multimazionali e la Cina maoista e l’Est europeo per la conquista politica del Congo, ed oggi dalle guerre tribali, cosa dovrebbe – tramite la dottoressa Kyenge – insegnarci?
Noi, che ci stiamo oggi spaccando tra nord, centro e sud, tra Berlusconi (il fallito) e l’insieme della Casta politica (tutta fallita), dopo esserci spaccati tra capitalismo e maxismo, tra DC e PCI, per decenni, possiamo prendere esempio da una cittadina proveniente da uno Stato – il Congo – valido solo sulla carta geografia, ma nella realtà diviso in 300 tribù, ognuna con la sua lingua, religione animista, magia, cultura e tradizioni? Può il Congo e l’intera Africa nera vantare poeti, artisti, uomini di pensiero, scienziati del livello di Dante, Michelangelo, Voltaire, Marconi, da porre sul piatto della bilancia per pareggiare il conto con la nostra civiltà? Certo, pure l’Africa può vantare un poeta come Senghor o artisti scultori del Rinascimento nigeriano… Ma sono una pallida idea di ciò che noi siamo stati (parlo di civiltà della nostra razza). Sotto il profilo della Cultura sono un razzista!
Veramente l’Africa ha influenzato l’arte musicale del Rock e pittorica di Picasso con il suoi tam-tam e le sculture primitive nere. Non possiamo dire che queste influenze ci abbiano elevato dopo i Mozart e i Raffaello. Ci hanno, invece, reso più istintivi e primitivi.
Il “bovero negro”, che tanto ci ha commosso con la “Capanna dello zio Tom”, era razziato da Neri di altre tribù per conto dei negrieri bianchi, alla faccia della Negritudine. Le bombe che mettevano i terroristi dell’ANC, il partito del Premio Nobel per la Pace Nelson Mandela, tanto esaltato dai comunisti nostrani, straziavano nei bar e nelle chiese pure i neri che dicevano di voler liberare dai razzisti sudafricani in nome del maxismo. Per fortuna non sono più marxisti ed hanno accettato la “democrazia” dei bianchi sudafricani…
Si sta uscendo dal tribalismo? Se guardiano ai 40 seminaristi ruandesi fattisi massacrare dai ribelli per non rivelare chi tra loro erano della tribù contro la quale stavano combattendo i ribelli stessi, possiamo dire che si sta avanzando sulla via della civiltà cristiana “occidentale”. Per il resto, armi sofisticate a parte, il razzismo nero verso le altre tribù e verso i bianchi sta continuando imperterrito.
Per concludere, se la Kyenge vuole fare qualcosa di utile per l’Africa, ritorni in Congo e lasci gli Italiani liberi di dirigersi da soli, nel bene e nel male. Per intanti, si metta da parte, poché sta danneggiando il PD.