di Alessandra Pierini
Tre suicidi e un tentato suicidio in meno di 24 ore nella provincia di Macerata sono decisamente troppi per poter credere che si tratti di una casualità. E’ vero che i motivi che hanno portato ieri una giovane mamma a gettarsi nel vuoto nella tromba delle scale a Corridonia, e una docente universitaria (insegnava etruscologia all’Università di Macerata) a volare dal quarto piano dell’ospedale di Terni, ed oggi a Tolentino un ventottenne a lanciarsi dalla finestra della sua abitazione e un cinquantenne a impiccarsi in un capannone sono, almeno in apparenza molto diversi, ma rappresentano tre episodi sintomatici della diffusione di un male di vivere profondo che porta a preferire la morte alle difficoltà che la vita riserva. Questi casi, a distanza tanto ravvicinata, giungono al termine di una lunga serie di interruzioni volontarie della propria esistenza che ha interessato la nostra provincia nell’ultimo mese. Il suicidio è un gesto estremo, il più delle volte vissuto e maturato nella massima solitudine. C’è di solito dietro a questa scelta un fattore strettamente personale ma che le cause scatenanti esplodano con forza, per soggetti diversi per età, estrazione sociale e ruolo, nello stesse ore è quantomeno preoccupante e non può che spingere ad un doveroso interrogativo: possiamo evitare altre morti? E’ la società responsabile di questi decessi?
E’ vero che in provincia di Macerata il fenomeno dei suicidi legati a cause economiche non è stato finora così accentuato come altrove, è anche vero che tutta Italia sta dibattendo su due questioni: la prima è se effettivamente il numero dei suicidi è aumentato in questi mesi visto che alcuni soggetti autorevoli, quale l”Istat, sottolineano un calo rispetto al 201o denunciando così tramite dati effettivi la disattenzione nei confronti di un problema reale e frequente, la seconda è se la difficile fase sociale che stiamo attraversando, lo stato di angoscia e precarietà e la generale sensazione di insicurezza, non solo economica, possano influenzare soggetti già sofferenti indicando il suicidio come unica strada possibile. Esperti e psicoterapeuti tendono a negare che la crisi possa essere la causa prima ma non escludono che possa essere per soggetti a rischio “la goccia che fa traboccare il vaso”. In questo momento però quello che conta è capire come intervenire. Attribuire delle responsabilità è impossibile quanto inutile. Quello che è fondamentale è non rassegnarsi, non accettare altri morti, senza avere almeno tentato di proporre un’alternativa.
Altra questione che non può essere trascurata è come e perchè le notizie di chi si toglie la vita calamitino, molto più che in passato, l’attenzione dei lettori fino a diventare le più lette in assoluto, nonostante il pudore con cui la nostra testata tratta queste tragiche notizie. «I numeri – ha sottolineato Mario Calabresi sulle pagine de La Stampa – ci dicono quanto la nostra percezione dei fatti possa cambiare influenzata dalle nostre ansie e dall’enfasi con cui le notizie vengono date sui mezzi di informazione(…) Ma soprattutto tutti noi siamo più attenti e ricettivi perché la crisi tocca tutti, almeno a livello di ansie e insicurezze, oggi è il malessere diffuso a fare da amplificatore. Non si può però nascondere il rischio insito in questa mediatizzazione, il pericolo di stimolare un effetto emulazione». Proprio sull’effetto emulazione si sta facendo leva per spiegare la diffusione del fenomeno ma, tornando all’ambito locale, non si può parlare di emulazione, per casi avvenuti nel giro di 24 ore.
Se tanti sono gli interrogativi, è invece molto complicato dare delle soluzioni e rispondere ad un chiaro allarme sociale. L’unico messaggio che senza dubbio deve trionfare è che la morte non è una soluzione, non è una strada da percorrere, non è un’alternativa da valutare.
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Intervenire? Questi sono i primi frutti di un progetto ben studiato i deboli ne pagano le conseguenze. Non c’è soluzione perché non vogliono che ci sia. Hanno messo il paese in ginocchio e sperano che si rialzi ma come? Questo e il momento id riflettere sul nostro modo di vivere e riprendere i valori il buon senso e l’amore per chi ci sta vicino. C’è lo hanno fatto perdere con le cose stupide che ci propongono tv ci ossessionano con i tg ci inculcano il terrore come nei cinema e stili di vita solo apparenze.. oggi se non possiamo avere più lo stile di vita di prima o quello immaginato ci sentiamo falliti siamo considerati barboni o disadattati invece e importante ridimensionarci. Perché non è cosi noi siamo essere umani importanti al di la di cosa siamo o a che classe sociale apparteniamo.. se viene un terremoto non guarda in faccia a nessuno o altra calamità. Tutto quello creato fino ad adesso e sbagliato forse non buttarlo ma avere il coraggio di cambiarlo.. loro si sono uccisi! Pensate ai figli con quello che si intravede cosa succederà? Vedere oltre non serve più accertarci di quello che sta succedendo ma vedere oltre la tempesta.
