Porte sbarrate per i giovani
Il grido d’aiuto di una maceratese

Una lettera racconta il dramma della disoccupazione
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La crisi ha acuito il fenomeno della disoccupazione giovanile. Per tanti giovani maceratesi trovare lavoro è diventata una missione impossibile e altri che prima lavoravano ora si ritrovano a casa. In Italia un terzo dei giovani è disoccupato. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a maggio è salito al 29,2% con un aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,7 punti percentuali rispetto a maggio 2009.
Un argomento che merita una riflessione.  E lo facciamo attraverso una lettera che ci ha inviato ieri una nostra lettrice, di Macerata. La pubblichiamo integralmente:

“Spettabile redazione di Cronache Maceratesi

Ho titubato tanto nel decidere se mandarvi questa mail o meno, il fatto che l’ennesimo incubo abbia disturbato i miei sonni mi ha convinta. Chiedo, però, di poter rimanere nell’anonimato, qualora vogliate pubblicare la mia lettera, e ne avrei molto piacere.

Purtroppo anche io faccio parte della categoria “bamboccioni”, cioè quelli che sono costretti a restare a casa con mamma e papà per mancanza di fondi necessari per poter andare a vivere da sola. Fino a qualche mese fa avevo un lavoro che io adoravo che non mi permetteva si, di condurre una vita “nababbesca”, ma che mi permetteva di poter stare tranquilla.
Ero (e sono) letteralmente innamorata della mia professione. Ho intrapreso questo cammino 7 anni fa, quasi per scommessa, e poi tutto è andato avanti così, senza nemmeno che me ne accorgessi. Ogni giorno che passava questo amore è cresciuto sempre di più, in maniera smisurata, a tal punto di arrivare ad annientarmi e ad investire anche economicamente in esso. Sono stati sette anni bellissimi, pieni di sacrifici, soddisfazioni, insegnamenti… sono stati sette anni VIVI.
Un brutto, bruttissimo giorno, tutto cambiò improvvisamente. La prepotenza, l’egoismo, la cattiveria e l’arroganza presero il sopravvento fino al punto in cui mi trovai sulla mia scrivania, tra le mille cose che avevo da fare, una lettera di licenziamento. “Riduciamo il personale per un riassetto dell’azienda”, mi dissero. Io non ci ho creduto nemmeno per un attimo.

In seguito ho investito gli ultimi soldi che avevo per poter girare con la macchina per distribuire i miei curriculum vitae a tutte le aziende, sia quelle attinenti al mio settore che non. Ho ricevuto molteplici porte in faccia, e alcune, ve l’assicuro, mi hanno fatto davvero male. Mi sono sentita dire di tutto: che c’è la crisi, che preferiscono tirare la cinghia piuttosto che assumere, che sono troppo vecchia per chiedere lavoro. Ho ricevuto anche moltissime telefonate per complimentarsi della mia professionalità ed esperienza, ma quando si trattava di “quagliare” sparivano tutti.

Ho provato anche a chiedere l’indennità di disoccupazione, ma l’INPS mi ha risposto picche, perché non avevo maturato le settimane necessarie di contributi versati da lavoro dipendente, sebbene non mi sia fermata mai. Come è possibile? Presto detto: per un anno e mezzo i miei contributi sono stati versati con gestione separata, visto che l’investimento che avevo fatto mi aveva permesso di diventare parte dello staff dirigenziale dell’azienda.

Di tutto questo il mio corpo e la mia mente ne hanno fortemente risentito. Prima del mio licenziamento conducevo una vita molto attiva e dinamica, non mi fermavo mai, avevo energie da vendere. Ora, di colpo, tutto si è fermato, le mie giornate scorrono piatte e tediose, tanto che, come passatempo, ho rispolverato i miei vecchi album da disegno e i miei colori. E’ sempre un hobby, si, ma non ti da da mangiare. Sono scivolata nel burrone della depressione, accentuando all’ennesima potenza i miei stati d’ansia. E’ una cosa che non mi fa vivere più. Sono costretta a chiedere ai miei genitori anche i soldi per la benzina per andare a cercare lavoro. Alla soglia dei 30 anni è una cosa che mi fa vergognare come un ladro. Ho incubi tutte le notti, dei peggiori, quelli che ti fanno svegliare sudato e senza fiato, e molto spesso sogno chi mi ha tolto il lavoro. Ormai è un’ossessione per me.

Sapete qual è la cosa più brutta di tutto questo? E’ che mi sento letteralmente abbandonata dalle istituzioni, e sono convinta che la stragrande maggioranza delle persone che vivono la mia stessa condizione si sente così. Non riesco più nemmeno a guardare un telegiornale senza arrabbiarmi, perché si parla continuamente di una casa a Montecarlo, delle liti nel governo, delle opposizioni che insultano ma non si parla mai dei veri problemi, e non si tenta nemmeno di risolverli. Non solo: ci sono persone plurititolate che stanno a spasso o che si umiliano nei call-center, mentre c’è chi viene pluribocciato alla maturità e fa il consigliere regionale con una busta paga davvero profumata. Questa è l’Italia? Il paese che rispetto andando a votare e osservando le sue leggi? E mentre faccio questo vengo calpestata nei miei diritti. Devo aver letto da qualche parte che l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro… Ma forse ho solo preso un abbaglio. Forse per avere un futuro, per me e per il mio fidanzato, dovremo fare come hanno fatto i miei zii… Emigrare. E’ come se il mio Paese mi stia cacciando via.

Quello che sto facendo ora è solo cercare di urlare a tutta la nostra Nazione cosa si prova in queste condizioni.
Capisco che ci siano casi più gravi dei miei, ma secondo me tutti siamo sullo stesso piano. Tutti abbiamo delle problematiche da risolvere: famiglia, figli, mutui e altro. Non posso nemmeno pensare di sposarmi, perché i soldi non ci sono.

Vi chiedo di poter pubblicare questo grido d’aiuto, ve lo chiedo con tutto il cuore. Vogliate, però, rispettare la mia decisione di rimanere nell’ombra, non pubblicando i miei dati personali, per non avere altri problemi, e vi assicuro che in questo momento così delicato e difficile, non ne ho proprio bisogno”.



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