Quanta solitudine e disperazione dietro ad un gesto così estremo! Sicuramente la causa scatenante è la depressione maggiore:questo è un male sottile che si insinua tra le pieghe della vita delle persone più fragili e più sensibili e diventa un tarlo che giorno dopo giorno le distacca dalla vita e dagli affetti.Ma ritengo che non siano solo i disturbi psicofisici l’unica o la sola causa di queste tragedie.Nella società della comunicazione in tempo reale,non riusciamo più a parlare veramente con chi ci circonda,non riusciamo più ad essere in contatto neppure con noi stessi, con le nostre emozioni.E’ così che ci stacchiamo piano piano dalla vita,perchè diventiamo estranei a noi stessi. Sono un’insegnante e colgo tante volte, anche negli adolescenti, questa impalpabile tristezza, questo distacco ed è la cosa che più mi preoccupa.Mi accorgo della gravità della cosa quando la reazione ad un complimento o ad un rimprovero è di totale menefreghismo.Quello è un campanello d’allarme immediato:il rifiuto di rispondere ad una stimolazione dall’esterno è un sintomo di disagio.E’ necessario subito cercare di entrare in contatto con quel ragazzo o ragazza.I modi sono i più disparati:è necessario fargli capire che gli siamo vicini,che vogliamo sostenerli,che non bisogna nascondere le proprie fragilità ed i propri problemi, che ognuno di noi ha problemi,ma che bisogna affrontarli e possiamo farlo insieme in un percorso di mutuo soccorso , di aiuto reciproco.E’ tornato a trovarmi un mio studente di tanti anni fa e mi ha detto:” Di questa scuola,La cosa che più mi è rimasta nel cuore di questa scuola è quel giorno che mi sono trovato con il sedere per terra e lei è stata l’unica che mi ha teso una mano!Non solo è diventato il mio ricordo più caro ma tutte le volte che nella mia vita mi sono trovato vicino ad una persona in difficoltà ,non ci ho pensato neppure un momento e anch’io gli ho dato una mano”.Rompiamo il muro di indifferenza e di solitudine in cui ci stiamo chiudendo, presi a correre per risolvere i problemi quotidiani e ricordiamoci della nostra umanità ,indignamoci del nostro egoismo ,del cinismo e della superficialità con cui banalizziamo il dolore degli altri e siamo presi e preoccupati solo dei nostri problemi.
Eliana Leoni Marcelletti
L’effetto emulazione esiste ma più influente è una certa mentalità diffusa che tende a mettere in secondo piano la responsabilità personale, e dunque la libertà, rispetto al contesto, alla crisi, al disagio sociale eccetera. Il suicidio ha una sua tragica nobiltà e un suo fascino perverso, l’importante è come lo si considera sul piano culturale e morale, al di là della comprensione e del rispetto per le persone. La questione è complessa. Se assistiamo a un tentativo di suicidio l’istinto e il dovere sociale ci spingono a impedirlo e se poi ci riusciamo diventiamo subito eroi; però se ci chiedono se ogni persona abbia il diritto di togliersi la vita rispondiamo di sì o almeno restiamo dubbiosi. Ci vuole una ragione grande e presente per respingere l’idea del suicidio ed accettare le sfide e le difficoltà della vita.
E’ uno di quegli argomenti di cui si ha timore di parlare, chiamiamolo tabù o più terra terra, scaramanzia, sono avvenimenti che sconvolgono la vita di chi resta e in precedenza quella di chi ha preso questa decisione tragica. Si ha la sensazione che nei discorsi si possa celare la parola sbagliata che faccia scattare la molla di un meccanismo irreversibile. Questa sensazione di sconfitta, di inadeguatezza, di inutilità ha un nome e cognome si chiama “sindrome depressiva”, per me è paragonabile al cancro, con la differenza che per quello tutta la società ti si stringe intorno e tifa per te e trova soluzioni anche nella sanità con i suoi protocolli e inoltre innesca l’istinto di sopravvivenza che ti da la forza che mai avresti creduto di avere , mentre questo male dello spirito, ingenera la sensazione che si debba combattere il mondo esterno da soli, invece il mostro è dentro di te e ti divora pian piano la razionalità, la fantasia, l’autostima, la voglia di piangere o di ridere. Ho visto con i miei occhi cosa può proiettare nella mente questa malattia, il grido di aiuto viene imbavagliato, chi ti ama non è in grado di penetrare le barriere. Purtroppo ho visto anche cosa succede a chi deve poi convivere con il peso di questa scelta definitiva, figli, madri, padri, mogli, avranno per tutta la vita il coltello del tradimento conficcato nel cuore. La vita è un dono prezioso che prescinde dal livello economico in cui si svolge, altrimenti i bambini del tezo mondo dovrebbero uccidersi appena si rendono conto di cosa li aspetta invece hanno dei sorrisi che ti spiazzano, non facciamoci intortare dalla superficialità dei numeri, si possono affrontare anche momenti difficili, basta guardarsi intorno, c’è sempre un gancio in mezzo al cielo e se non c’è, mal comune mezzo gaudio, non si è indegni perchè si hanno debiti o perchè si è perso l’amore o il sogno, il motto deve essere “chi mi ama mi segua”, la dignita è accettarsi e chiedere aiuto alle persone giuste senza vergogna per curare questo cancro dell’anima. “Quando sei nato non puoi più nasconderti” e quindi non arrendiamoci, chissà il domani quante belle sorprese ci riserva.
Insisto e cambio registro, bisogna lottare per il cambiamento, la fine non deve essere la nostra ma di questo sistema che ci strangola, la società deve servire i singoli e non il contrario. Non è possibile che il nostro paese sia il più incivile d’europa, negli altri paesi come la Germania, se una persona cade nell’idigenza viene sostenuta dalla culla alla tomba, da noi invece milioni di persone devono sostenere una piccola cerchia di malviventi, siamo ancora al feudalesimo sarà ora di ribellarci o vogliamo accettare supinamente e contare i morti?
E’ tristissimo ricevere da TV e giornali notizie del genere e se poi si pensa,solo per un attimo,a tutte le altre situazioni che non si conoscono..!!.E’ altrettanto vero che quando tutto procede per il giusto verso siamo tutti amici,ma non appena la nostra vita prende ” una piega” diversa,misteriosamente scompaiono tutti e ci si ritrova tremendamente e terribilmente soli!!! Di ciò diamo la colpa alla frenesia della vita moderna scandita da mille impegni improrogabili, poi quando si hanno certe notizie ci si trova a commentare.Non c’è nulla da dire! Dobbiamo fare solo un esame di coscienza e chiederci cosa avremmo potuto fare per aiutare chi con dignità e magari in silenzio ci ha fatto capire di aver bisogno di aiuto.Non serve a niente ed a nessuno tutto il chiacchiericcio fatto a posteriori, è prima che si deve agire tendendo una mano o,perchè no,tutte e due,a chi ne ha bisogno. Personalmente mi dà fastidio sentir dire: ” Povero/a!!! Chissà quanto ha sofferto per arrivare ad un gesto simile e chissà cosa stava attraversando!” Certo,tutto vero,ma noi dove eravamo e perchè solo a” fatto” compiuto ci facciamo mille domande? Si,la depressione! E’ vero,una gran brutta cosa,ma spesso ci fa comodo diagnosticarla per sollevarci da responsabilità che non ci competono.Anche questa terribile malattia dell’anima darà all’inizio dei segnali ed allora perchè si finge di non vederli? Ritengo che a volte basti un sorriso,una semplice parola ,un piccolo gesto per far capire che non si è soli,che qualcuno ti è vicino e che quel qualcuno no ti abbandonerà. Ma certo,la vita va così! E no,non ci stò! La vita va come noi vogliamo che vada,la strada la tracciamo noi e troppo spesso ai percorsi difficili preferiamo scorciatoie più comode e pianeggianti,ma a volte è vero che basterebbe un paio di scarpe comode ed anche le salite le più ripide ci porterebbero in alto,molto in alto.Non riusciremmo di sicuro a salvare il mondo,non ho neanche la presunzione di pensarlo,ma di certo sono sicura che tendere una mano a chi,magari solo con gli occhi,ce la chiede renderà migliori tutti noi e di conseguenza il mondo forse sarà migliore.Aiutare non giova solo chi ne ha bisogno,ma in primis regala a noi stessi la gioia di averlo fatto.